Poma Anello di Claudio e Manacorda Giuseppina, nato il 27 luglio 1914 a Biella nel Rione Riva, secondo di cinque figli. Attaccafili, comunista. Il nome Anello è frutto di un errore dell’impiegato della anagrafe, in realtà il nome corretto è Nello e così sarà chiamato da parenti e amici. Il padre era calzolaio e la madre impiegata tessile dovette lasciare il lavoro quando la famiglia divenne troppo numerosa. Cresciuto in un ambiente di proletari, Nello frequenta le scuole elementari fino alla quinta classe, abbandonando poi gli studi per iniziare a lavorare a quattordici anni come attaccafili nei lanifici Rivetti, allora il più grande stabilimento tessile di Biella. Frequenta il comunista Domenico Bricarello che gli fornisce opuscoli clandestini e lo indirizza alle letture dei classici come Dumas, Zola, ecc. Nel 1934 entra nel Partito Comunista d’Italia e subisce un primo licenziamento per essersi scontrato col direttore dello stabilimento e poi un secondo dal lanificio Bracco dove si era trasferito a lavorare. Chiamato al servizio militare è congedato per insufficienza toracica dopo 15 giorni, per lo più passati in cella di rigore. Allo scoppio della guerra civile spagnola chiede al Partito di poter partire volontario, ma all’inizio il permesso gli viene negato perché è ritenuta più utile la sua presenza in Italia. Ottenuta finalmente l’autorizzazione, all'inizio di agosto del 1937 si reca a Parigi, con passaporto collettivo, in occasione dell'Esposizione internazionale insieme al compagno Pio Borsano. Con l'aiuto del Partito si unisce ad altri volontari e via Carcassone attraversano i Pirenei clandestinamente. Giunto ad Albacete il 23 agosto è arruolato nella 3. compagnia del 3. battaglione della brigata Garibaldi, nel mese di ottobre prende parte all'offensiva repubblicana sul fronte di Saragozza, combattendo a Fuentes de Ebro. Combatte poi a Campillo in Estremadura, dove, il 16 febbraio 1938, viene ferito al braccio sinistro. Dimesso dall'ospedale di Murcia ed inquadrato nella 1. compagnia del 1. battaglione, nel mese di aprile partecipa alla ritirata in Aragona, combattendo a Gandesa e riportando una ferita al ginocchio. Nel mese di luglio 1938 è nuovamente ferito, alla gamba sinistra, sul fronte dell'Ebro. Ritornato alla brigata, è inquadrato nel reparto d'assalto e, nel mese di settembre, combatte a Sierra de Caballs, nell’ultima battaglia dell'Ebro, riportando una terza ferita, alla testa. Dopo il ritiro dei volontari internazionali nel settembre 1938, esce dalla Spagna nel febbraio del 1939 dalla frontiera di Port Bou, è internato per due anni nei campi francesi di Argelès-sur-Mer, Gurs e successivamente a Vernet d'Ariège. Anni dopo nell’articolo dal titolo “Come vissero gli ex combattenti delle brigate internazionali nei campi di concentramento francesi” pubblicato sulla rivista “L’impegno”, a. XVII, n. 2, agosto 1997, così ricorderà la vita nei campi: ”La preoccupazione principale degli organizzatori del campo fu tuttavia quella di assicurare che gli internati continuassero a pensare, e anzi mettessero a profitto quel loro ozio forzato accrescendo le loro cognizioni politico-culturali. La vita - per così dire - “culturale” nel campo iniziava al mattino con la lettura del giornale. Nel la mia baracca toccò a me quest’incarico della lettura ad alta voce del quotidiano. Pur non essendomi ancora impadronito sufficientemente della lingua francese, la traduzione in italiano mi riusciva abbastanza facile. Si finiva poi la sera, con la lettura, sempre collettiva, di un qualche romanzo a sfondo sociale, e toccava ancora al sottoscritto adempiere a quell’incarico. Ricordo che, a confermarmi in quella mansione, contribuì forse un poco la mia dizione abbastanza corretta, ma ancor più la mia risata contagiosa. Mi poteva capitare, nel corso della lettura, d’imbattermi in qualche brano umoristico, e io, anziché attendere di unirmi alla risata generale, la provocavo: avevo colto con un’occhiata il seguito del discorso e, prorompevo in una risata fragorosa che trascinava anche gli altri; avevo allora 25 anni. Trascorrevamo nello studio collettivo o nella lettura individuale il tempo che divideva