Buonacosa Emilia, nato il 15 ottobre 1976 a Pagani (Salerno). Operaia, anarchica. Neonata, è adottata dai coniugi Luigi Aufiero e Assunta Alfano di Nocera Inferiore. Da giovanissima comincia a lavorare nella fabbrica di conserve Cirio di Nocera Inferiore. Si avvicina alla Camera del lavoro, entra in contatto con ambienti anarchici e si unisce ad Ernesto Danio, segretario della lega dei cestai ed esponente del movimento libertario. Nel 1913 partecipa alle agitazioni operaie, tanto che a 18 anni è segnalata dalla polizia come “sovversiva pericolosa'”. Durante l'attività in fabbrica subisce un grave infortunio sul lavoro che le causa l'asportazione di parte del cuoio capelluto. Contraria all’intervento italiano in guerra si impegna durante il biennio rosso nelle agitazioni politiche ed economiche del Nocerino. Dopo la separazione da Ernesto Danio, verso la fine del 1922 è a Milano, dove l'8 settembre 1924 sposa Antonio Giordano Ustori, redattore de “l'Umanità nova” da poco rientrato dalla Svizzera dove si era rifugiato per evitare l'arruolamento dopo l’assoluzione dall’accusa di aver partecipato all’attentato ad Diana a Milano. Dall'unione nasce la piccola Teresa, bimba che muore dopo pochi mesi. I due espatriano clandestinamente in Francia alla fine del 1926, abitando prima a Lilla e poi a Parigi, dove frequenta l'ambiente dei fuoriusciti, partecipa alle riunioni di Giustizia e libertà ed a quelle del gruppo anarchico “Il monito”. Il 2 novembre 1930 Ustori muore a seguito di un intervento chirurgico. Scomparso Ustori Emilia si stabilisce a Fontanay-sous-Bois e continua l’attività politica collaborando con Domenico Ludovici, Randolfo Vella, Michele Centrone e Nestor Mackno, l’anarchico ucraino che aveva lungo combattuto contro i bolscevichi. Per mantenersi fabbrica scarpe estive da donna e poi lavorando come commessa presso un salumiere parigino ed infine presso un editore. Legatasi al comunista Pietro Corradi è assidua dal 1930 al 1935 alle riunioni antifasciste di Parigi. Alla fine del 1936 si reca a Barcellona dove si occupa dei collegamenti con gli anarchici che si trovano sul fronte aragonese. Nel 1937 si reca a Barcellona con l’anarchico Romano De Russo, e secondo fonti di polizia avrebbe tentato di organizzare attentati da attuare in Italia. Partecipa ai moti che contrappongono a Barcellona tra il 3 ed il 7 maggio il governo autonomo catalano (Generalitat) agli anarchici spalleggiati dal POUM (Partido Obrero de Unificaciòn Marxista), piccolo partito comunista antistalinista e che si concludono con la vittoria del governo. Rientrata a Parigi alla fine del 1937 per sfuggire alle repressioni contro gli anarchici, il 9 luglio 1940 è arrestata dai tedeschi che occupano la Francia e deportata in Germania. Successivamente tradotta in Italia e arrestata alla frontiera il 19 ottobre per attività sovversiva svolta all'estero. Il 2 dicembre 1940 la sentenza emessa dalla Commissione Provinciale di Salerno la assegna a 5 anni di confino perché “pericolosa alla sicurezza pubblica e agli ordinamenti politici, economici e sociali dello stato”, ed è inviata a Ventotene, dove giunge il 13 dicembre. Durante l'internamento le sue condizioni fisiche peggiorano, al punto che il 27 giugno 1943 lo stesso direttore della colonia chiede che la pena venga commutata in ammonizione. La Buonacosa vive ormai appartata dai gruppi politici, vivendo la sua condanna dedicandosi esclusivamente al lavoro e soffre un continuo deterioramento psichico. Il 24 agosto 1943, durante i quarantacinque giorni del governo Badoglio, Emilia e le altre confinate politiche ritenute più pericolose sono internate nel campo di Fraschette d'Alatri (Roma). L’apparente crollo della combattività è smentito il 27 agosto del 1943, quando si fa promotrice di una protesta scritta al Ministro dell’Interno che coinvolge tutte le donne internate con lui. Nell letta scrive: “ … facciamo presente che l’alimentazione è un’alimentazione d fame. Tutte le tessere sono state ritirate e per questo non si riceve neppure la metà di roba che ci spetta secondo la legge d’alimentazione in tempo di guerra. Ancora peggiore il fatto che tutta la mezzetta di 9 lire – la quale ci spetta come confinate ed internate politiche - vien spesa per due razioni di minestra uso acqua calda e per 150 grammi di pane. A noi non rimane nemmeno una lira per i nostri bisogni personali, per la frutta, della quale abbiamo assolutamente bisogno come di altra roba fresca. […] Il comportamento degli ammalati non si distingue dagli altri […] facciamo presente che fra noi la maggioranza non può ricevere nulla dalle famiglie e fra di noi ci sono ammalate dei TBC, ammalate di stomaco […] quelle che hanno subito delle operazioni molto gravi e che devono continuamente curarsi.” L'ordine di liberazione, redatto il 7 settembre, è eseguito solo il 19 ottobre 1943. Emilia Buonacosa, stanca e malata, riesce a rientrare a Nocera Inferiore solo il 7 agosto 1944 stabilendosi fino al 1946 presso i genitori che la appoggiarono tutta la vita. Successivamente torna a Parigi dove risiede ancora negli anni ’60. Rientrata in Italia trova un impiego presso il Comune di Nocera Inferiore, dove muore il 12 dicembre 1976.