Visentini Ferrer Giovanni di Ulderico e Martinis Maria, nato il 22 dicembre 1910 a Trieste (allora facente parte dell’Austria-Ungheria). Verniciatore e tappezziere, comunista. Il padre Ulderico, calzolaio socialista e poi comunista, assegna ai suoi figli nomi molto indicativi, al primo Lasalle, capo dei socialdemocratici tedeschi nel 1899; al secondo Giordano Bruno: al terzo Luigi, nome del fratello della moglie; al quarto Darwin: al quinto Ferrer in memoria di Francisco Ferrer i Guardia, famoso pedagogista anarchico catalano fucilato l’anno prima, il 13 ottobre 1909 a Barcellona. Dopo aver vissuto la prima guerra mondiale a Maribor in Slovenia, frequenta le scuole elementari e due anni di medie, ma alla vigilia della marcia su Roma, i fascisti di Francesco Giunta feriscono a Trieste suo padre, tra i fondatori del Partito Comunista nella città e consigliere comunale il 22 aprile, che morirà per le ferite in ospedale l’11 giugno 1922. Rimasto orfano, a 13 anni e mezzo comincia a lavorare come apprendista tappezziere presso un carrozziere d'auto. A 16 anni nel 1926 entra nella Federazione giovanile comunista, di cui a 18 anni diviene responsabile per Trieste. Svolge attività clandestina in città e nei cantieri navali e nel 1928 è iscritto al Partito Comunista d'Italia. Nell'estate 1930 il Partito gli propone di trasferirsi a Milano, dove conosce Piero Secchia, per ricostruire l’organizzazione giovanile. Rientrato a Trieste a vedere la famiglia in ottobre scopre di essere ricercato. Torna allora a Milano con documenti falsi. Arrestato il 21 gennaio 1931 a Sesto San Giovanni (Milano) per una delazione, l'11 aprile il Tribunale Speciale lo rinvia a giudizio per riorganizzazione del disciolto Partito comunista a Trieste, Pola e Gorizia e poi a Milano, per propaganda sovversiva e per uso di documenti falsi. Il 10 novembre lo condanna a nove anni di reclusione, a due anni di libertà vigilata e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Scontata la pena nel penitenziario di Lucca (matricola 4234) fino al 1933 e poi in quello di Civitavecchia, dove frequenta alcune personalità rilevanti dell’antifascismo quali Valiani, Scoccimarro, Terracini, Pajetta. Viene rilasciato il 3 ottobre 1934 per effetto dei provvedimenti di clemenza (R.D. 5 novembre 1932 n. 1403 e R.D. 25 settembre 1934 n. 1511). Tornato a Trieste, riprende l'attività clandestina e il 6 maggio 1935 è nuovamente arrestato. L’8 maggio la Commissione provinciale di Trieste lo condanna per organizzazione comunista a due anni di confino, che sconta a Ponza dove arriva il giorno 15 e conosce Sandro Pertini e Altiero Spinelli. Liberato l'8 maggio 1937, viene mandato a Trieste, con l’obbligo di sottostare alla libertà vigilata. Dopo due settimane di permanenza in città, si porta da Monfalcone a Genova espatriando in Francia il 24 maggio 1937con una corriera da San Remo a Nizza, con passaporto falso intestato ad uno scultore austriaco, Si stabilisce a Parigi il 27 maggio, dove si trova anche il fratello Luigi, funzionario del PCd’I, che non vedeva da 8 anni. L’ultima domenica di maggio partecipa alla commemorazione popolare in ricordo dei 30.000 combattenti caduti nella difesa della Comune di Parigi del 1871, dove la folla inneggia alla difesa della Repubblica spagnola. Chiede subito di partire per la Spagna, ma gli viene invece prospettata la possibilità di recarsi in Unione Sovietica per frequentare la scuola leninista. Visentini risponde che dopo tanti anni di carcere e di confino, passati a studiare, sente il dovere di partire per la Spagna. Nel frattempo è