Cocchi Romano di Ferdinando e Saguatti Emma, nato il 6 marzo 1893 ad Anzola dell’Emilia. Giornalista, antifascista. Cresce nella famiglia di un bracciante, padre di undici figli. Un parroco di San Giovanni in Persiceto, dove i Cocchi si erano trasferiti, ha modo di apprezzare l'intelligenza di Romano e si adopera perché il ragazzino studi nel Seminario di Bologna. Romano non termina però gli studi religiosi, interrotti quando s'innamora di una ragazza e trova lavoro prima alle Ferrovie dello Stato, poi come commesso alla Buton, quindi al Resto del Carlino, sempre impegnandosi nei movimenti politici dei cattolici laici dei primi anni del ‘900. Per seguire il deputato del Partito Popolare Guido Miglioli, di cui diventa segretario, il giovane si trasferisce nel 1914 a Soresina (Cremona) partecipando alle lotte sociali. Il 23 settembre 1917 sposa Edvige Maria Alenghi, da cui avrà due figlie, Fernanda e Maria Luisa. Ai primi del 1919 si trasferisce a Bergamo, per dirigere il locale Ufficio del Lavoro della Confederazione Italiana del lavoro. Tra il 1919 e il 1923 sarà impegnato alla guida degli scioperi di operai e contadini e vede con favore la costituzione degli Arditi del Popolo per contrastare le violenze delle squadre fasciste. Nel febbraio-marzo 1921 Cocchi è espulso per frazionismo dal Partito Popolare Italiano, che non ne apprezza l'impegno "a sinistra", impegno per il quale finisce anche in carcere. Cocchi aderisce allora al Partito Socialista Italiano nella frazione di sinistra di Serrati, passando poi al Partito Comunista d’Italia. Nel 1925 è tra i dirigenti il settore della propaganda del PCI a Roma e segretario di Gramsci. Dopo la promulgazione delle leggi eccezionali per la sua attività precedente fu accusato e rinviato a giudizio al Tribunale speciale il 7 maggio 1927, senza emissione di sentenza istruttoria, assieme ad altri pubblicisti e giornalisti comunisti fra i quali Giovanni Fornari, Ottavio Pastore, Felice Platone e Giuseppe Di Vittorio. Il Tribunale speciale lo condanna a 12 anni di reclusione per "propaganda sovversiva tendente all'insurrezione e incitamento all'odio di classe", ma lui è contumace. È infatti espatriato clandestinamente in Francia attraverso Fiume e Vienna, dove diventa segretario della Sezione italiana del "Soccorso Rosso". Quando anche dalla Francia lo espellono nel 1928, continua l'attività antifascista in Belgio e in Svizzera dal 1930. Costretto a lasciare la Confederazione elvetica e, di nuovo in Francia, si impegna in organizzazioni vicine al Partito Comunista d'Italia. Nel marzo 1936 Cocchi è a Londra, per saggiare, con l'ex dirigente del Partito Popolare Italiano don Luigi Sturzo, la possibilità di un'azione unitaria tra comunisti e movimento antifascista cattolico. Nel 1937 è designato a dirigere l'Unione popolare mirante a raggruppare i lavoratori d'origine italiana iscritti alla Confederazione generale del lavoro francese (circa 130 mila). Al congresso costitutivo dell'Unione (Lione, 28-29 marzo 37), a cui partecipano anche rappresentanti cattolici, giellisti e repubblicani tiene la relazione introduttiva. Nel 1937 Romano Cocchi (con lo pseudonimo di Adami), si reca in Spagna con una delegazione dell’UPI, in appoggio alla Repubblica. Durante la permanenza visita i fronti, incontra i volontari delle Brigate Internazionali e parla all’Uniòn Radio di Valencia. Nel 1939 è tra i comunisti contrari al patto tra Stalin e Hitler, viene espulso dal PCd’I e tenta di portare sulle stesse sue posizioni l'Unione popolare, appoggiato dal PSI, da GL e dai repubblicani. Ciò non gli impedisce, naturalmente, scoppiata la guerra, di battersi con il maquis contro i tedeschi come comandante di un gruppo resistente alla France Combattente di De Gaulle. Catturato dai nazisti il 24 febbraio 1943, il 27 è deportato a Buchenwald, dove sarà registrato il 29 come prigioniero politico francese. Vi resisterà tre mesi, prima di morire di fame e di freddo il 28 marzo 1944. Il comune di Anzola dell'Emilia ricorda con una via questo suo generoso cittadino.
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