Giuseppe Pizzala di Giuseppe, anni 44 e Paola Maralla, nasce a Zelbio (Como) il 10 settembre del 1899. Di famiglia contadina, è il quarto figlio dopo Rachele, Giovanni e Mansueto e dopo di lui nascerà Teresa. Sulla sua giovinezza sappiamo che apprende la professione di falegname. Nel 1926 a 27 anni, senza che risultino denunce di nessun tipo a suo carico, decide di emigrare in Argentina con regolare passaporto stabilendosi a Buenos Aires. Lì viene introdotto nei circoli rivoluzionari anarchici della comunità italiana e diviene un ardente rivoluzionario internazionalista. Fattosi notare dalla autorità argentine per il suo impegno rivoluzionario, il 17 marzo del 1933 il console italiano di La Plata gli consegna il foglio di via che lo obbliga al rientro in Italia con la motivazione “pericoloso per l’attività contro le persone e la proprietà". Fatto salire su una nave arriva a Genova l’11 novembre 1933 e ad aspettarlo al porto trova la Polizia di frontiera allertata dall’Argentina, che lo prende in carico e lo riporta a Zelbio inserendolo nell’elenco dei sovversivi da sorvegliare. Dopo un solo mese dal ritorno, avendo mantenuto il passaporto, decide di emigrare in Spagna, stabilendosi a Barcellona in Calle Roger de Lauria 50 nel sobborgo di Santa Coloma di Gramamet. Lì gli agenti italiani segnalano che esercita il mestiere di falegname, collabora con la LIDU (Lega Internazionale dei Diritti dell’Uomo) e aderisce al POUM (Partido Obrero de Unificaciòn Marxista, una formazione comunista antistalinista attiva in Catalogna. A Barcellona si unisce alla compagna Pilar Galvàn, da cui avrà un figlio, Pablito. Vive in un appartamento molto povero nei dintorni di Barcellona, ricevendo visite di numerosi antifascisti italiani. Nel settembre 1934 si imbarca clandestinamente su un vapore diretto a Buenos Aires, portando con sè una lettera di tale Calligaris per “L’Italia del Popolo”, ma è arrestato nel porto Cadice e riesce ad evitare l’espulsione rientrando a Barcellona. In Italia viene iscritto nel Bollettino delle Ricerche e nella Rubrica di Frontiera per il provvedimento di arresto. Il 19 luglio del 1936 allo scoppio dell’insurrezione militare Pizzala è protagonista sin dal primo giorno dei combattimenti in strada unendosi ad un gruppo di miliziani del POUM. Dopo che il colpo militare è soffocato in città, si arruola con altri italiani nella colonna internazionale “Lenin” organizzata dal POUM, raggiungendo il fronte il 25 agosto 1936 raggiungendo Luciñena (Saragozza). Nella colonna viene eletto capo di una centuria e combatte in Aragona per tre mesi, subendo una ferita da scheggia sul fronte di Huesca che gli compromette definitivamente la vista dall’occhio sinistro. Rimessosi dalla ferita, passa a gennaio del 1937 nel Battaglione della Morte, una unità speciale di 500 uomini agli ordini dell’italo-argentino Candido Testa, composta sul modello degli arditi italiani della I guerra mondiale. L’unità è fortemente voluta dal Governo della Catalogna ed in particolare dal consigliere anarchico Diego Abad de Santillàn, con l’obiettivo di dimostrare che è possibile creare un’unità anarchica ben disciplinata che possa paragonarsi alle migliori unità organizzate dai comunisti come il Quinto regimento. Il Battaglione della Morte riceve un armamento moderno e divise diverse dall’Esercito Popolare della Repubblica, tagliate ad imitazione degli Arditi Italiani della I guerra mondiale. Il reparto viene addestrato nel castello di Can Taio a Santa Perpetua di Mogoda, vicino Barcellona. Il 14 marzo del 1937 la nuova formazione d’assalto presta giuramento davanti a Lluis Companys, il Presidente del Governo catalano e sfila per le strade di Barcellona. Malgrado