Terramagra Giuseppe di Vincenzo e Mirasole Giuseppa, nato il 30 settembre 1905 a Piazza Armerina (Enna). Meccanico, comunista. Dichiarato inabile al servizio militare, inizia a lavorare in paese come meccanico. Coniugato con Vincenzina Cremonesi. Viene segnalato come iscritto al Partito Comunista. Trasferitosi a Milano lavora come meccanico nella fabbrica di aeroplani della Isotta Fraschini, dove organizza una tipografia clandestina, che stampa materiale antifascista. Braccato dalla polizia, il 27 ottobre 1936 espatria profittando di una gita a Lugano in Svizzera, con passaporto collettivo, stabilendosi a Basilea. Da lì raggiunge Parigi dove entra in contatto con i circoli dei fuoriusciti italiani. Allo scoppio della guerra civile raggiunge la Spagna nel novembre 1936 e molto probabilmente è arruolato nel battaglione Garibaldi e poi nel 3° battaglione della brigata omonima. Caduto il 25 luglio 1937 a Brunete. Si ritiene sepolto nel cimitero delle Brigate Internazionali di Fuencarral (Madrid). Il 7 agosto 1937 il giornale della Brigata Garibaldi "Il Garibaldino", pubblica nel numero 7 il necrologio di Terramagra. a firma Giacomo Calandrone col suo pseudonimo Canapino: “Lo ricordo infagottato negli abiti militari, muoversi, correre, agitarsi nelle caserme di Albacete e della Roda, durante il periodo accelerato di istruzione che il contingente Picelli compiva prima di raggiungere i compagni al fronte. Così esile, piccolo, giallognolo sembrava un cinese, uno di quei cinesini di porcellana da salotto, non un guerriero. La sua salute era fragilissima. Il clima della Roda, che non era certamente siberiano, gli dava raffreddori, raucedini, tosse...Ma a queste delizie mi ero abituato, diceva: " Sono anni che lavoro a Milano, la città fredda e nebbiosa." Era un buon meccanico, lavorava all’Alfa-Romeo, guadagnava bene. Scoppio l’insurrezione in Ispagna, volle partire, partì, malgrado gli scagnozzi monturati italiani, malgrado la sua salute, malgrado che avesse moglie e figlie. Lo misero a fare il furiere di compagnia. Picelli aveva pieta di lui. Gli sembrava impossibile che un uomo ammalato cosi, anche se animato da una grandissima volontà di lotta, potesse affrontare le fatiche di guerra. Fece di più, lo convinse a restare a lavorare in una fabbrica di ... Era un buon meccanico, no ?, che costruisse allora, per la guerra, invece di distruggere... Ma si, ve lo immaginate voi uno che parte dall’ltalia per battersi e che invece continua, su altro suolo e con altri mezzi, la stessa vita, lo stesso lavoro di prima? Terramagra non avrà pace finchè non riuscirà a raggiungere il fronte. Tempesta di lettere e di domande la Base delle Brigate Internazionali, ma non lo lasciano partire! è un buon operaio, è malato... Ma la costanza ha sempre superato i rifiuti. In primavera, Terramagra ci raggiunge a Huete. Mi si presenta davanti con un fucile più alto che lui “Terramagra, tu qui?” Si offese dell’interrogazione. Perchè, non era un combattente come un altro? Povero e grande compagno, dalla salute di vetro ma dal morale di ferro, hai voluto batterti con il fucile alla mano per la libertà dei popoli. Non la lima, ma il fucile volevi maneggiare. E ti sei battuto come gli altri, con coraggio, energia, volontà, e come tanti buoni compagni, tanti amici, tanti fratelli sei caduto per sempre sulla terra che diventa per noi sacra ogni giorno di più, per il sangue dei nostri caduti! Addio, Terramagra!”