Berneri Camillo di Stefano e Fochi Adalgisa nato a Lodi (Milano) il 20 maggio 1897, socialista e poi anarchico. Il padre, autodidatta, è il segretario comunale del municipio di Corteno, mentre la madre è maestra elementare, socialista, autrice di testi di pedagogia, impegnata in conferenze e attività di promozione dell'alfabetizzazione, figlia di una camicia rossa garibaldina e nipote di un mazziniano carbonaro. Camillo Berneri trascorre l’infanzia seguendo la madre, che nel frattempo si è separata dal marito, nei suoi vari incarichi a Palermo, Milano, Cesena, Forlì e Reggio Emilia. Qui, nel 1912, ha inizio la sua attività politica, poichè entra nella Federazione giovanile del Partito Socialista Italiano, della quale diviene uno dei dirigenti. I suoi primi scritti appaiono sul quotidiano socialista reggiano “La Giustizia”. Ben presto entra a far parte della frazione rivoluzionaria del partito e, dopo il luglio 1916, in contrasto con l’atteggiamento del P.S.I. verso la guerra, esce dalla F.G.S.I. e aderisce al movimento anarchico. Nello stesso anno si trasferisce con la madre ad Arezzo e il 4 gennaio del 1917 si sposa civilmente a Gualtieri (RE) con Giovanna Caleffi, sua coetanea ed ex allieva di sua madre. Di lì a poco nascono le due figlie: Maria Luisa il 1° marzo 1918 e Giliana il 3 ottobre 1919. Dopo l’adesione al movimento anarchico la polizia apre a suo nome un fascicolo e comincia a sorvegliarlo sistematicamente. Camillo, nonostante il suo peregrinare in Italia, porta a termine i cicli scolastici, elementare, medio e medio superiore. Nel 1917 è chiamato sotto le armi e, per via del suo diploma, è avviato all’Accademia Militare di Modena. Qui, per via delle sue idee politiche, viene espulso come sovversivo e assegnato al 2° Battaglione del Genio Zappatori di stanza a Casale Monferrato. Nel novembre del 1917, in grigioverde, s’iscrive a Firenze alla facoltà di filosofia. Nel gennaio del 1918 è ferito e passa due mesi nelle retrovie in un ospedale da campo. Nel settembre successivo rientra nei ranghi al fronte fino alla fine della guerra. Nel corso del 1919 è definitivamente smobilitato e nell’aprile riprende, a Firenze, a frequentare regolarmente le lezioni universitarie. Nel corso dei moti del 20 e 21 luglio del 1919, quando la polizia regia lo arresta e lo confina per due mesi all’Isola di Pianosa, è critico nei confronti del Partito Socialista e del sindacato. Tra il 1920 e il 1921 partecipa attivamente alla costituzione dell’Unione Anarchica Italiana. Il 26 ottobre del 1922 si laurea in filosofia a Firenze con Gaetano Salvemini. Nel periodo che va dal 1923 al 1926 allarga la sua collaborazione con testate giornalistiche anche di altro orientamento politico, tra le altre” l’Unità”, “La Rivoluzione Liberale” e “Conscentia”. L’ interesse per l'esperienza bolscevica lo porta ad abbozzare una sorta di revisione dell'anarchismo tradizionale, accentuandone certi spunti autonomistico-federalisti. Nell’aprile del 1926, poco dopo la promulgazione da parte del regime fascista delle leggi eccezionali, è costretto ad espatriare in Francia. Si porta a Nizza, dove viene raggiunto dalla moglie Giovanna Caleffi e dalle due figlie, e vi abita fino agli inizi del 1927, quando si trasferisce con tutta la famiglia a St. Maur-des-Fossès, località della banlieue di Parigi. In quegli anni deve adattarsi a fare i mestieri più modesti, soggetto all’attiva sorveglianza della polizia francese, in combutta con i consolati italiani del territorio transalpino. Tra il 1928 e il 1935 è per Camillo una continua peregrinazione tra Francia, Belgio, Olanda, Lussemburgo e Germania, costantemente controllato dalle polizie e, più volte, incarcerato ed espulso dalle autorità nazionali. Negli anni trenta a Parigi, sia pur saltuariamente, si sostenta economicamente con un negozietto, dove ospita esuli e ricercati italiani, svolgendo lavori di ricerca nelle biblioteche e di documentazione sui giornali per conto di Gaetano Salvemini. Nel 1933 anche la moglie apre un negozio di generi alimentari in Rue de Terre Neuve al n.20. Nel marzo del 1936 fa il suo primo viaggio in Spagna, per rendersi conto di persona della situazione che si sta creando, prende i contatti con la C.N.T. di Barcellona, appoggiando le sue scelte, ma distinguendosi dalle rigide ed ideologiche posizioni espresse dai libertari catalani. Rientra in Francia solo per un breve periodo; infatti il 29 luglio dopo lo scoppio della guerra civile ritorna in Spagna per restarvi per sempre. A Barcellona centro della sua attività, Berneri organizza gli anarchici italiani in Spagna, tiene i rapporti tra