le critiche e la perplessità sull’opportunità di dispiegare un reparto che dipende dal governo regionale, in un momento in cui lo sforzo tende a costituire un unico esercito repubblicano in cui confluiscano le milizie, il battaglione entra in linea sul fronte di Huesca dove subisce pesanti rovesci. Nel corso dei moti di Barcellona del maggio 1937, che vede lo scontro tra il governo catalano e gli anarchici spalleggiati dal POUM, il governo chiede l’intervento del Battaglione della Morte, che si schiera invece con gli anarchici ribelli. Una volta ristabilito l’ordine alcuni membri del Battaglione subiscono punizioni. In ogni caso dopo numerosi tentativi di riaddestrare e rimotivare il Battaglione, affidandolo al comando in un ufficiale italiano, Fausto Nitti, dopo ulteriori sconfitte a giugno 1937 il Battaglione della Morte viene sciolto. Pizzala ritorna a Barcellona dove riprende il lavoro di falegnameria in un laboratorio controllato dal sindacato anarchico, ma dopo alcuni mesi torna ad arruolarsi, mantenendo il grado di capitano, nella 133. Brigata dell’Esercito Popolare repubblicano inquadrata nella 26. Divisione anarchica “Durruti”. Combatte su vari fronti e nel luglio del 1938 partecipa all’ultima offensiva repubblicana dell’Ebro. Esauritosi lo slancio dell’Esercito Popolare senza che siano stati raggiunti gli obiettivi prefissati, l’esercito franchista passa al contrattacco, respingendo i repubblicani al di là dell’Ebro, invadendo la Catalogna. L’avanzata inarrestabile dei nazionalisti nel dicembre 1938, provoca il panico nella popolazione civile e 400.000 persone si mettono in cammino verso la Francia. La Divisione “Durruti” riceve l’ordine di rallentare avanzata franchista, ritirandosi combattendo per permettere la fuga dei civili in Francia. Una volta che tutti i civili hanno passato la frontiera, il 7 febbraio del 1939, Pizzala ed i sopravvissuti della “Durruti” attraversano il confine francese deponendo le armi. Pizzala viene avviato con gli altri profughi, civili e militari, nei campi profughi allestiti dalla Repubblica Francese sulle spiagge del Rossiglione e successivamente a Gurs. In un documento del luglio 1939 inviato in Unione Sovietica e conservato al RGASPI di Mosca (Fondo. 545, Inventario 6, fascicolo 487, IMG 0070), Pizzala è incluso in un elenco di internati ritenuti politicamente molto sospetti in quanto non comunisti. Dopo esser stato trasferito nel campo di Vernet d’Ariége con gli internati considerati più pericolosi, Pizzala allo scoppio della guerra mondiale sembra si arruoli come volontario nell’esercito della Francia Libera. Non sappiamo su quali fronti del conflitto europeo abbia combattuto. Molti combattenti della Durruti combatterono nella nona divisione corazzata che fu il primo reparto ad entrare nella Parigi liberata. Alla fine della guerra mondiale Pizzala si stabilisce in Francia a Montauban, nel distretto di Tarn et Garonne in Occitania vicino a Tolosa, dove il 19 giugno 1948 contrae matrimonio con l’emigrata italiana Teresa Anna Zamolo, da cui ha una figlia, Miriam. Muore il 15 dicembre 1969, a seguito di un ictus. Il 7 novembre 1976, in occasione delle celebrazioni del 40. anniversario della guerra civile spagnola, il Consiglio Regionale della Lombardia assegna a Giuseppe Pizzala, la Medaglia d’Oro alla Memoria, che viene ritirata e fatta pervenire alla vedova in Francia dall’Associazione Italiana Combattenti Antifascisti in Spagna (AICVAS).

Annotazioni: Alcune fonti indicano quale data di nascita il 19/09/1899. In realtà il certificato di nascita, rilasciato dal Comune di Zelbio, riporta la data 12/09/1899. Documento consegnato in copia da Claudio Rossi in data 03 /03/2020.