Santandrea Paolo di Pietro e Trova Caterina, nato il 13 marzo 1907 a La Maddalena (Sassari). Impiegato, antifascista. Entrambi i genitori sono originari di Alghero, ma trasferiti a La Maddalena per via del lavoro del padre, sottufficiale di Marina. Paolo cresce in una famiglia senza problemi economici e frequenta tutte le scuole elementari, iscrivendosi poi al ginnasio Umberto I a La Maddalena. Dopo il biennio ginnasiale decide di interrompere gli studi e di partire militare. Svolge il servizio di leva a La Spezia, come marinaio su una nave della Regia Marina. Successivamente torna a La Maddalena in cerca di occupazione. Nel 1930 viene sorpreso da qualche delatore a fare una battuta: commenta l'oscillazione di una imbarcazione addobbata con un fascio littorio dicendo che "il fascio iniziava a traballare". Questo è sufficiente a farlo segnalare alla questura, dove è trattenuto per l'intera giornata. Soltanto la stima riconosciuta al padre gli evita l'arresto. Paolo rifiuta comunque la tessera del partito fascista ed ha di conseguenza difficoltà nel trovare un impiego. Nel 1931 pur non avendo mostrato, se non in famiglia, particolare avversione al regime, decide di espatriare fuggendo con un amico in Corsica su una piccola imbarcazione rubata, riuscendo ad eludere i controlli a difesa dell'arcipelago. Raggiunge poi l'Algeria ed infine la Spagna, dove si respira un clima di libertà per la proclamazione della repubblica e si accolgono i profughi politici da tutto il mondo. Nel 1934 viene fermato a Barcellona ed estradato in Italia, per la sopravvenuta condanna per espatrio clandestino e furto di imbarcazione. Rimpatriato a Genova sconta 12 mesi di condanna. Scontata la condanna torna a La Maddalena dai genitori, dove trova un impiego negli uffici della Compagnia di navigazione Tirrenia, come impiegato scrivano, con uno stipendio bassissimo di 150 lire al mese, dovuto alla mancanza di tessera del PNF. Nel maggio 1937 torna ad espatriare con un amico in maniera rocambolesca in Corsica, ancora una volta su una barca rubata, e trascorre qualche mese ad Ajaccio come venditore ambulante di gelati. In Italia viene iscritto nel Bollettino delle Ricerche e nella Rubrica di Frontiera. Dalla Corsica si porta a Marsiglia da dove scrive l'ultima sua lettera ai familiari senza indicare alcun domicilio per sottrarsi alla sorveglianza della polizia fascista. Da Marsiglia si trasferisce a Parigi dove si iscrive all’Unione Popolare Italiana (UPI), organizzazione che ne agevola il passaggio in Spagna nell’agosto 1937. Arruolato nella brigata Garibaldi, 2° Battaglione, in Italia viene iscritto nel Bollettino delle Ricerche e nella Rubrica di Frontiera per il provvedimento dell’arresto. Scarne e imprecise sono le informazioni riportate nelle ricostruzioni fatte, che lo danno per scomparso alle fine dell'aprile del 1938. Quasi con certezza rimane gravemente ferito nel marzo del 1938, durante la ritirata da Caspe all’Ebro, quando l’offensiva franchista spezza il fronte repubblicano, provocando una disastrosa ritirata con pesanti perdite nell’Esercito Popolare e tra le fila delle Brigate Internazionali. La collocazione della morte al 29 aprile del 1938 è riconducibile alle informazioni ricavate dal carteggio dell'antifascista Giulio Chiarelli che, intercettato dall’OVRA, racconta di aver conosciuto il sardo Paolo Santandrea in ospedale a Matarò (Barcellona) e di aver condiviso con lui una parte del ricovero. Nel 2017 una ricerca dell'Università di Barcellona ricostruisce le vicende di 80 combattenti volontari internazionali, tra cui Santandrea, deceduti a Matarò. Secondo le nuove informazioni raccolte, Paolo Santandrea muore l'11 aprile all’1.30 per una emorragia soprarenale e viene seppellito lo stesso giorno presso il cimitero dei Cappuccini di Matarò (tomba n. 441), dove tuttora dimorano i suoi resti. Il decesso sarà registrato in giorno 13.