la F.A.I. e i gruppi libertari in Francia, cura la pubblicazione del giornale in lingua italiana “Guerra di Classe”, svolge una intensa attività pubblicistica e propagandistica e contribuisce con tutte le sue forze all'organizzazione delle milizie a sostegno della Spagna repubblicana contro l’aggressione franchista. Si adopera per la costituzione di una formazione militare, composta da antifascisti italiani, per affrontare con le armi in mano le truppe nazionaliste. Infatti il 17 agosto del 1936 s’incontra con Carlo Rosselli, Mario Angeloni ed il giornalista piemontese Umberto Calosso, che costituiscono formalmente la sezione italiana della colonna Francisco Ascaso, aderente alla C.N.T.-F.A.I. di Barcellona: per conto dell’organizzazione militare catalana sottoscrive l’atto costitutivo anche Diego Abad de Santillàn. Il 19 Agosto del 1936 l’unità, composta da circa 150 combattenti, di cui 90 anarchici e per il resto comunisti, repubblicani, socialisti e giellisti, lascia Barcellona per il fronte aragonese. Il 28 agosto successivo la colonna partecipa agli scontri durissimi di Monte Pelato sul fronte di Almudevar – Huesca. Cadono il repubblicano Mario Angeloni, comandante della sezione, e, tra gli altri, gli anarchici Vincenzo Perrone, Michele Centrone, Fosco Falaschi e il comunista Andrea Colliva, tassista milanese. In quel periodo e in questa battaglia Camillo svolge il ruolo di commissario politico. Tuttavia, a causa di sue menomazioni della vista e dell'udito, si ritiene opportuno che Berneri svolga una funzione propagandistico-divulgativa in una sede più consona rispetto al fronte di battaglia, per cui torna a Barcellona. Le sue speranze di mantenere l’unità delle forze antifranchiste risulteranno vane e così pure un suo estremo appello per la cessazione delle lotte fratricide, che scoppiano con particolare violenza tra forze rivoluzionarie e governo centrale di Madrid nei primi giorni del maggio 1937. Per le strade di Barcellona si continua a sparare, quando giunge dall'Italia la notizia della morte di Antonio Gramsci, avvenuta il 27 aprile precedente nella clinica Quisisana di Roma. Berneri, dopo aver scritto il suo testamento politico nell'ultima lettera ad una delle figlie, si reca a Radio Barcellona, dove commemora la morte del comunista Antonio Gramsci. Verso le 6 del pomeriggio di quello stesso giorno un gruppo di Mozos de Escuadra e di Bracciali Rossi del PSUC, comandati da un poliziotto in borghese, arriva alla casa di Camillo in Plaza Angel al n.2. Salgono al primo piano e bussano alla porta del suo appartamento. Ad aprire è Francesco Barbieri, 42 anni, anarchico di origine calabrese. All’interno, oltre a Berneri, di sicuro ci sono Fosca Corsinovi e Tosca Tantini. Il poliziotto in borghese intima ai due anarchici di seguirlo, ma questi chiedono le motivazioni di tale imposizione. Il poliziotto allora rovescia il bavero della giacca e mostra una targhetta metallica con il numero 1109. I due uomini vengono portati via, mentre Fosca chiede invano di poterli seguire. L’indomani il corpo di Barbieri, crivellato di pallottole, viene trovato sulla Rambla dels Flors. Il corpo di Berneri viene invece trovato nel Carrer del Paradis, un vicolo che sbocca in Plaza de la Generalitat. I due verranno seppelliti il giorno 11 alle tre e mezza del pomeriggio accompagnati da un corteo della CNT, FAI e della Gioventù Libertaria. Alcune settimane più tardi, il 29 maggio, sul foglio comunista parigino Il Grido del Popolo si può leggere: «Camillo Berneri […] è stato giustiziato […] dalla rivoluzione democratica, a cui nessun antifascista può negare il diritto di legittima difesa». In realtà i mandanti e gli esecutori dell’assassinio non sono mai stati chiariti. La versione diffusa a lungo è quella di agenti stalinisti del Partito Comunista, ma altri ritengono sia stato ucciso da agenti dei separatisti catalani, visto che Berneri stava per realizzare un dossier che li collegava all’OVRA italiana. Di recente è stata pubblicata una nuova ipotesi in cui il mandante sarebbe il Ministero degli Interni Angel Galarza, che voleva impedire che venissero rese note alcune sue ruberie di preziosi in complicità con Gino Bibbi di cui Berneri era al corrente. Il Consiglio Regionale Lombardo il 7 novembre del 1976 conferisce a Camillo Berneri la Medaglia d’Oro alla memoria, in occasione del quarantesimo anniversario della Guerra Civile Spagnola.

Annotazioni: Scheda biografica compilata sulla base delle informazioni raccolte da Augusto Cantaluppi per il suo libro La Ringhera in Spagna, antifascisti milanesi nella guerra civile spagnola (1926-1939)