Piva Iginio di Pietro e Sbalchiero Teresa, nato il 19 febbraio 1902 a Schio (Vicenza). Operaio tessile e macchinista, comunista. Frequenta le scuole elementari fino alla quinta classe. Aderisce giovanissimo al PSI. Dipendente del Lanificio Rossi, svolge il servizio militare per due anni nell’Aviazione marina col grado di soldato. Nel dopoguerra insieme al fratello Eugenio (anch'egli combattente di Spagna e partigiano) svolgono attività politica. Nella primavera 1921 è tra i fondatori della sezione Partito Comunista d'Italia di Schio. Membro degli “Arditi rossi”, si scontra con gli squadristi vicentini. Nel 1923 emigra in Brasile: col compagno di lotta Silvio Casa. A Rio de Janeiro è tra gli organizzatori di un sindacato di marittimi di ispirazione comunista. Successivamente nel 1924 è in Argentina, dove entra in contatto con l'Alleanza antifascista e prosegue l'attività sindacale e l’attività nel Partito Comunista. Dopo essere stato in Uruguay, ritorna in Argentina da dove è espulso nel 1933, subendo il rimpatrio coatto il 4 luglio 1933. Sconta sette mesi di carcere a Genova prima di essere sottoposto a vigilanza speciale nella natia Schio. Nel maggio 1936 decide di andare volontario in Spagna e espatria, insieme ad Oscar Casetto, in Jugoslavia a Trieste, dove è arrestato e trascorre un mese nelle prigioni di Lubiana. Si imbarca poi clandestinamente con Casetto su una nave diretta ad Atene in Grecia. Scoperti e consegnati alla polizia del Pireo, Piva grazie ai trascorsi sudamericani riesce a farsi passare per un marinaio spagnolo, mentre il compagno Casetto è costretto a vuotare il sacco ed a subire un rimpatrio forzato. Piva raggiunge la Spagna nel dicembre 1936 e si arruola nelle Brigate internazionali, dove verrà raggiunto dal fratello Eugenio. Arruolato nella 12. Brigata, 4. Compagnia mortai, prende parte alla battaglia di Guadalajara e alla difesa di Madrid col grado di sergente ed ottiene in seguito il grado di tenente, a capo di una sezione mitraglieri. Combatte a Cordoba, Aragona, Centro ed Extremadura. Dopo il ritiro dei volontari internazionali deciso dal governo repubblicano nel settembre 1938, è avviato nel campo di smobilitazione di Torellò. Al crollo del fronte catalano ripara in Francia nel febbraio 1939 insieme al fratello Eugenio ed è internato nei campi di Argélés-sur-Mer e Gurs. Riesce ad evadere dal campo di Gurs e a riparare in Belgio, dove nel giugno 1940 è arrestato dai tedeschi. Consegnato alla polizia italiana. il 13 settembre 1940 la Commissione provinciale di Vicenza lo assegna a 5 anni di confino da scontare a Ventotene. E' liberato il 21 agosto 1943 (secondo altre fonti il 7 settembre 1943). Tornato a Schio, sin dal settembre 1943 è attivo sulle montagne scledensi con la piccola formazione partigiana denominata “Gruppo del Festaro”, presto dispersa a causa dei rastrellamenti. Piva è tra gli organizzatori della Divisione Garibaldi “Ateo Garemi”, al cui interno è capo di stato maggiore e comandante del battaglione “Apolloni” in Val Leogra. Il 16 giugno 1944 partecipa come rappresentante della “Garemi” alla riunione tenuta nella frazione Sant'Antonio di Valli del Pasubio alla riunione tra comandanti partigiani che fissa gli assetti delle forse partigiane nella zona. Nel luglio 1944, su disposizione del Pci, è tra gli organizzatori dei GAP (Gruppi d’ Azione Patriottica) del Padovano; successivamente è comandante del 2. battaglione della Brigata Garibaldi” Santucci”. Nel gennaio 1945 è attivo a Milano, in missione speciale, per le sue condizioni fisiche che non gli consentono la vita sulla montagna, e dove incontra il comandante della Divisione Pasubio “Vero” Marozin e quando questo si porta in Val Strona con alcuni suoi uomini per incontrare il tenente Rutto, lo raggiunge in Chesio. Qui conosce Mario Frigoli “Reno”, proveniente dalle formazioni garibaldine della bergamasca e decide di rientrare nei reparti Raggiungono il comando della 15. Brigata “Rocco” (affiliata alla 2. Divisione Garibaldi “Redi”) in zona Cardello (Loreglia), dove è accampato il Battaglione “Volante Azzurra” con il nuovo comandante Pierino Paracchini “Renato” di Romagnano Sesia. Sfuggito al rastrellamento iniziato all’alba del 31 gennaio 1945, grazie agli esperti casalesi del Battaglione “Romolo”, ripara ad Arola (Verbano-Cusio-Ossola), dove il 23 febbraio 1945 è nominato commissario politico della ricostituita 119. Brigata “Castaldi”. Il 25 febbraio 1945 è catturato dai repubblichini a Cesara e incarcerato a Baveno. Messo su un camion dai tedeschi in ritirata e tallonati dai partigiani, è infine liberato a Novara il 26 aprile 1945 alla resa dei tedeschi. Dopo la liberazione torna a Schio dove, nel luglio 1945, è accusato di avere consentito il cosiddetto “eccidio di Schio” (eliminazione sommaria di 54 fascisti imprigionati nel carcere di Schio). Piva ripara prima a Trieste e poi in Jugoslavia, dove gli vengono affidati importanti incarichi politici e militari. Il 6 ottobre 1946 sposa a Pirano (Slovenia) Corsi Lucia. Quando nel 1948 si rompono i rapporti tra l’Unione Sovietica e la Jugoslavia, si sposta in Ungheria successivamente in Cecoslovacchia, a Karlovy Vary dove lavora come operaio. Nel 1952 subisce la condanna all’ergastolo per le presunte responsabilità nella strage di Schio. Alla fine degli anni ’50 gli è consentito di andare a Cuba, in qualità di istruttore missilistico. Rientrato a Praga dopo alcuni anni, rientra in Italia nel 1974 dopo essere stato amnistiato. Riprende l'attività politica a Schio presso la locale sezione del Pci. Nel 1971 ottiene finalmente una pensione come “perseguitato politico antifascista”. Muore il 17 gennaio 1981 in un ricovero per anziani di Schio.

Annotazioni: Scheda redatta sulla base della biografia edita nella banca dati Anpi \\\"Donne e uomini della Resistenza\\\", integrata da fonti bibliografiche e archivistiche presenti in Istituto. La sezione Documenti ospita le scansioni di due dossier su Igino Piva realizzati da Cafiero Bianchi (Fiero) nel 1988 - conservati in Insmli, fondo Fiap nazionale. La sezione Documenti ospita inoltre le scansioni dei document iconservati in Insmli, fondo Aicvas, b. 45 fasc. 173 - in particolare i verbali delle sedute della Commissione perseguitati politici del 9 luglio 1969 e del 24 aprile 1971.