Vincenzo Raspino
Nome: Vincenzo
Data di nascita: 18 luglio 1902
Luogo di nascita: Castellazzo Bormida (Castellazzo Bormida)
Data di morte: 29 novembre 1944
Luogo di morte: Bardineto (Bardineto)
Professione: Marinaio
PROFILO BIOGRAFICO
Raspino Vincenzo nato il 18 luglio 1902 a Castellazzo Bormida (Alessandria). Marinaio, socialista. Di origine contadina, in gioventù aveva lavorato come marittimo. E’ molto probabile fosse emigrato a Genova dove aveva militato brevemente nel Partito Socialista. Nel 1919 si imbarca clandestinamente su un piroscafo diretto in Brasile: sbarcato in un porto brasiliano, rimane oltreoceano per circa tre anni; poi riattraversa l’Atlantico, a bordo della nave italiana “Monviso” che lo sbarca nel porto di Palermo. Dal capoluogo siculo poco a poco risale la penisola e fa ritorno al paese. Nel 1922 presta servizio militare nella Marina. ma dura poco: sei mesi dopo è dichiarato rivedibile per un problema cardiaco e ritorna alla vita civile (ma un’altra fonte lo definisce “disertore”). Espatria in Francia in treno, linea Torino-Bardonecchia-Modane-Lyon, munito soltanto del libretto di navigazione: non si sa come ma ci riesce. Lavora precariamente come manovale a Lyon (Rhône) ma poi, fermato e trovato privo di documenti, per evitare la prigione cede ad accattivanti promesse e si ingaggia nella Légion Étrangère. Inviato alla base di Sidi-bel-Abbes (Algeria), non tarda a pentirsi. della scelta e tenta a più riprese di disertare, ma ad ogni fuga viene ripreso e punito: alla fine assommerà 15 e più mesi di carcere Nel 1931 é a Casablanca, in Marocco. Durante una rissa all’interno di un bordello viene colpito alla testa col calcio del fucile da un gendarme marocchino: ha la scatola cranica fratturata poco sopra l’orecchio sinistro, ma riesce a sopravvivere e poco dopo viene congedato. Nell’agosto del 1932 si imbarca a Oran (Algeria) alla volta di Marseille (Bouches-du-Rhône): giunto in Provenza vive alla giornata vagando da un paese all’altro: lavora ovunque riesca a trovare una occupazione, e si adatta a ogni tipo di lavoro. A metà novembre, a piedi entra in clandestinamente in Spagna dopo essersi liberato dei pochi documenti francesi in suo possesso. Anche oltre i Pirenei girovaga da un paese all’altro e da un lavoro all’altro, soprattutto come giornaliero in agricoltura o addetto a lavori stradali. A Bilbo/Bilbao (Vizkaya) richiede documenti italiani al Regio Consolato d’Italia, ma poi riprende il suo girovagare: da Vigo (Galicia) a Huelva ed a Cadiz (Andalucia), Gibraltar/Gibilterra, Valencia, Madrid, infine a Barcelona dove il Regio Consolato d’Italia gli concede un foglio di via utile per il rimpatrio. Fin qui il racconto da lui reso alla polizia che, nel novembre del 1933 lo interroga nel Carcere Giudiziario di Alessandria: vi è stato tradotto dopo che, ritornato in Italia, è arrestato a Genova. Un informatore lo accusa di essere un potenziale attentatore incline alla anarchia ma anche (e siamo al più classico dei processi alle intenzioni) d’aver esaltato il delitto che s’era apprestato a commette- tere il noto Sbardellotto Dalle sue lunghe dichiarazioni non emergono. riferimenti di alcun tipo ad una sua ipotetica militanza antifascista, tranne che un vago accenno alla remota frequentazione socialista. Trasferito per 40 giorni nel carcere di Campobasso, poi in quello romano di Regina Coeli, viene sottoposto a perizia psichiatrica ed infine, dopo quattro mesi di carcere rimesso in libertà. Ritornato al paese di origine, trova un lavoro presso una fornace, ma dura poco: nell’ottobre del 1937 un telegramma