Fancello Pasquale “detto Crodazzu” di Pietro Paolo e Mereu Giovanna, nato il 3 novembre 1891 a Dorgali (Nuoro). Contadino, muratore, anarchico. Secondo di otto figli, frequenta la scuola elementare fino alla quinta classe, poi inizia a lavorare come carrettiere per una ditta che produce carbone. Nel 1911 è chiamato al servizio militare che svolge nell’11. Reggimento Cavalleggeri di stanza ad Aversa fino al 1913. Allo scoppio della guerra mondiale è richiamato alle armi e mandato a Palmanova in Friuli dove rimane nelle retrovie come addetto alle cure dei cavalli. Torna a casa nell’agosto 1919 e, dopo aver sposato la fidanzata Giovanna Maria Gisellu, detta “Quanna” (Dorgali 1893), nel 1920 si trasferisce a Sestri Ponente (Genova), dove si impiega in una industria metallurgica e si avvicina all’ideologia anarchica dell’Unione Sindacale Italiana. Lo stesso anno nasce il figlio Bruno. Al termine del biennio rosso e l’affermazione del fascismo, lascia l’Italia nel 1921 passando senza la famiglia clandestinamente in Francia, stabilendosi nella zona di Marsiglia. Nel gennaio 1924 si traferisce in Belgio a Chatelet, in aprile si trasferisce a Monceau-sur-Sambre, un sobborgo di Charleroi ed infine a La Loivière in Vallonia, dove è raggiunto da moglie e figlio e lavora come minatore. L’anno seguente respinge, insieme alla moglie, ad Antonio Camotto, Giovanni Cuna e altri compaesani, l’invito del “Comitato pro monumento ai caduti di guerra” di Dorgali a collaborare all’iniziativa, perché l’adesione “significherebbe implicita approvazione alle gesta barbariche che sta compiendo in Italia il rinnegato romagnolo”. Nel dicembre 1926 si trasferisce a Trivières dove riceve e diffonde la stampa anarchica come “Il Risveglio”, “L’Adunata dei Refrattari”, Bandiera Nera” pubblicato da Giuseppe Bifolchi ed altri periodici. Nell’estate 1931 Fancello è coinvolto in una rissa in un bar e condannato a tre mesi di carcere. Il 10 ottobre è espulso dal Belgio. Passa allora in Francia e si stabilisce clandestinamente nella città francese Fontenay-sous-Bois (Valle della Marna), dove vive una colonia di antifascisti. Conosce anche Nestor Mackno, il celebre anarchico ucraino fuggito dall’Unione Sovietica dopo la sconfitta contro i bolscevichi. In Italia nel luglio 1932 è iscritto nella Rubrica di frontiera e nel Bollettino delle ricerche per l’arresto. A settembre 1932 Fancello lascia Parigi e si porta con altri compagni a Brest (Finistère), da dove è costretto a fuggire per andare a Montreuil (Senne-Saint-Denis). Tenta inutilmente di regolarizzare la sua posizione con l’aiuto della LIDU (Lega Italiana per i Diritti dell’Uomo). Alla fine del 1933 dopo un breve arresto si ricongiunge alla famiglia a Parigi, per poi tornare a Brest. Sospettato di aver fatto saltare una nave italiana nel porto, è incluso in Italia, nel 1934 fra i sovversivi attentatori. A Parigi prende contatto con il movimento “Giustizia e Libertà” di Carlo Rosselli e Emilio Lussu. Presente a Tolosa nella primavera del 1935, se ne allontana nell’aprile 1936, mettendo in allarme l’apparato poliziesco fascista, che ordina ai prefetti della penisola di “rinnovare rigorosissime misure vigilanza per cattura predetto”, qualora valicasse la frontiera. In giugno Fancello si pronuncia contro qualunque partecipazione degli anarchici alle elezioni, dissentendo da Camillo Berneri e da quei compagni, che difendono le scelte fatte dalla FAI/CNT in occasione delle votazioni spagnole del 16 febbraio 1936 di non sostenere l’astensionismo degli anarchici, scelta che porta alla vittoria del Fronte Popolare. Si pronuncia infatti senza mezzi termini contro qualsiasi partecipazione dei libertari alle elezioni, polemizzando, a Tolosa, con i comunisti italiani, i quali, dimentichi di aver predicato la lotta “classe contro classe”, tentano ora di “impadronirsi del programma” fascista del 1919”. Allo scoppio della guerra civile in Spagna si adopera nel sud della Francia per raccogliere fondi per i volontari e per le loro famiglie. Sembra prepari anche passaporti falsi per il passaggio dei volontari attraverso la frontiera