la lettura mattutina da quella serale: il lavoro collettivo era compiuto su testi di studio, quello individuale su libri che le ricche letterature francese e russa ci fornivano e che ricevevamo dagli emigrati italiani residenti in Francia, in Svizzera o nel Belgio. I testi di studio erano gli articoli di “Stato Operaio”, le opere di Lenin che erano in circolazione e, tradotti in francese, alcuni libri di economia politica, tra i quali ricordo il “Précis d’economie politique”, di Leontiev, fino alla Storia del Partito comunista bolscevico dell’Urss, uscita allora. Non ultimo era lo studio delle lingue, soprattutto il francese, e poi di altre materie quali la matematica; quest’ultima materia ce la insegnava un valente professore albanese. Lo sport faceva pure parte delle nostre occupazioni, ma potevamo praticare solo la pallavolo, che era naturalmente riservata ai più giovani di noi. In quanto agli esercizi ginnici non smentivamo la proverbiale avversione degli italiani per questo genere di applicazione. Ma l’occupazione più impegnativa e continua restava lo studio.” Dopo l’invasione della Francia da parte dei tedeschi, Il Partito Comunista chiede ai suoi quadri di rientrare in Italia dove possono essere più utili. La sua richiesta alle autorità italiane viene accettata e quindi è rimpatriato il 7 dicembre 1941. Arrestato alla frontiera perché iscritto nella Rubrica di Frontiera, è tradotto a Vercelli per un paio di mesi. Deferito alla Commissione Provinciale, 20 marzo 1942 è condannato a cinque anni di confino. Inviato a Ventotene (Latina), incontra Mauro Scoccimarro, Pietro Secchia, Luigi Longo, Giuseppe Di Vittorio ed inoltre Sandro Pertini Ernesto Rossi, Altiero Spinelli e Umberto Terracini. Oltre a seguire i corsi di formazione politica, Poma si lega alla figlia della compagna di Scoccimarro, Vinca Berti, in un rapporto che durerà fino al dopoguerra. Liberato il 26 agosto 1943, torna a Biella e col nome di battaglia di “Italo”, si mette subito al lavoro, insieme ad Adriano Rossetti e Pietro Pajetta (anche loro reduci di Spagna), per l’organizzazione dei primi gruppi armati dai quali sarebbe sorta la 2. Brigata Garibaldi "Biella" e poi la divisione "Nedo", della quale Italo diventata commissario politico (corrispondente a tenente colonnello, il grado più alto concesso all’esercito partigiano). La fine della guerra di liberazione vede Poma commissario politico del Comando Raggruppamento Divisioni Garibaldi del Biellese. Segretario della Federazione comunista di Vercelli subito dopo l'insurrezione per alcuni mesi, Poma è chiamato a Roma nella commissione nazionale di organizzazione del partito a lavorare con Pietro Secchia, ma vi rimane poco. Nel settembre del 1945 torna a Biella, eletto vicesegretario della Federazione comunista biellese e valsesiana, dirige il settimanale “Vita Nuova”. Nel 1946 è eletto consigliere comunale di Biella, incarico che ricoprirà per quarant'anni. Dal 1946 al 1954, fino alla chiusura della testata, è direttore del settimanale “Vita Nuova”, organo del Partito Comunista biellese, il cui vicedirettore Rocca gli presenta Rosangela Volpe, che Poma sposerà nel 1948 e che sarà sua compagna per tutta la vita. Nel 1949 nascerà il figlio che chiamerà Italo a ricordo della lotta partigiana. Dal 1955 al 1960 è anche segretario della Camera del Lavoro di Biella, in seguito fa parte del Comitato regionale del Pci, fino al 1964, quando passa a dirigere a Biella la Lega dei Comuni Democratici. Nel 1972 pubblica insieme allo storico Gianni Perona il libro “La Resistenza nel Biellese”, che partecipa al Premio Viareggio, classificandosi al secondo posto. Nel 1974 è tra i fondatori dell'Istituto per la storia della Resistenza in provincia di Vercelli. Membro attivo dell’AICVAS (Associazione Italiana Combattenti Volontari Antifascisti di Spagna) ne diventerà vice-presidente. Nel 1975 dalla collaborazione con il Centro Studi Pietro Gobetti, pubblica la prima compilazione delle biografie di tutti i piemontesi e valdostani che avevano partecipato alla guerra di Spagna. Nel 1981 è eletto presidente del Comitato provinciale biellese dell'ANPI. Muore a Nervi (Genova) il 18 dicembre 2001.