Pieragostini Raffaele, nato il 3 maggio 1899 a Sampierdarena (comune autonomo in provincia di Genova fino al 1926 e ora quartiere dello stesso capoluogo ligure), in Via Nicolò Daste. Operaio, comunista. Il padre è operaio nelle fonderie di Multedo e militante socialista. Sin da ragazzino partecipa con il padre e la sorella Colomba, alle riunioni che si svolgono nella sede delle Leghe del Lavoro di Vico della Catena o nella sede del Partito Socialista in Via Giusti. Non appena concluse le scuole elementari, inizia a lavorare presso la bottega di uno zio, pur continuando lo studio da autodidatta, imparando anche il francese e l’inglese. Chiamato alle armi nel 1918, compie il servizio di leva nell’Aeronautica a Torino, dove entra in contatto con gli ambienti socialisti (di cui già il padre faceva parte). Trasferitosi con la famiglia a Cornigliano in Via Libertà, è assunto in all’officina dello stabilimento San Giorgio. Nel 1922 aderisce al Partito Comunista d’Italia, la cui sede di Genova viene completamente distrutta dagli squadristi. Le riunioni dei militanti proseguono clandestinamente nei cascinali e nei boschi delle colline genovesi. Nel 1925, dopo essere divenuto membro del comitato direttivo della federazione genovese e responsabile del settore di Ponente, è tra gli organizzatori del 3°congresso del Partito che si tiene a Lione, in Francia. Divenuto il massimo responsabile del P.C.d’I. a Genova, il 6 novembre 1927 viene arrestato. Incarcerato a Marassi, è deferito al Tribunale speciale per la difesa dello Stato e, dopo alcuni mesi, viene trasferito a Roma per il processo. Il 2 febbraio 1929 è condannato a 5 anni di reclusione, che sconta nel penitenziario di Padova a partire dal 21 luglio 1929. Durante la sua reclusione, oltre alle precarie condizioni di salute, muore suo padre. Liberato ai primi di novembre del 1932 per l’amnistia del decennale fascista, torna a Cornigliano in condizioni di salute così precarie da esser subito curato all’ospedale di Sampierdarena. Lo stabilimento San Giorgio rifiuta di riassumerlo e dopo molte ricerche trova lavoro in un’officina in Via Paolo Reti a Sampierdarena. Malgrado sia sottoposto a stretta sorveglianza dal regime fascista e venga incluso nell’elenco delle persone da arrestare in determinate circostanze, riprende la propria attività in seno all’organizzazione comunista dall’Epifania 1933. Nel settembre del 1935, in procinto di essere nuovamente catturato, è fatto espatriare dal partito. Si allontana in treno raggiungendo Arona (Novara), dove si imbarca per la Svizzera con un passaporto intestato da un commerciante di Bellinzona. Dopo una breve permanenza in Francia, dove è in contatto con il Centro Estero del PCd’I, a novembre Pieragostini è inviato a Mosca (Unione sovietica) via Le Havre, dove a partire dalla fine di novembre del 1935, frequenta con profitto, sotto il nome di Gianni Licarini, la scuola leninista. Nel suo corso è presente Alessandro Vaia che in Spagna comanderà il Battaglione Garibaldi. Allo scoppio della guerra civile spagnola, egli manifesta il desiderio di unirsi alla lotta antifranchista, ma viene invece mandato all’Accademia Militare “Tolmaciov” di Leningrado. Viene finalmente autorizzato a partire nel marzo 1938 e raggiunge in aereo Parigi dove incontra Giuseppe Di Vittorio che gli fornisce i documenti. A fine aprile, quando giunge a Barcellona con lo pseudonimo Gianni Giorgio, su decisione di Edoardo D’Onofrio, responsabile della Commissione Quadri del Partito, d’accordo con Togliatti e Longo, è assegnato al servizio per le emissioni in lingua italiana di “Radio Libertà”, di cui diviene redattore, in sostituzione di Carlo Farini, che gravemente ammalato ritorna in Francia. Le trasmissioni avvengono tre volte al giorno, da un palazzo sito nell’Avenida 14 Abril, 555. Con lui lavorano Ezio Zanelli, Giovanni Fornari e Cesare Colombo. Con quest’ultimo condivide l’alloggio in Calle Aragon ed a loro si unirà Nello Boscagli. Nel