franco-spagnola. Per questa attività è colpito da un nuovo provvedimento di espulsione da parte delle autorità francesi, ma rimane come clandestino. Si sposta frequentemente insieme alla moglie a Barcellona, dove peraltro è presente una cospicua colonia di anarchici sardi, dando il suo contributo alla lotta antifranchista, usando un documento falso a nome di un francese, Bernardini. La polizia italiana lo sospetta, nell’agosto 1936, di voler compiere un clamoroso gesto di protesta in Italia. A seguito degli scontri a Barcellona del maggio 1937 tra il governo e gli anarchici spalleggiati dal POUM (Partido Obrero de Unificaciòn Marxista), comunisti antistalinisti, Fancello verso la fine di maggio del 1937 denuncia, su «L’Adunata dei refrattari» di New York, le provocazioni e i crimini, di cui si sono macchiati i comunisti. Rimane comunque a Barcellona, forse facendo spola tra Spagna e Francia. Nel gennaio 1938, dopo aver attaccato Giuseppe Di Vittorio, Romano Cocchi e i comunisti italiani, richiama l’attenzione dei compagni di fede sulla “grave lotta sociale”, che è in corso nella Spagna repubblicana, sulla natura controrivoluzionaria del governo Negrín, sullo scioglimento del POUM e sulle iniziative repressive ai danni della FAI e della CNT. Poi, dal maggio 1938 allo scoppio della Guerra mondiale, fa pervenire al periodico anarchico di New York “L’Adunata dei Refrattari”, una serie di lettere sull’involuzione nazionalistica delle Internazionali socialista e comunista, sul cinismo delle democrazie occidentali, che hanno sacrificato la Spagna a una pace fittizia, sul diritto d’asilo, sul suicidio dell’Europa, sull’elezione di Pacelli al pontificato, sulla follia criminale totalitaria, ecc. Segnalato ancora a Badalona nei primi mesi del 1939, col nome di Pasquale Nardone, rientra in Spagna al crollo del fronte catalano. Forse internato nei campi francesi sotto falso nome, si stabilisce alla periferia di Marsiglia con una compagna spagnola di nome Vera conosciuta a Barcellona. A seguito dell’occupazione della Francia da parte degli italo-tedeschi si rifugia in Belgio al principio del 1941, Dopo la Liberazione, riparte nell’estate del 1945 e, a Tolosa ritrova la moglie ed il figlio, che rifiutano di andare con lui in Sardegna, Fancello torna comunque in Italia e fissa la residenza a Dorgali (Nuoro) riprendendo immediatamente la sua lotta contro privilegi e ingiustizie e subendo quattro o cinque denunce per vilipendio alle istituzioni. Il 31 gennaio 1947 porta la sua fattiva solidarietà ai minatori di Carbonia, protagonisti di un coraggioso sciopero contro la Società carbonifera sarda, e viene arrestato, insieme all’anarchico Giuseppe Serra, ai fratelli Montecucco e ad altri militanti libertari. Al processo dopo due anni di detenzione sarà condannato a 1 anno e 6 mesi, abbondantemente scontati. Nel 1950 si trasferisce nella penisola con lo scopo di meglio collaborare con «Umanità Nova» e viene condannato dal tribunale di Roma ad otto mesi di prigione per un articolo pubblicato sulla storica rivista anarchica a favore delle occupazioni delle terre dove si afferma che i dorgalesi avrebbero impedito col sangue agli agrari di impadronirsi delle terre. Muore a Roma il 13 febbraio 1953. Il figlio Bruno arriverà a Roma tardi per assistere al funerale. Viene sepolto al cimitero del Verano con questa scritta sulla lapide: ”A Pasquale Fancello che, dalla natia Sardegna, diede alla causa degli oppressi i tesori della sua fede e del suo animo ribelle”. L’ultimo suo pezzo scritto in ospedale sarà pubblicato postumo su “L’Adunata dei Refrattari”. Il 3 maggio 1977 il Comune di Sassari gli dedica una via, intitolazione che sarà revocata nel 1993 sostenendo che la via era in realtà destinata a Francesco Fancello patriota combattente della I guerra mondiale…
Annotazioni: Scheda biografica basata sulle informazioni raccolte da F. Bucci , S. Carolini e C. Gregori per il Dizionario degli Anarchici italiani (vedi bibliografia) e sulla biografia di Fancello scritta da Cipriano e Pina Mele (vedi bibliografia)
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