Vergan Giuseppe di Giuseppe e Vergan Antonia, nato il 6 febbraio 1904 a Koper/Capodistria (Slovenia). Operaio, comunista. Sin da ragazzo svolge una intensa attività è politica in Istria, aderendo al Partito Comunista dal 1921 e venendo più volte arrestato. Nel gennaio del 1929 viene arrestato insieme ad un gruppo di contadini di Maresego per propaganda comunista. Deferito al Tribunale speciale nell'ottobre 1929, è scarcerato il 25 febbraio 1930 per insufficienza di prove a suo carico. Viene comunque assegnato al confino per tre anni alle isole Lipari e Tremiti. Scontata la pena rientra in Istria. Nuovamente perseguitato, nel 1933 espatria clandestinamente in Jugoslavia. Espulso da quel Paese, è in Austria nel 1934 e poi in Francia a Parigi nel 1935. Da qui viene inviato dal Partito comunista nei dipartimenti di Lot, della Garonna e della Dordogna, dove svolge attività antifascista. A seguito dello scoppio della guerra civile, il 12 settembre 1936 riceve da Parigi una raccomandata dal Partito per recarsi alla stazione il giorno 15. A Parigi si reca prima alla sezione jugoslava e poi a quella italiana, dove discute con Gino d’Alba del lavoro svolto fra gli emigrati italiani. Il 18 partecipa alla conferenza internazionale per la Spagna a cui sono presenti Andrè Marty, Luigi Longo e Giuseppe Di Vittorio e dove viene deciso l’invio di volontari internazionali. Così Vergan ricorda quel momento: “La sala era eccitata, elettrizzata. La tensione e la bellicosità aumentavano di minuto in minuto. Sul podio di susseguivano gli oratori continuamente interrotti dagli slogan. Infine perse la parola nuovamente Marty: “Le dodici sono suonate” disse. “Siete pronti a entrare in lotta contro l’ingiustizia e la violenza?” “Si” fu la risposta della sala in tutte le lingue. “Compagni, siete disposti a scarificare anche la vostra vita combattendo contro il terrore fascista e per la repubblica democratica spagnola?” Un altro “Si, lo siamo” rimbombò nella sala.” Chi vuole entrare nelle Brigate Internazionali si levi in piedi!” Nella sala vi fu un movimento e grida di entusiasmo. Tutti furono in pedi. Si levarono rossi vessilli. Dalla galleria esplose una pioggia di manifestini rossi. Tutta la sala ebbe un fremito. Qualcosa del genere non avevo mai visto prima. Si levarono le note dell’Internazionale. L’inno dei proletari era cantato con entusiasmo in 50 lingue contemporaneamente”. Parte il 20 settembre prendendo il treno fino a Cerbera in prossimità del confine spagnolo. Con lui partono Marci Sfiligoi, Romano e Albino Marvin e Alessandro Sinigaglia, in un gruppo di 500 volontari. Alla stazione li attendono le guide francesi che li accompagnano attraverso i Pirenei in una marcia interminabile notturna. Raggiunta Figueras, dopo tre giorni di esercitazioni militari, parte per Barcellona, Valencia fino ad Albacete, sede delle Brigate Internazionali. Arruolato nel Battaglione Garibaldi, XII Brigata Internazionali, raggiunge Madrid gravemente minacciata dai militari insorti. Combatte al Cerro de los Angeles, alla Città Universitaria, Aragona ed Estremadura e raggiunge il grado di tenente della 1. Compagnia, 5. Battaglione. Rimasto ferito è assegnato nelle retrovie al servizio postale della brigata Garibaldi insieme a Dragutin Gustincic. Nel 1938 rientra al fronte al comando di una batteria anticarro ed è nuovamente ferito nel corso dell’ultima offensiva repubblicana sull’Ebro. Dopo il ritiro dal fronte dei volontari internazionali, deciso dal governo repubblicano nel settembre 1938, è avviato in un campo di smobilitazione. Lascia la Spagna alla caduta del fronte catalano nel febbraio 1939 ed è internato in Francia ad Argelès-su-Mer da dove esce su garanzia del fratello, ormai cittadino francese. Dopo lo scoppio della II guerra mondiale e l’invasione della Francia da parte dei tedeschi, dal 1941 è tra i maggiori organizzatori dei Francs-Tireurs et Partisans nei dipartimenti di Lot e Garonna, acquisendo il grado di capitano delle forze armate di liberazione francesi. Nel dopoguerra rientra a Capodistria. Muore a Sezza (Pirano) il 15 luglio 1975.