della Regia Questura di Alessandria segnala il suo allontanamento dal comune di nascita per ignota destinazione. Potrebbe esser stata la sola occasione avuta da Raspino per andare volontario nella Spagna repubblicana, ma non c’è alcune prova concreta: le sue tracce ricompaiono solo nel febbraio del 1942, quando è segnalato a Pietra Ligure e poi rintracciato a Giustenice (Savona), occupato come bracciante e assiduo lavoratore agricolo presso due famiglie contadine. Nessun indizio di retirada o di internamento in qualche campo francese e, men che meno, di un suo avventuroso rimpatrio (cosa in cui, peraltro, si era dimostrato eccellente specialista). Nel maggio dello stesso anno). la Regia Prefettura di Alessandria, nel prendere atto del suo stabile ritorno in Italia, dispone la revoca dell’iscrizione in Rubrica di Frontiera. Ma facciamo un passo temporale in avanti, di poco più di un anno e mezzo: dopo l’8 settembre del 1943, l’occupazione tedesca e l’imposizione della repubblichina mussoliniana di Salò, in molte zone dell’Italia centro-settentrionale si combatte la guerra partigiana. Anche Vincenzo Raspino è partigiano: è il garibaldino “Barbanera”. È il volontario più anziano della sua formazione, il Distaccamento “Torcello” (3ª Brigata Garibaldi “Brigante”, Divisione Garibaldi di “Gin Bevilacqua”). Taciturno, quasi scontroso, é un refrattario coraggioso, ottimo camminatore sovente utilizzato come collegamento tra i vari distaccamenti della formazione, che è attiva nel savonese, a cavallo dell’Appennino tra Liguria e Piemonte. Più di un anno dopo, il 29 novembre del ’44, è in pieno svolgimento un rastrellamento nazifascista. “Barbanera”, che precede il Distaccamento “Torcello” per aver modo di allertare i compagni del Di-staccamento “Ines Negri”, si trova improvvisamente davanti il nemico. I nazisti sparano, il partigiano risponde al fuoco (o spara per primo?), finché non cade combattendo nei pressi di Bardineto, in circostanze che non potranno più esser chiarite poiché “Barbanera” era solo e nessuno, nemici a parte, conosce esattamente la dinamica dei fatti. Cosa c’entra la guerra di Spagna? Apparentemente nulla, ma…. Qualche anno dopo, nel 1975, l’ex Comandante del “Torcello” Enrico De Vincenti pubblica il libro: “O bella ciao. Distaccamento Torcello”, edito a Milano da La Pietra. Scrive De Vincenti: ¨Barbanera, il più anziano dei garibaldini, era sulla cinquantina. Ex combattente di Spagna, aveva fatto il marinaio, il pescatore, il boscaiolo e il minatore. Dopo avere girato mezzo mondo ora stava combattendo con questi ragazzi che avrebbero potuto essere suoi figli¨. E il solo riferimento a Raspino e alla guerra di Spagna: troppo poco per esser di conferma.
Annotazioni: Biografia inedita di Gianpaolo Giordana aggiornata all’aprile 2017, realizzata sulle seguenti fonti consultate: Testimonianza di Enrico De Vincenti; Archivio di Stato – Savona; Archivio Centrale dello Stato – Roma (Casellario Politico Centrale, busta 4233, fascicolo 28457; Archivio ILSREC – Genova; Anche in: MARTINO, Antonio, “Antifascisti savonesi e guerra di Spagna. ¨Miliziani rossi¨ e altri ¨sovversivi¨ nelle carte della Regia Questura di Savona”.- Savona, ISREC, 2009.LEGATE A QUESTA BIOGRAFIA
Bibliografia
- Antifascisti savonesi e guerra di Spagna : "miliziani rossi" e altri "sovversivi" nelle carte della Regia Questura di Savona / Antonio Martino ; prefazione Marco Puppini. - Savona : Isrec, 2009. - 318 p. : ill. ; 24 cm. - In calce al frontespizio: ISREC Istituto storico della Resistenza e dell'età contemporanea della provincia di Savona.., p. 166-168.
