Gentilucci Federico di Francesco e Bellarba Annunziata. Comunista. Di professione operaio e tipografo. Giovanissimo, dopo la morte del padre avvenuta nel 1918, Si trasferisce con tutta la famiglia a Fabriano. Ha due sorelle e la madre. Per mantenere la famiglia, inizia a lavorare come operaio in una delle fornaci Cittadine. Dopo la licenza elementare Federico inizia a sua volta a lavorare presso la Tipografia Economica dell'anarchico Giuseppe Vedova, frequentando il figlio Cafiero, il nipote Attilio Franca e l'operaio Antonio Arteconi. L'atmosfera libertaria e gli ideali socialisti sono di casa nella tipografia e Federico ne rimane particolarmente colpito. Con la costituzione del Partito comunista diviene segretario del locale Circolo giovanile. Nella tipografia in cui lavora si stampano manifestini antigovernativi, che lo stesso Gentilucci affigge con alcuni suoi amici sui muri di Fabriano. La comparsa del fascismo rinforza le sue convinzioni politiche. Nel 1922 é imputato di voler mutare violentemente la costituzione dello Stato. Il 23 settembre 1923, é prosciolto per non aver commesso il fatto. Intanto subisce le violenze fasciste con perquisizioni e bastonature, Nel 1926 decide di abbandonare Fabriano avendo perso il proprio lavoro e ormai troppo sorvegliato dal regime. Dopo un breve periodo passato in alta Italia a introdurre e diffondere stampa sovversiva (Padova, Trieste), espatria clandestinamente in Francia attraversando la frontiera via mare. Sempre via mare si reca a Nizza e da qui a Parigi, dove sosta per cinque mesi mettendosi in contatta con elementi antifascisti. Abbandonata la Francia si stabilisce a Esch-sur-Alzette (Lussemburgo) trovando occupazione in un'officina. Iscritto in Rubrica di Frontiera è schedato come comunista pericoloso. A Esch-sur-Alzette è a capo di una cellula comunista e subito su di lui grava il decreto di espulsione. Espulso sul finire del 1928 (decreto del 22 novembre 1928) ripara in Belgio per poi passare in Francia, a Parigi, dove si stabilisce nell'aprile 1929, Riprende il suo lavoro di tipografo riuscendo a stampare un piccolo giornale politico in lingua italiana. Nell'ottobre 1932 la polizia italiana teme Che possa rientrare clandestinamente nel regno per svolgere incarichi di parti. to in Piemonte e in Lombardia. ln realtà non rientra in Italia, tutto preso a risolvere problemi personali legati alla sua posizione clandestina in Francia, non essendo in regola con la carta d'identità di lavoratore. Lavora Clandestinamente in una tipografia di Enghien e abita in una baracca di legno nella zona del comune di Saint Queen, non se la passa bene ed è costretto a far ricorso ai sussidi del Soccorso Rosso. Nei primi mesi del 1935 è espulso anche dalla Francia per attività sovversiva. Resta in Francia clandestinamente e continua intensamente il suo impegno di dirigente comunista. Il 16 maggio 1936 prende pane alla conferenza antifascista tenuta a Parigi da Luigi Longo, nella quale si critica l'aggressione italiana all’Etiopia. Collabora al giornale "Idea popolare" e vive in una piccola tipografia al numero 130 di rue de Bagnolet a Parigi, Qui stampa il materiale di propaganda del Partito comunista italiano, coordinando il lavoro con Giuseppe Pieretti detto "Pedro". Stampa inoltre il materiale per la fratellanza antifascista romagnola e marchigiana. Nell'ottobre 1936 parte per la Spagna passando per Perpignano. Arruolato nel Battaglione Garibaldi, 2. compagnia, come sergente, combatte a Cerro Roio e a Casa del Campo nella difesa di Madrid. Ferito alla coscia il novembre 1936, ritorna al fronte dopo otto giorni