Savio Giovanni Guglielmo di Carlo Giuseppe e Gabusi Giuseppina Lucrezia, nato a Vevey (cantone di Vaud in Svizzera) il 13 giugno del 1901, antifascista. Di professione piastrellista. Nato da genitori torinesi emigrati in Svizzera, dopo non molti anni ritorna in Italia e si stabilisce a Torino. Nel 1923 torna ad espatriare (con tutta probabilità clandestinamente) nella Confederazione, ma viene subito iscritto in Rubrica di frontiera per l’arresto. Nel dicembre dello stesso anno cambia paese ed emigra in Francia per fermarsi a Bordeaux (Gironde). Vi rimane poco più di un anno e mezzo. Nel luglio del 1924, infatti, si trasferisce a Lione (Rhône), dove rimane fino al marzo del 1927, quando decide di tornare in Svizzera per stabilirsi a Zurigo. Negli anni successivi in almeno un paio di occasioni torna per brevi periodi in Italia grazie ad un regolare passaporto (n.1473124, Reg. 54/4659) rilasciatogli a Losanna dal Regio Vice Console d’Italia. Anni dopo, quando la sollevazione delle truppe ribelli nel Marocco spagnolo, alle Isole Canarie ed in gran parte delle guarnigioni iberiche, determina l’inizio della guerra civile di Spagna, Savio parte volontario per la Spagna repubblicana il 3 dicembre del 1936. Ad Albacete (Murcia), principale base logistica ed organizzative e sede di Comandi e Commissariato delle Brigate Internazionali, é subito inserito nel Battaglione Misto (o Neuf Nations) della 14. Brigata Internazionale La Marseillaise. Inviato sul fronte Sud, dove i franchisti hanno operato un lieve sfondamento e sono in corso difficili combattimenti sulle montagne circostanti Cordoba (Andalucia), Savio si trova immerso con tutto il reparto in una situazione molto difficile. Scaricati dai camion poco oltre il Guadalquivir, dove si suppone sia il fronte, privi di contatti su entrambi i lati (ma anche di guide, carte topografiche, copertura aerea e di artiglieria) i volontari internazionali sono lasciati in balia di sè stessi e costretti a ritirarsi verso il fiume. Scoprono che nel frattempo i ponti sono già controllati dai franchisti e che, nel frattempo, il comandante Stomatov, ha attraversato il fiume con l’attendente fuggendo su una barchetta. È quasi per tutti un si salvi chi può. Le perdite sono altissime e chi cade prigioniero, se non viene sgozzato dai mercenari marocchini, viene quasi subito fucilato. Savio, ferito seriamente ad un braccio ad Opera de Montoro, viene ricoverato a Murcia all’ospedale Federica Montseny, dove tra cure e riabilitazione rimane fino a gennaio del 1938. È uno dei non molti della compagnia italiana del Neuf Nations (erano circa 160) a sopravvivere a una operazione mal congegnata e condotta, e peggio protetta da inesistenti coperture. A guarigione avvenuta é inviato sul fronte di Madrid, dove è promosso sergente. Nel marzo successivo, passato nelle file della 12. Brigata Internazionale Garibaldi, prende parte alla complessa battaglia in Aragona, dove l’Esercito Repubblicano e le Brigate Internazionali cercano di resistere al duro attacco ed allo sfondamento fascista nel settore di Caspe, prima di affrontano la successiva durissima ritirata fino basso corso dell’Ebro. Nell’estate del 1938 combatte ancora la conclusiva battaglia dell’Ebro; poi dopo il ritiro dai diversi fronti dei volontari internazionali e la lunga fase di inattività nei campi di smobilitazione, lascia la Spagna nel corso della retirada, nel febbraio del 1939. Internato nel campo di Argelès-sur-Mer (Pirenei Orientalei), dall’aprile successivo viene trasferito a Gurs(Basses Pyrénées), dove rimane fino al marzo 1940. Ne esce arruolato in una Cte (Compagnie de travailleurs etrangers) incaricata di effettuare lavori di fortificazione lungo le frontiere francesi di terra e di mare. Impiegato sul confine franco-svizzero per costruire baraccamenti, viene sorpreso dal tracollo dell’esercito francese nel giugno del 1940 e dall’altrettanto rapida avanzata nazista. In un primo momento riesce a rifugiarsi ad Annecy (Haute-Savoie), ma é fermato dalla polizia che lo interna nuovamente a Argelès-sur-Mer. Nel marzo 1941 rifiuta la partenza per il Nord-Africa: per punizione é rinchiuso per un mese in fortezza (probabilmente a Colliure, nei pressi di Perpignano). Trasferito nel campo del Vernet d’Ariège, vi rimane fino a settembre quando viene consegnato alla Commissione italiana di armistizio e rimpatriato. Tradotto a Torino in stato d’arresto il 29 novembre del 1941 la Commissione provinciale per il confino di polizia lo assegna a 4 anni di confino a Ventotene e poi ad Ustica; l’ultimo periodo è scontato in continente, a Fraschette di Alatri (Frosinone). Liberato nel settembre 1943, mancano notizie sul periodo dell’occupazione nazista, della repubblica di Salò e della lotta di Liberazione. Nel secondo dopoguerra torna ad espatriare in Svizzera, dove vive e lavora nei pressi di Losanna. Muore in ospedale a Losanna il 29 settembre del 1981.

Annotazioni: Biografia di Gianpaolo Giordana aggiornata ad aprile 2017, realizzata sulle seguenti fonti consultate: Archivio INSMLI – Milano (Fondo Archivio Aicvas), Archivio Istituto Regionale Parri – Bologna, Archivio Centrale dello Stato – Roma (Casellario Politico Centrale, Busta 4632, fascicolo 012254), Archives BDIC – Nanterre (MFM 880/1, Brigades Internationales), Archivio di Stato Civile del Comune di Torino, * anche in: Anagrafe degli antifascisti confinati a Ventotene dal 1927 al 1943, ricerca inedita a cura di Riccardo Navone e altri).