- SIDBRINT - Memòria Històrica Brigades Internacionals, https://sidbrint.ub.edu/node/45929 (Url consultato il 4 gennaio 2025)
Fonti archivistiche
Bibliografia nascosto
Altri riferimenti
Documenti
Fotografie
Vincenzo Raspino
Nome: Vincenzo
Data di nascita: 18 luglio 1902
Luogo di nascita: Castellazzo Bormida (Castellazzo Bormida)
Data di morte: 29 novembre 1944
Luogo di morte: Bardineto (Bardineto)
Professione: Marinaio
PROFILO BIOGRAFICO
Raspino Vincenzo nato il 18 luglio 1902 a Castellazzo Bormida (Alessandria). Marinaio, socialista. Di origine contadina, in gioventù aveva lavorato come marittimo. E’ molto probabile fosse emigrato a Genova dove aveva militato brevemente nel Partito Socialista. Nel 1919 si imbarca clandestinamente su un piroscafo diretto in Brasile: sbarcato in un porto brasiliano, rimane oltreoceano per circa tre anni; poi riattraversa l’Atlantico, a bordo della nave italiana “Monviso” che lo sbarca nel porto di Palermo. Dal capoluogo siculo poco a poco risale la penisola e fa ritorno al paese. Nel 1922 presta servizio militare nella Marina. ma dura poco: sei mesi dopo è dichiarato rivedibile per un problema cardiaco e ritorna alla vita civile (ma un’altra fonte lo definisce “disertore”). Espatria in Francia in treno, linea Torino-Bardonecchia-Modane-Lyon, munito soltanto del libretto di navigazione: non si sa come ma ci riesce. Lavora precariamente come manovale a Lyon (Rhône) ma poi, fermato e trovato privo di documenti, per evitare la prigione cede ad accattivanti promesse e si ingaggia nella Légion Étrangère. Inviato alla base di Sidi-bel-Abbes (Algeria), non tarda a pentirsi. della scelta e tenta a più riprese di disertare, ma ad ogni fuga viene ripreso e punito: alla fine assommerà 15 e più mesi di carcere Nel 1931 é a Casablanca, in Marocco. Durante una rissa all’interno di un bordello viene colpito alla testa col calcio del fucile da un gendarme marocchino: ha la scatola cranica fratturata poco sopra l’orecchio sinistro, ma riesce a sopravvivere e poco dopo viene congedato. Nell’agosto del 1932 si imbarca a Oran (Algeria) alla volta di Marseille (Bouches-du-Rhône): giunto in Provenza vive alla giornata vagando da un paese all’altro: lavora ovunque riesca a trovare una occupazione, e si adatta a ogni tipo di lavoro. A metà novembre, a piedi entra in clandestinamente in Spagna dopo essersi liberato dei pochi documenti francesi in suo possesso. Anche oltre i Pirenei girovaga da un paese all’altro e da un lavoro all’altro, soprattutto come giornaliero in agricoltura o addetto a lavori stradali. A Bilbo/Bilbao (Vizkaya) richiede documenti italiani al Regio Consolato d’Italia, ma poi riprende il suo girovagare: da Vigo (Galicia) a Huelva ed a Cadiz (Andalucia), Gibraltar/Gibilterra, Valencia, Madrid, infine a Barcelona dove il Regio Consolato d’Italia gli concede un foglio di via utile per il rimpatrio. Fin qui il racconto da lui reso alla polizia che, nel novembre del 1933 lo interroga nel Carcere Giudiziario di Alessandria: vi è stato tradotto dopo che, ritornato in Italia, è arrestato a Genova. Un informatore lo accusa di essere un potenziale attentatore incline alla anarchia ma anche (e siamo al più classico dei processi alle intenzioni) d’aver esaltato il delitto che s’era apprestato a commette- tere il noto Sbardellotto Dalle sue lunghe dichiarazioni non emergono. riferimenti di alcun tipo ad una sua ipotetica militanza antifascista, tranne che un vago accenno alla remota frequentazione socialista. Trasferito per 40 giorni nel carcere