Sangiorgio Mario di Gaetano e Sangiorgio Angela Luigia nato il 30 maggio 1897 a Sesto S. Giovanni (Milano). Fattorino, comunista. Nel 1900 la famiglia si trasferisce a Niguarda. Nel 1909 Mario conclude la scuola elementare e all’età di 12 anni comincia a lavorare aiuto muratore con il fratello, in questo periodo frequenta il circolo “Risorgimento” e aderisce alla Lega dei Muratori; nel 1913 consegue la licenza commerciale frequentando corsi serali e festivi Nel 1914 aderisce alla Gioventù Socialista ed è dichiaratamente contrario all’intervento italiano nella Prima Guerra Mondiale. Nel 1917, dichiarato abile al servizio militare, è arruolato nell’esercito e combatte come fante sul fronte del Grappa, dove è ferito. Alla fine della guerra è decorato con due medaglie di bronzo, e nel 1920 è congedato e subito trova lavoro a Milano come fattorino. Riprende l’attività politica e diventa segretario della Sezione giovanile socialista di Niguarda. Nel gennaio 1921 Mario con 97 giovani niguardesi, passa all’organizzazione giovanile del Partito Comunista d’Italia. Tra il 1921 e il 1927 è arrestato ben nove volte e, per di più, nel 1925 perde il posto di lavoro per motivi politici ed è costretto a tornare a fare il muratore nella vicina Affori. Nell’autunno del 1927, assieme a Karl Hofmaier agente del Comintern, è nuovamente arrestato. Il 5 febbraio del 1929 è giudicato e condannato dal Tribunale Speciale per ricostituzione del PCd’I e propaganda sovversiva, a sei anni di reclusione da scontarsi nei penitenziari di Oneglia e Piacenza. Nel novembre del 1932, amnistiato per il decennale della marcia su Roma, rientra a Milano e svolge attività di ambulante abusivo nel suo quartiere di elezione, grazie anche alla solidarietà della popolazione che vi abita e che lo sostiene fino al marzo del 1936, quando il controllo della polizia politica si fa di nuovo asfissiante, per cui Mario espatria clandestinamente in Svizzera, si rifugia a Lugano, dove con lo pseudonimo di Bruno Rusconi organizza i gruppi comunisti ticinesi. Il 28 ottobre del 1936 passa in Spagna con un gruppo di lavoratori ticinesi, arriva ad Albacete dove si unisce agli svizzeri comandati da Otto Brunner, che sono inseriti, al momento della sua costituzione, nel Battaglione Çiapaev della XIII Brigata Internazionale, comandata da “Gomez” cioè dal tedesco Wilhelm Zaisser, impegnata al fronte a partire dal gennaio 1937: in quel contesto Mario assume il nome di Josè Perera Blancar. Si lascia a Sangiorgio la descrizione dei fatti d’arme cui ha partecipato, ripresa dalla sua autobiografia:” …fummo trasferiti ad Alfambra sulla Sierra Palomera e di là ci preparammo ad attaccare Teruel. Riuscimmo ad avanzare fino alle prime case della città ma poi fummo ricacciati con gravi perdite, tanto che la brigata fu mandata a riorganizzarsi a Requena e Utiel con l’arrivo di nuovi volontari. Avevamo appena ricomposto tutti i quadri, che subito abbiamo dovuto accorrere verso il Sud perché i ribelli, appoggiati dal Corpo Truppe Volontarie minacciavano Malaga. Dopo quattro giorni e tre notti in camion la nostra Brigata affrontò le truppe reazionarie nei dintorni di Almeria e le ricacciò fin quasi a Motril”. Dopo circa un mese Sangiorgio con la sua Brigata si sposta in Andalusia proprio in tempo per contrastare l’attacco franchista sul fronte di Cordoba e di Pozoblanco. ”Sorprendemmo il nemico nei pressi di Villanueva de la Serena e lo ricacciammo fino a Penna Roja nella zona del Terribile, riconquistando Valsequillo, La Granjuela e Los Blàzquez”. Questi sanguinosi combattimenti colpiscono pesantemente il plotone degli svizzeri, di cui Mario fa parte e rimane il solo combattente di lingua italiana. Il primo maggio 1937 la XIII Brigata Internazionale riorganizzata è intitolata a Jaroslaw Dombrowski, comandante dei Federati della Comune di Parigi del 1871, ma Sangiorgio non ne fa parte, poiché chiede ed ottiene, grazie all’intervento del Commissario Politico della XIII Brigata Giuliano Pajetta “Giorgio Camen”, di passare alla 86ª Brigata Mista comandata da “Aldo Morandi” cioè Riccardo Formica facente parte della 63ª divisione dell’8ª Armata del Centro, operante ai confini tra Andalusia ed Extremadura. Poco tempo dopo il suo arrivo in questa formazione si ammala di paratifo ed è ricoverato nell’ospedale da campo di Belalcàlzar dove è anche operato di due ernie ed è costretto a lasciare il fronte per una lunga convalescenza. Rientra in linea, sempre con la 86ª, ma senza partecipare a scontri armati significativi. Dopo il ritiro dei volontari internazionali, deciso dal governo repubblicano nel settembre 1938, è avviato al campo di smobilitazione di Puebla Larga (Valencia). Da qui raggiunge per nave gli altri volontari italiani che si trovano nel campo di Torellò in Catalogna. Il 28 ottobre del 1938, sfila a Barcellona nella “Despedida”. Rimane in Catalogna fino ai primi di febbraio del 1939, quando passa in Francia dove è internato nel Campo di Argelès-sur-Mer, dal dove cerca di evadere più volte senza successo, poi a St. Cyprien e nel maggio-giugno 1939 a Gurs dove riprende lo pseudonimo di Bruno Rusconi. In questo Campo è arruolato forzatamente nelle Compagnie Travailleurs Etrangere (CTE), per fortificare il confine col Belgio. Nel giugno 1940 quando i nazisti invadono e occupano questa zona, fanno prigioniero l’intero CTE di Sangiorgio e lo portano nel campo di lavoro di Vannes in Bretagna. Mario evade da questo campo e a piedi raggiunge Parigi (km.410), dove casualmente incontra Marco Brasca vecchio compagno di lotte di Novate Milanese, e un certo Colombo. Riesce a trovare un lavoro e a racimolare un po’ di soldi per proseguire il suo cammino, che, grazie alla sufficiente conoscenza di tedesco e francese acquisita nel corso delle sue peripezie, gli consentono di attraversare la Francia a piedi fino a giungere clandestinamente in territorio elvetico. Raggiunto Zurigo, ritorna nel Canton Ticino a Carasso dove trascorre alcuni mesi collaborando con il locale Partito del Lavoro. In seguito è arrestato dalla Polizia Federale che lo rinchiude nel Campo di internamento di Gordola dove ritrova “Aldo Morandi” Riccardo Formica. Dopo il 25 luglio 1943 rientra in Italia con regolare visto consolare, raggiunge Milano e poi Niguarda. Dopo l’8 settembre 1943 con Giovanni Brambilla e Ilio Barontini inizia la sua attività resistenziale come artificiere dei gappisti di Niguarda. Messosi a disposizione del Comando delle Brigate “Garibaldi”, nel giugno del 1944 Sangiorgio, con l’incarico di commissario politico, è inviato alla 53ª Brigata Garibaldi, in seguito detta dei 13 Martiri operante tra la Val Cavallina e la Val Camonica. Mario fallisce nel suo compito secondo il comandante Giovanni Brasi per settarismo ed un eccesso di anticlericalismo. Dopo qualche mese passa alla 55ª Brigata ”Fratelli Rosselli” operante nel lecchese, con Dante Gorreri e Vittorio Ravazzoli, ma dopo la fallita azione nelle vicinanze del lago di Annone, ormai individuato dalla polizia, è inviato in Valtellina come ispettore presso il comando della 2. Divisione “Garibaldi” Lombardia, comandata da Vando Aldrovandi “Al”. Nel dicembre 1944, a seguito di un imponente rastrellamento in Val Chiavenna, sfugge ai nazi-fascisti passando in Svizzera attraverso la Val Codera. Rientra in Italia il Primo Maggio del 1945.Dopo la Liberazione partecipa attivamente alla vita di partito che condivide con la compagna Giovannina Molteni, invalida partigiana. Lavora alla Breda di Sesto S. Giovanni ma per soli tre anni perché viene licenziato. Trovare una nuova occupazione per un comunista negli anni ’50 è difficile, ma si arrangia come può fino ad aprire una piccola pensione. Il Consiglio Regionale Lombardo il 7 novembre del 1976 conferisce a Mario Sangiorgio la Medaglia d’Oro alla memoria in occasione del quarantesimo anniversario della Guerra Civile Spagnola. Muore il 14 novembre del 1976 a Bresso dove viveva con la compagna Giovannina Molteni, invalida partigiana.