gennaio 1939, alla caduta del fronte catalano, fugge con Cesare Colombo, prima dell’occupazione di Barcellona e riescono a rientrare in Francia confusi con la popolazione civile. Internati nel campo di Le Boulov, evadono riuscendo a raggiungere a piedi Perpignano. Da lì Pieragostini si sposta in Normandia a Berk-Plage, dove incontra altri 25 compagni provenienti dalla Spagna. Ritornato a Parigi è assunto come operaio in una fabbrica meccanica. Dopo l’invasione tedesca la fabbrica si sposta a sud vicino ai Pirenei. Nell’ottobre 1940 Pieragostini è di nuovo a Parigi dove lavora nell’arsenale di Parigi diretto dai tedeschi e che diviene un centro di sabotaggio e resistenza. Il 20 gennaio 1942 viene arrestato, quando si preparava a rientrare in Italia. Destinato al rimpatrio, parte da Parigi il 12 febbraio 1942, dopo un lunghissimo viaggio il 23 marzo 1942 è consegnato alle autorità italiane, per essere nuovamente condannato dal Tribunale speciale il 4 maggio, stavolta a 18 anni di carcere. Rinchiuso a San Gimignano, è liberato il 18 agosto 1943, dopo la caduta del fascismo. Ritornato a Genova, sotto il nome di Lorenzo Rossi, ricostruisce la locale Federazione comunista e ne diviene segretario nel mese di settembre. In questo periodo incontra Lina (Giulietta) Fibbi, che sta svolgendo una missione clandestina, e che diventa la sua compagna e la madre della figlia Gianna. Organizzatore delle prime formazioni partigiane liguri assieme a Giancarlo Pajetta, a metà novembre Pieragostini è nominato ispettore regionale del partito. Membro del Triumvirato insurrezionale comunista, a gennaio del 1944 diviene anche responsabile della Delegazione regionale delle brigate d’assalto Garibaldi, mentre a giugno dello stesso anno assume il ruolo di vicecomandante nel Comando Unificato Militare Regionale Ligure (diretta emanazione del C.L.N. regionale), finché non viene arrestato il 27 dicembre a Genova in Piazza Corvetto. Dalla IV sezione del carcere di Marassi è portato quotidianamente alla Casa dello Studente, presidio dei nazi-fascisti, dove subisce interrogatori e torture da parte delle SS. Vani sono i tentativi fatti dal Comando partigiano per proporre uno scambio di prigionieri. Il 28 e 29 marzo 1945 riesce a far pervenire alla compagna Lina Fibbi due biglietti di commiato scritti a matita, Il 23 aprile è prelevato dai tedeschi alle 5 di mattina e caricato su una corriera diretta verso Milano insieme ad altri detenuti. Il giorno dopo superato in Po giunti all’altezza di Bornasco (allora frazione di Vidigulfo, Pavia), il convoglio è attaccato da due cacciabombardieri alleati. I tedeschi si rifugiano nei campi lasciando i prigionieri sull’autobus. Convinti che sia per loro l’ultima opportunità decidono di tentare la fuga, anche se incatenati a due a due. Scendono in sei ed iniziano a correre, ma vengono falciati dalla mitragliatrice di un tedesco rimasto di guardia. La sua compagna Lina Fibbi, in viaggio nell’aprile del 1945, incinta, per consegnare l’ordine d’insurrezione del CLN Alta Italia appena arrivata a Milano, il 25 apprende che il suo compagno è stato ucciso dai nazifascisti due giorni prima. Il 27 aprile 1945 Angelo Marcheselli, Giuseppe Bianchini e Carlo Barbino, tornano sul lugo dell’eccidio per il riconoscimento delle salme. Trovano i corpi dei compagni caduti lavati dai contadini e composti in modeste casse di legno adorne di fiori. Bianchini solleva il capo di Pieragostini per mettergli al collo il fazzoletto rosso. Dopo la guerra gli è stata conferita la medaglia al Valor Militare alla memoria. Il Comune di Genova gli ha dedicato una via a Sampierdarena.

Annotazioni: E' in servizio di leva a Torino durante l'ultimo anno della prima guerra mondiale

Revisore: Igor Pizzirusso

Annotazioni: Non è arruolato in nessuna formazione antifascista, ma lavora come addetto al servizio per le emissioni in lingua italiana di Radio Libertà 

Revisore: Igor Pizzirusso

Revisore: Igor Pizzirusso