di Campobasso, poi in quello romano di Regina Coeli, viene sottoposto a perizia psichiatrica ed infine, dopo quattro mesi di carcere rimesso in libertà. Ritornato al paese di origine, trova un lavoro presso una fornace, ma dura poco: nell’ottobre del 1937 un telegramma della Regia Questura di Alessandria segnala il suo allontanamento dal comune di nascita per ignota destinazione. Potrebbe esser stata la sola occasione avuta da Raspino per andare volontario nella Spagna repubblicana, ma non c’è alcune prova concreta: le sue tracce ricompaiono solo nel febbraio del 1942, quando è segnalato a Pietra Ligure e poi rintracciato a Giustenice (Savona), occupato come bracciante e assiduo lavoratore agricolo presso due famiglie contadine. Nessun indizio di retirada o di internamento in qualche campo francese e, men che meno, di un suo avventuroso rimpatrio (cosa in cui, peraltro, si era dimostrato eccellente specialista). Nel maggio dello stesso anno). la Regia Prefettura di Alessandria, nel prendere atto del suo stabile ritorno in Italia, dispone la revoca dell’iscrizione in Rubrica di Frontiera. Ma facciamo un passo temporale in avanti, di poco più di un anno e mezzo: dopo l’8 settembre del 1943, l’occupazione tedesca e l’imposizione della repubblichina mussoliniana di Salò, in molte zone dell’Italia centro-settentrionale si combatte la guerra partigiana. Anche Vincenzo Raspino è partigiano: è il garibaldino “Barbanera”. È il volontario più anziano della sua formazione, il Distaccamento “Torcello” (3ª Brigata Garibaldi “Brigante”, Divisione Garibaldi di “Gin Bevilacqua”). Taciturno, quasi scontroso, é un refrattario coraggioso, ottimo camminatore sovente utilizzato come collegamento tra i vari distaccamenti della formazione, che è attiva nel savonese, a cavallo dell’Appennino tra Liguria e Piemonte. Più di un anno dopo, il 29 novembre del ’44, è in pieno svolgimento un rastrellamento nazifascista. “Barbanera”, che precede il Distaccamento “Torcello” per aver modo di allertare i compagni del Di-staccamento “Ines Negri”, si trova improvvisamente davanti il nemico. I nazisti sparano, il partigiano risponde al fuoco (o spara per primo?), finché non cade combattendo nei pressi di Bardineto, in circostanze che non potranno più esser chiarite poiché “Barbanera” era solo e nessuno, nemici a parte, conosce esattamente la dinamica dei fatti. Cosa c’entra la guerra di Spagna? Apparentemente nulla, ma…. Qualche anno dopo, nel 1975, l’ex Comandante del “Torcello” Enrico De Vincenti pubblica il libro: “O bella ciao. Distaccamento Torcello”, edito a Milano da La Pietra. Scrive De Vincenti: ¨Barbanera, il più anziano dei garibaldini, era sulla cinquantina. Ex combattente di Spagna, aveva fatto il marinaio, il pescatore, il boscaiolo e il minatore. Dopo avere girato mezzo mondo ora stava combattendo con questi ragazzi che avrebbero potuto essere suoi figli¨. E il solo riferimento a Raspino e alla guerra di Spagna: troppo poco per esser di conferma.
Annotazioni: Biografia inedita di Gianpaolo Giordana aggiornata all’aprile 2017, realizzata sulle seguenti fonti consultate: Testimonianza di Enrico De Vincenti; Archivio di Stato – Savona; Archivio Centrale dello Stato – Roma (Casellario Politico Centrale, busta 4233, fascicolo 28457; Archivio ILSREC – Genova; Anche in: MARTINO, Antonio, “Antifascisti savonesi e guerra di Spagna. ¨Miliziani rossi¨ e altri ¨sovversivi¨ nelle carte della Regia Questura di Savona”.- Savona, ISREC, 2009.
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