Zanoni Arturo di Abramo e Brugnetti Giovanna, Gelmina nato 3 aprile 1897 a Marcellise (Verona). Ferroviere, comunista, poi socialista. Abitante al numero 127 nel quartiere di Porto San Pancrazio a Verina, fuochista nelle ferrovie, viene esentato dal servizio militare nella prima guerra mondiale. Nel dopoguerra svolge intensa attività è politica, aderendo al Partito Socialista e occupandosi delle sottoscrizioni e segretario del circolo del Partito di via Giardino Giusti 14. A seguito della morte del deputato socialista Policarpo Scarabello il 4 novembre 1920, dovuta allo scoppio accidentale di una bomba mentre stava difendendo il municipio veronese da un assalto fascista, è costretto a lasciare Verona per sottrarsi alle rappresaglie, rifugiandosi a Gorizia, dove viene licenziato il 25 luglio 1923 per le sue idee politiche. L'anno successivo emigra a Buenos Aires in Argentina, dove ricopre importanti incarichi sindacali e sposa il 26 giugno 1924 Ottilia Reschitz. In Argentina lavora alle ferrovie continuando a svolgere attività sindacale. Risulta tesserato della Lega Metallurgica, iscritto al Partito Comunista argentino, segretario del Soccorso Rosso internazionale e socio della filodrammatica “Risveglio”. Anche la moglie risulta iscritta al Partito Comunista. Nel 1930 un infortunio di lavoro gli provoca la perdita della falange di un dito della mano sinistra. Il 30 gennaio 1933, dopo numerosi arresti e carcerazioni, viene arrestato dalle autorità argentine perché accusato di complicità nella preparazione di un movimento insurrezionale tra i ferrovieri. Colpito da provvedimento di espulsione ottiene, grazie all’interessamento del Partito Socialista, di non essere mandato in Italia e col piroscafo spagnolo “Asturias”, sbarca con la moglie il 7 ottobre 1933 a Vigo in Galizia. Porta con sé una lettera di presentazione del Partito socialista argentino per il deputato socialista spagnolo Gomez Trifòn. La famiglia si stabilisce a Madrid, dove Zanoni aderisce al Partito Socialista spagnolo (PSOE) e riprende la sua attività politica e sindacale nella UGT (Uniòn general del Trabajo), tanto da essere di nuovo arrestato nel 1934 a seguito del tentativo insurrezionale nelle Asturie. Espulso e privo di documenti il 7 marzo 1935 si trova a Tolosa da dove segnala le difficoltà legate alla mancanza di documenti di soggiorno e le speranze di ottenere un indulto alla sua condanna. Rientrato in Spagna, allo scoppio della guerra civile nel luglio 1936 è tra i primi difensori della Casa del Popolo di Madrid. Arruolatosi all’Esercito Popolare repubblicano, si trasferisce al fronte assieme a Fernando De Rosa, e successivamente in Aragona al comando di una sezione della Colonna “Mangada” poi diventata 49. Brigata Mista e successivamente, assieme a Nino Nannetti, al comando della 90. Brigata Mista “Pasionaria”, composta da tre battaglioni, con cui partecipa alla battaglia di Guadalajara. Dopo l'invio di Nannetti sul fronte del nord, passa nel dicembre 1937 nelle Brigate Internazionali nella Brigata Garibaldi, prima come commissario politico e successivamente come comandante dell’intera Brigata dal 19 novembre 1937 al 17 marzo 1938 col grado di maggiore. Partecipa alle battaglie di Belchite, Brunete, Estremadura e Aragona, ed è anche per un breve periodo comandante provvisorio dell’intera 45. Divisione nella quale è inquadrata la Brigata Garibaldi. Il 17 marzo 1938 viene destituito da Hans Kahle dopo le sconfitte di Caspe, con l'accusa di non avere eseguito correttamente gli ordini ricevuti e sostituito nel comando della Brigata Garibaldi da Eloy Paradinas. Zanoni è quindi trasferito a lavorare come capo reparto in una fabbrica di proiettili. Richiamato al fronte a seguito dei rovesci militari dell’esercito repubblicano, partecipa all’ultima offensiva repubblicana sull’Ebro. Rientrato in Francia nei primi mesi del 1939 con i resti delle Brigate Internazionali, Zanoni è internato nel campo di Saint Cyprièn, dove è responsabile del campo 7bis. Liberato si reca insieme a Pietro Nenni a Perpignan per cercare di migliorare la situazione degli internati nei campi sulle spiagge del Rossiglione e così testimonia il primo marzo 1939: “Disgraziatamente per noi nulla si può al momento sperare. Nessun aiuto materiale. La nostra precipitata migrazione ha prodotto una disorganizzazione tale che al momento non è possibile stabilire il contatto necessario tra noi: la nostra situazione di rifugiati al campo di Argelès-sur-Mer è senza dubbio moralmente degradante. Il vitto basta ma [i prigionieri] vivono in una spiaggia con eccessiva agglomerazione, esposti alle intemperie. Non so se sono trattati come prigionieri di guerra o come volgari delinquenti”. Tenta allora di emigrare con la famiglia in Messico con l’aiuto del Partito Comunista spagnolo e di Pietro Nenni. Il visto gli viene però negato in quanto non nativo spagnolo, ma in realtà Zanoni avrebbe diritto alla nazionalità spagnola avendo risieduto lì per oltre 7 anni e la figlia ha la cittadinanza spagnola. La motivazione del rifiuto gli sembra assurda perciò' chiede inutilmente l’intervento di Nenni per risolvere la questione, ma apprende che il Messico respinge coloro che non sono spagnoli dalla nascita. Successivamente trasferito a Privas (Ardèche) con la moglie e la figlia Sonia, alla quale l’anno dopo si aggiunge una seconda figlia Aida nata, secondo una lettera del 19 giugno 1939, in condizioni miserevoli in una stalla e Zanoni si lamenta del fatto di non aver ricevuto aiuto per ottenere quello che gli spetta. Trasferitosi a Grepiac (Alta Garonna), dopo la capitolazione della Francia ai tedeschi Zanoni è trasferito con la famiglia prima al campo di Noè e poi in quello di Barcarès. Il 31 agosto 1939, si dichiara solidale con la posizione presa dal partito socialista rispetto al Patto di non aggressione tra Germania e Russia, che vede come un tradimento contro il socialismo e il proletariato. Viene allora trasferito al forte di Vernet d’Ariège e da qui il 9 agosto 1944, su disposizione della Polizia di Sicurezza di Bordeaux, viene consegnato ai nazisti che lo deportano con il famoso "Train Fantome" nel campo di Dachau nei pressi di Monaco di Baviera, come prigioniero spagnolo, matricola 94098. Liberato il 29 aprile 1945 torna prima in Francia e poi in Italia, ed è vice segretario nazionale del Sindacato Ferrovieri Italiani-CGIL e aderisce al Partito Socialista Unitario. L’anno dopo passa al PSDI, mantenendo sempre i contatti col Partito Socialista spagnolo in esilio, e sino ai suoi ultimi anni, svolge attività sindacale nell'organizzazione dei ferrovieri, con i quali aveva iniziato il suo impegno. Muore a Roma il 19 marzo 1967.