Santarelli Antonio di Domenico e Mercuri Luisa, nato il primo luglio 1902 a Foligno (Perugia). Falegname, comunista. Residente in Francia dal 1921, a Saint-Etienne, stando ai rapporti informativi della polizia italiana frequenta riunioni di organizzazioni antifasciste e svolge propaganda politica come iscritto al Partito comunista. Anche la moglie, Norma Protti, della provincia di Forlì, viene segnalata come attiva antifascista dalla polizia. Allo scoppio della guerra civile in Spagna chiede insistentemente di partire volontario lasciando quattro figlie piccole tra i 18 mesi ed i 6 anni. Il 24 ottobre 1936 è già in Spagna proveniente da Marsiglia, arruolato nel Battaglione Garibaldi ed avviato alla difesa di Madrid. Secondo la maggior parte delle fonti bibliografiche, sarebbe caduto il 22 novembre 1936 a Casa de Campo, sul fronte della Città Universitaria di Madrid, ma il suo corpo non viene ritrovato. Il suo necrologio scritto da Giacomo Calandrone, con lo pseudonimo di Canapino, viene pubblicato sulla edizione italiana dell’organo delle Brigate Internazionali “Le Volontaire de la Libertè” dell’11 giugno 1937: “Aveva quattro bimbe: quattro uccelletti le cui ali erano ancora troppo deboli per affrontare sole il volo della vita. La più piccola di 18 mesi, la più grande di sei anni. Ma volle partire ugualmente. Aveva tempestato di lettre il Partito Comunista perché lo facessero partire, perché lo aiutassero a raggiungere la Spagna. Alla fine di luglio, pochi giorni dopo lo scoppio dell’insurrezione. A settembre alla caduta di Irùn qualificandosi come artigliere quando si richiedevano questi. A Ottobre quando le colonne di Varela si impadronivano di Toledo. Quando Madrid fu in pericolo, quando i quotidiani cosiddetti di informazione annunciavano a caratteri cubitali la prossima resa di Madrid, partì, volle partire, riuscì a partire. I suoi figli? Le bambine? Lottava appunto per garantire loro una che non fosse soltanto miseria, avvilimento, umiliazione: una vita che non fosse un lungo sgranarsi di giorni uno più terribile dell’altro. Alla partenza era lieto, sereno, fiducioso. Non dubitava minimamente della vittoria delle forze repubblicane, popolari. Non si illudeva della durezza della lotta: ma sapeva che un popolo che difende la sua Libertà, la sua indipendenza, il suo pane non può perdere, non perderà mai! Da Marsiglia scrisse alla moglie una lettera entusiastica. Fu l’unico suo scritto, perché la sorte molte volte si accanisce sui forti. All’attacco di Casa del Campo, quando le orde mercenarie di Franco premevano disperatamente, terribilmente, per aprirsi la strada di Madrid, Antonio Santarelli fu uno dei primi a cadere. Bisognava sbarrare la strada al fascismo, che è fame, umiliazione e guerra. Bisognava impedire alle forze reazionarie, oscurantiste di impadronirsi di Madrid che non era soltanto la capitale di uno stato europeo, ma simboleggiava già un’Idea. Impedire il passaggio delle orde mercenarie, a tutti i costi! Anche con il sacrificio della vita. Per la vita dei nostri bimbi! Il combattimento fu uno dei più duri che affrontò il Battaglione Garibaldi. Si avanzava e si indietreggiava sotto un fuoco infernale di decine e decine di mitragliatrici, di migliaia e miglia di bocche che vomitavano ferro e fuoco, che davano la ferita, la sofferenza, la morte. Si rinculò si riavanzò. La lotta ara aspra perché altissima era la posta in giuoco: Madrid, Madrid che per noi non significava soltanto una grande città, con delle strade, dei musei, dei caffè, delle case di libri e delle belle donne, ma era di più, molto di più: era l’Ideale, rappresentava gli Ideali che innobiliscono chi li professa. Madrid non cadde. Appunto per la lotta di miglia di uomini che volevano rimanere tali: Madrid non cadde per il sacrificio di centinaia di proletari. Uno dei nostri eroi fu Santarelli. Il suo corpo non fu ritrovato. Avremmo voluto dargli una sepoltura, come a tutti i compagni che cadono. Dice Foscolo che le tombe dei grandi ispirano grandi cose. Ma più che le tombe, a noi rivoluzionari, ci ispirano, consigliano, sorreggono, guidano gli esempi e le vite dei nostri Grandi. Antonio Santarelli è caduto: ma il suo posto è stato occupato dalla moglie, dalla madre dei suoi bambini. Quattro bombi in tenera età; il marito che muore lontano, su un campo di battaglia, la moglie che ne occupa il posto. Donna eccezionale, da leggenda? No! Donna proletaria, moglie e madre proletaria. Come quelle di Madrid, di Madrid che da sette mesi combatte e resiste.” La moglie sarà assistita economicamente dal Soccorso Rosso nel 1938 perché impossibilitata al lavoro a causa di una malattia. Secondo appunti presenti nella scheda biografica di Marchetti, da testimonianza dell'ex garibaldino di Spagna Federico Gentilucci di Fabriano, si riporta che Santarelli Antonio non sia in realtà caduto a Madrid, ma sia rimasto orribilmente mutilato e dato per morto, restando noto come il "Grande Mutilato" dei quattro arti. Secondo questa versione sarebbe stato poi inviato in Unione Sovietica, e ancora vivente all'aprile del 1968. Per questa ragione, inoltre, nella stessa documentazione AICVAS, risulta revocata la pensione alla vedova in quanto si ritiene impossibile rintracciare prova certa della morte del marito.