Bisaro Carlo di Angelo e Iogna Maria, nato l'8 marzo 1901 a Spilimbergo (Pordenone). Contadino e minatore, antifascista. Figlio di un contadino proprietario di un piccolo appezzamento di terreno, frequenta le scuole fino alla terza elementare. Emigra per lavoro in Francia nel dicembre 1926, con regolare passaporto. Si stabilisce a Mont Saint Martin (tra Meurthe et Moselle) e dopo un anno si trasferisce a Herserange (Meurthe et Moselle), dove lavora come manovale presso delle Acciaierie. Nei primi anni della sua permanenza in Francia non si occupa di politica, e solo nel 1936 o 1937, si iscrive all’Unione Popolare di Herserange l'organizzazione di massa comunista e socialista ed al sindacato. Viene pertanto schedato dalla polizia italiana come antifascista. Secondo una informativa del 1937, la sua conversione politica deriverebbe dall’unione con la ferrarese Olga Magli, appartenente ad una famiglia di antifascisti. Secondo gli informatori fascisti, sarebbe stata lei ad influenzarlo, tanto che Bisaro “porta giornalmente in officina la colazione dentro un tascapane scarlatto”. In realtà Bisaro risiede a pochi chilometri da Longwy, dove si concentra un elevato numero di lavoratori italiani comunisti che possono averlo influenzato. Nel gennaio 1938 parte per la Spagna con gli ultimi scaglioni di volontari e dopo un passaggio per Figueras viene assegnato alla 2. compagnia del 1. battaglione della brigata Garibaldi. Combatte a Caspe in marzo ed in settembre nella battaglia dell'Ebro. Ala ritiro delle Brigate Internazionali, rientra in Francia ed è internato ad Argelès-su-Mer, Gurs e Vernet. Nel luglio 1941 chiede di essere rimpatriato con altri 288 detenuti italiani. Fra questi ci sono otto albanesi (dal 1939 l’Albania è stata occupata dagli italiani), fra i quali il futuro presidente del consiglio comunista Mehmet Shehu, pure lui combattente della XII Brigata Internazionale” Garibaldi. Bisaro estradato in Italia viene arrestato dalla polizia italiana al confine di Mentone. Deferito alla Commissione Provinciale viene assegnato al confino per quattro anni a Ventotene. Liberato dopo il 25 luglio 1943, rientra a Spilimbergo dove muore il 2 dicembre 1972.