di convalescenza. Prende parte ai combattimenti a Pozuelo, Boadilla, Mirabueno, Majadahonda. Arganda, Guadalajara. Nel marzo 1937 è in licenza a Denia. Poi ritorna a combattere a Huesca e a Brunete. Telefonista, durante la guerra è spesso ammalato. Nel numero 17 de “Il garibaldino” organo della Brigata Garibaldi del 21 ottobre 1937, Giacomo Calandrone con il suo pseudonimo di Canapino, pubblica un ritratto umoristico del volontario:” Marchigiano. Tipografo di professione. Dovette emigrare precipitosamente dall’Italia, poco dopo l’avvento al potare del fasciamo, per più spirabili auree, per contrade dove non vi fossero in agguato i fasciati ad attendarlo per rompergli lo testa. Emigrò in Lussemburgo, ma la reazione del Granducato lo espulse. Anche in Francia, perla sua attività antifascista, si meritò la simpatia dei... poliziotti. Dopo di aver combattuto molto tempo nelle formazioni del 2. Battaglione, attualmente è telefonista alla Brigata. Ha un vocione da orco dagli stivali dalle sette leghe. ma ha un'andatura lenta: sembra che cammini sull’ uovo. In Francia era un inseparabile di Spartaco; li avevano soprannominati i fratelli siamesi, che per quanto le loro spine dorsali fossero ben distinte, erano sempre assieme. E’ venuto in Ispagna, dice, per vendicarsi di tutte la carezze fasciste somministrategli in Italia... A Guadalajara pagò una parte del suo debito verso le camicie nere... Spera di tacitare tutta la partita alla prossima occasione...”. Nel febbraio 1938 ottenuta una licenza di convalescenza rientra in Francia e non fa più ritorno in Spagna. Si stabilisce a Parigi e lavora saltuariamente presso la tipografia Meneghellini. ln questo posto di lavoro gli viene notificato il decreto d'espulsione perché sprovvisto di documenti. Nel maggio 1940 si reca al consolato d'Italia per chiedere il passaporto ma gli viene negato- Arrestato gli viene posta l'alternativa di arruolarsi nella Legione Straniera francese o di finire in un campo di concentramento. Gentilucci sceglie l'internamento; tradotto nel campo di concentramento di Roland Garros dopo circa 20 giorni è trasferito al Vernet. Qui fa domanda di rimpatrio, ma vorrebbe prima essere amnistiato. Rimpatriato l'8 aprile 1941 è subito arrestato a Mentone. Il 30 aprile è interrogato nella Questura di Ancona e condannato a due anni di confino da scontare a Ventotene. Finita la pena nuovamente internato, Liberato dopo la caduta del regime rientra a Fabriano. Aderisce subito al movimento di resistenza ed è tra i fondatori del giornale clandestino "La Riscossa", organo del C.L.N, di Fabriano. Muore il 7 febbraio 1984 a Fabriano.
Annotazioni: Basato sulla scheda biografica redatta da Roberto Lucioli per il volume Gli antifascisti marchigiani nella guerra di Spagna (1936-1939) [Ancona]: ANPI Marche/Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nelle Marche, stampa 1992 sulla base delle seguenti fonti: Comune di Fabriano: Archivio Centrale di Stato. Fondo Casellario Politico Centrale; A. Lopez, L \\\'antifascismo meridionale guerra di Spagna, Aicvas. Roma 1982, p.21; A. Lopez, Il Battaglione Garibaldi Aicvas. Roma 1990, p.43; G. Calandrone, La Spagna brucia Editori Riuniti. Roma 1974, p.99;A. Dal Ponte S. Carolini L’Italia al confino 1926-1943, La Pietra, Milano 1983, p.1185; AA.VV. , Movimento operaio e Resistenza a Fabriano 1884-1944 Argalia. Urbino 1976.pp. 45,71,151,155,180; A. Maniera, Nelle trincee dell\\\'antifascismo Argalia, Urbino 1970, pp. 19,214,216; G. Mari, Guerriglia sull\\\'appennino Argalia, Urbino 1965, pp. 319,348.
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