Bernini Guido di Giovanni e Marchesini Angela, nato il 25 maggio 1906 a Milano. Autista di piazza, operaio, comunista. Nasce in una famiglia di piccoli commercianti, che ha la possibilità di sostenere gli studi del figlio fino a quando, a seguito della crisi economica mondiale del 1929, l’attività famigliare cessa per fallimento. Guido è costretto a trovasi un lavoro come autista di piazza. Bernini nel frattempo si sposa. Questa nuova situazione famigliare, personale e politica, lo induce a profonde riflessioni, che lo avvicinano alle posizioni del Partito Comunista d’Italia. È attivo nel sindacato clandestino dei tassisti milanesi, fortemente caratterizzato da uno spirito antifascista comprovato dalla presenza nel suo seno di sei futuri combattenti antifranchisti di Spagna, che qui ci piace ricordare oltre a Bernini: l’udinese Anacleto Sartori, il bolognese Andrea Colliva, Francesco Turri, il pavese Mario Michele Storini e Aldo Valdrighi. Quattro di questi concluderanno la loro esistenza in terra di Spagna. Guido è uno dei dirigenti della cellula comunista che opera all’interno della categoria. Il giornale di riferimento dei tassisti milanesi è “La Riscossa”, su cui compaiono articoli scritti da Tullio Tulli e Riccardo Lombardi, due prestigiosi esponenti, all’epoca, di Giustizia e Libertà. Nel 1930 un gruppo di autisti escogita un’azione clamorosa, tendente a provocare una reazione popolare contro il fascismo: mascherano le targhe delle loro auto in modo da renderle difficilmente identificabili e organizzano una veloce corsa nella città e al cambio dei turni degli stabilimenti, con lo scopo di gettare tra la gente e gli operai volantini di denuncia del regime fascista. La manifestazione si attua in due fasi, nel maggio e nel luglio, con lanci di centinaia di manifestini secondo quanto stabilito. Queste azioni destano enorme impressione nella popolazione, evocando lo spirito milanese “quarantottesco- risorgimentale”, che mandano su tutte le furie i fascisti. La polizia politica, che già da tempo ha infiltrato nell’organizzazione i suoi agenti, riesce a individuare una trentina di partecipanti e il 31 luglio del 1930 ne arresta una parte. Sottoposti a interrogatorio, otto di loro vengono deferiti al Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato con sede a Roma. Tra questi, oltre a Guido, c’è Francesco Turri. In data 5 novembre 1930, quell’organo giudiziario, con sentenza n.31, riconosciuti i delitti di appartenenza e propaganda in favore di un partito disciolto, condanna, tra gli altri, Bernini ad anni 5 di reclusione, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, ad anni 3 di vigilanza speciale e al pagamento in solido delle spese processuali. Bernini viene rinchiuso nel carcere duro di Civitavecchia, dove è costretto, per quasi due anni, alla cella d’isolamento ed è sottoposto anche a torture praticate dal tristemente noto agente carcerario Doni. Durante la detenzione entra in contatto con alcuni prestigiosi dirigenti comunisti, che vivono la stessa sua condizione, e partecipa, prima come allievo poi come docente, alla scuola organizzata per istruire e orientare politicamente quei carcerati spesso carenti di regolare istruzione. Il 13 novembre del 1932, a seguito dell’amnistia promulgata per il decennale del regime, Bernini viene liberato. Rientrato a Milano, poiché i dirigenti del partito ritengono che la sua situazione personale sia precaria e compromessa, consigliano il suo pronto espatrio. Nell’estate del 1933 Guido riesce a espatriare clandestinamente in Francia, in compagnia del mantovano Carlo Reggiani, anche lui futuro combattente antifranchista in Spagna. Raggiunta Parigi, vi rimane fino a quando, su decisione del PCd’I, è inviato a Mosca a frequentare la Scuola Leninista. Dal momento in cui Guido raggiunge l’URSS fino al 1935, si trovano tracce della sua presenza anche a Leningrado, dove è occupato scuola–lavoro presso la sezione di controllo tecnico dell’officina “Marty”, che produce materiali per l’Armata Rossa. Dopo circa due anni di permanenza in territorio sovietico, nel 1935, è richiamato a Parigi, dove lavora, con il nome di copertura “Betti”, al centro esteri del PCd’I, per conto del quale compie alcune importanti e rischiose missioni in Italia e rende apprezzati servizi in posti di responsabilità e di fiducia. Il 19 marzo del 1938 è in Spagna, Commissario politico della 2. Compagnia, del 4. Battaglione della Brigata Garibaldi, con il nome di copertura “Giorgio o Giovanni Leandri”. Da subito è coinvolto nei combattimenti che la Brigata affronta nelle settimane che impiega a compiere la ritirata da Caspe alla riva sinistra dell’Ebro. Col suo Battaglione presidia e fortifica questa sponda del fiume. Il 25 luglio del 1938 si inizia l’offensiva repubblicana con il passaggio del fiume Ebro. La Brigata Garibaldi è tenuta di riserva fino ai primi di settembre, quando passa anch’essa il grande fiume catalano, per dare il cambio alle milizie repubblicane d’avanguardia, specialmente nella zona della Sierra Caballs. Il 9 settembre del 1938, a quota 477 sul livello del mare di questa Sierra, sul fronte dell’Ebro, Bernini cade falciato dalla mitraglia fascista. Lascia l’adorata compagna, il padre e una sorella a Milano e una schiera di fratelli e compagni di fede che lo hanno amato. Durante la Resistenza italiana, nel 1944-1945, la 112ª Brigata Garibaldi SAP, attiva a Milano nel settore Porta Magenta-Baggio, è intitolata a Guido Bernini. A Bernini Giovanni, padre di Guido, è assegnata nel secondo dopoguerra la reversibilità della pensione di combattente di Spagna riconosciuta al figlio. Il 7 novembre del 1976 il Consiglio Regionale Lombardo insignisce Guido Bernini di Medaglia d’Oro alla memoria, attribuita in occasione del quarantesimo anniversario della Guerra Civile Spagnola.