Soldaini Giovanni di Umberto e Romoli (o Rondoli) Lionella, nato il 2 maggio 1910 a Livorno. Fornaio, comunista. Membro del Partito Comunista d’Italia sin dalla giovane età, emigra clandestinamente il 22 dicembre 1934 in barca, con un gruppo di altri antifascisti, per sfuggire alla cattura da parte della polizia. Sbarca il 23 dicembre in Corsica a Bastia, dove lavora come fornaio ì a Mortifao e a Santa Maria fino all’aprile del 1935, quando si stabilisce a Cannes (Costa Azzurra), dove abita 4 mesi presso il cugino Marsilio Dolfi, anch’egli comunista. Tornato in Corsica lavora in un panificio di Campana, dove rimane fino quando un decreto di espulsione lo costringe a riparare a Bastia. Ancora a Cannes nell’aprile del 1936, festeggia la vittoria del Fronte Popolare francese. Tornato a Bastia in ottobre decide di partire volontario per la Spagna. Si imbarca con Aladino Frangini e Dino Rabuzzi, sul piroscafo San Pietro diretto a Marsiglia, da dove prosegue per Barcellona sul piroscafo “Ciutad de Madrid”. Arrivato il 3 novembre prosegue per Albacete, base delle Brigate Internazionali, ed è arruolato nella Formazione Picelli, con la quale confluisce poi nel battaglione Garibaldi. Combatte a Cerro de los Angeles, Città Universitaria, Puerta de Hierro, Pozuelo de Alarcon, Boadilla del Monte, Mirabueno, Majadahonda e sul Jarama. Il 9 luglio 1937 resta ferito a Brunete mentre combatte con la 12. Brigata Garibaldi, ed è promosso sergente del 2. Battaglione. Guarito è assegnato al deposito rifornimenti di Quintana. Poi il 2 febbraio 1938 riprende il suo posto nella brigata e combatte in Estremadura, Caspe, Ebro e nella ultima difesa di Barcellona. Caduta la città è costretto a portarsi alla frontiera con le colonne di profughi per non cadere in mano ai franchisti. Ripara in Francia il 7 febbraio 1939 e viene internato a S. Cyprien (secondo altre fonti Argelès), Gurs (Iliot E, gruppo italiano fino al maggio 1939) e dal 5 giugno 1940 al Vernet (settore C, reduci di Spagna, baracca 46) in quanto attivista estremista pericoloso per la sua propaganda contro l'arruolamento nelle CTE. Il 7 aprile 1941 è tradotto in Italia e arrestato dalla polizia italiana a Mentone insieme Giuseppe Alberganti, Dino Rabuzzi, Eugenio Giovanardi de Marco Perpiglia. Portato a Livorno, dopo un interrogatorio è deferito alla Commissione Provinciale che lo assegna il 30 maggio 1941 a 5 anni di confino a Ventotene, da dove è liberato il 21 agosto 1943. Stabilitosi con il fratello sfollato a Vico Pisano, durante l'occupazione tedesca è partigiano nella Resistenza. Iscritto al PCI nel dopoguerra muore a Livorno all'età di 58 anni, il 5 aprile 1968 (o 1969).