Bet Albino di Carlo e Paulon Caterina, nato il 30 marzo 1905 a Barcis (Pordenone). Bracciante e minatore, comunista. Frequenta le scuole fino alla terza elementare. Già a quindici anni risulta simpatizzante del Partito Socialista di cui è forte la presenza nel paese. Nel primo dopoguerra partecipa alle manifestazioni pubbliche socialiste e risiede nel comune natale fino a quando emigra in Belgio nel 1922, trovando lavoro come minatore. In Belgio effettua numerosi spostamenti di residenza. Il 29 novembre 1922 arriva a Tilleur, nel giugno 1923 si trasferisce ad Ougree, nel dicembre 1924 ad Angleur, nel gennaio 1927 ritorna ad Ougree, nell’aprile 1932 e a Seraing e nel settembre dello stesso anno a Jemeppe; nel dicembre 1933 ritornerà ad Ougree. Pur mantenendosi in un raggio che non oltrepassa i dieci chilometri, si tratta di ben sette cambi di residenza in undici anni. Dal Belgio non fornisce più notizie di sè ai familiari e non e segnalata la sua partecipazione ad attività antifasciste o manifestazioni comuniste, anche se il suo nome e però inserito da una fonte fiduciaria in un elenco di oppositori al regime. In questo periodo potrebbe aver aderito al Partito Comunista. Nel 1932 sposa Marie Daco, cittadina belga e lavora nella miniera di Ougree-Marihaye. Allo scoppio della guerra civile in Spagna, parte come volontario insieme con altri antifascisti (fra i quali il pordenonese Giovanni Battista Brusadin ed il sacilese Giacomo Zaia) nella prima settimana di ottobre del 1936. Si arruola nel battaglione Garibaldi ed è ferito a dicembre alla mano destra a Casa de Campo. Il giornale comunista “Il Grido del Popolo”, edito a Parigi, nel n. 1 del 2 gennaio 1937 nella seconda pagina porta una fotografia di un gruppo di feriti del Battaglione Garibaldi nella quale Bet è riconoscibile. Si tratterebbe del primo di tre ferimenti consecutivi anche se le notizie al riguardo non sono precise. Rientrato in servizio passa alla XV Brigata Internazionale nella compagnia Italiana del battaglione Dimitrov comandato da Carlo Penchienati. Il reparto è duramente impegnato nella battaglia del Jarama (6-27 febbraio 1937), subendo pesanti perdite e troviamo il nome di Bet fra i dispersi. Considerato morto dalla polizia italiana Bet ricompare nell’estate 1937 nel Battaglione Garibaldi dove il 1° maggio 1937 sono confluiti i resti della compagnia italiana del Dimitrov. Forse per inabilità alla mano avrebbe fatto parte del corpo sanitario delle Brigate Internazionali ed è presente alla offensiva dell’Ebro del 1938. Al ritiro delle Brigate Internazionali esce dalla Spagna presumibilmente nel febbraio 1939 e viene internato nei campi francesi da cui riesce a ritornare in Belgio. A partire dal luglio 1939 è segnalato ad Ougreee. Dopo lo scoppio della guerra mondiale e l’occupazione del Belgio è arrestato dai tedeschi nel febbraio 1943 “per attività comunista e terroristica, nonchè per aver partecipato ad atti di sabotaggio a danno della Autorità occupanti.” Nel processo che si svolge ai primi di aprile del 1943 sembra sia stato condannato a morte. La sentenza però non viene eseguita per ragioni non note e Bet sopravvive alla guerra. Nel dopoguerra riprende il suo lavoro di minatore in Belgio, ma si manifesta la silicosi, tipica malattia professionale di minatori, e nel 1956 rientra in ambulanza a Barcis dove muore il 7 ottobre 1956.