assegnato provvisoriamente alla segreteria della rivista del Partito “Lo Stato operaio”, diretta da Ruggero Grieco. In quel periodo incontra a Parigi Giuseppe Boretti, fuggito dal confino all’isola d’Elba, anche lui in attesa di una decisione sulla partenza, che ha conosciuto a Ponza e Italo Nicoletto. Alla fine tutti e tre ricevono l’assenso alla partenza per la Spagna come volontari. Visentini giunge nel gennaio 1938, con l’aiuto dei ferrovieri francesi che lo aiutano a passare il confine. Dopo essere passato da Figueras, Barcellona ed Albacete, è inviato a Quintanar de la Repùblica per il periodo di istruzione nella Brigata Garibaldi, necessario anche perché per le sue vicissitudini politiche non ha svolto il servizio militare. Lì conosce Giovanni Pesce nel febbraio del 1938. E’ assegnato al 4. battaglione, compagnia mitraglia della Brigata Garibaldi. Partecipa all'ultima fase della disastrosa battaglia di Caspe nella primavera del 1938, quando l’offensiva franchista divide in due il territorio della Repubblica. Successivamente partecipa all’ultimo tentativo di attacco repubblicano sull’Ebro nel luglio 1938. Sul fronte da settembre, accanto a lui muore Giuseppe Boretti, colpito al cuore da un cecchino. Con la battaglia ancora in corso, il governo repubblicano decide il 24 settembre 1938 il ritiro dei volontari internazionali. Dopo aver partecipato alla sfilata di saluto della popolazione di Barcellona ai volontari smobilitati, il 28 ottobre 1938 è avviato al campo di smobilitazione di Torellò. Essendo in possesso di permesso di soggiorno in Francia, Visentini può partire per Parigi il giorno di Natale 1938 con Italo Nicoletto. Qui continua a lavorare nell'assistenza ai volontari antifascisti di Spagna ed è collaboratore del quotidiano dell'UPI (Unione popolare Italiana) "La Voce degli Italiani". Da gennaio lavora all’Amicale dei volontari in Spagna. Dopo l’inizio cella guerra mondiale e l’invasione della Francia da parte dei nazisti, svolge attività clandestina nella Francia occupata e per vivere fa lavori di falegnameria e poi in una fabbrica di mine insieme a Giuseppe Gaddi. Il 21 giugno 1941 è arrestato dalla Gestapo e dopo essere stato interrogato all’Hotel Martignon viene rinchiuso nel campo di Compiègne. Trasferito in un campo secondario sul fiume Somme, è liberato in seguito dagli americani, Il 9 settembre rientra a Parigi, stabilendosi nell’appartamento del fratello e lavorando all’Associazione ex deportati. Riprende l’attività nel Partito Comunista, Nell'aprile 1945, rientra in Italia con un gruppo di 30 compagni italiani ed il fratello e attraversando la Alpi, giunge a Torino appena liberata e da lì torna a Trieste, ancora occupata dai partigiani jugoslavi. Dopo la Liberazione ricopre numerosi incarichi politici nel Partito comunista, prima a Trieste, dove dirige il quotidiano “Il Lavoratore” insieme a Mario Pacor. In disaccordo con la linea politica del Partito comunista del Territorio Libero di Trieste, che sostiene l’adesione alla Jugoslavia, chiede di essere trasferito e nel 1947 svolge attività politica nel Veneto ed in Trentino. Poi si sposta a Pordenone per ritornare in Trentino. Dal 1951 al 1966 dirige le Federazioni di Treviso (1951-1955) e di Vicenza (1955-1966), dove è consigliere comunale dal 1964 al 1970. Poi passa a Roma, presso alla Direzione del PCI, rivestendo incarichi anche nell'ANPPIA e nell'AICVAS. Tornato a Vicenza nel 1970, vi muore l'11 febbraio 2001. Nel 2002 viene pubblicata la sua autobiografia dal titolo “Ferrer Visentini: un antifascista racconta”, a cura di Annalisa Tosato.