Carlo Penchienati di Giovanni Battista e Giuseppina Giovenale nasce a Torino il 9 febbraio 1899. Di professione militare, viaggiatore di commercio e giornalista. Conseguito il diploma di ragioniere all’Istituto Tecnico nel 1916, a 17 anni, si arruola volontario nell’Esercito Italiano. Ferito due volte riceve due medaglie d’argento ed una di bronzo. Nel 1920 si iscrive ai Fasci da Combattimento divenendo un fervente fascista fondando il Fascio di Pinerolo e la Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale di Val Pellice e Val Chisone della quale assume il comando. Sfidato a duello da un fascista di una fazione avversa, il tenente Giovanni de Lachenal, rimane seriamente ferito nello scontro. Nel 1923 ottiene la nomina a tenente degli alpini e da quel momento si allontana dalla vita politica. Nel 1927 viene accusato di falso e truffa ai danni dei genitori della sua fidanzata per aver scontato due cambiali con firme contraffatte. Per sfuggire al processo il 29 giugno1927emigra in Francia clandestinamente, ma il 5 ottobre dello stesso anno viene rimpatriato con foglio di via. Arrestato alla frontiera subisce un processo dove è condannato a un anno e due mesi di reclusione per il reato di falso, pena che sconta interamente in prigione. Nel dicembre del 1931, privato del suo grado militare per indegnità, si allontana da Torino trasferendosi clandestinamente a Barcellona dove lavora come rappresentante di commercio muovendosi in diversi paesi europei. Il 23 gennaio 1934 Penchienati viene arrestato a Berlino per truffa e condannato a tre mesi di prigione, pena che sconta in una prigione tedesca prima di essere espulso e rimpatriato in Italia il 23 maggio 1934. Il 3 ottobre del 1935 inizia la campagna d’aggressione italiana volta alla conquista dell’Etiopia e Penchienati fa istanza al Duce chiedendo di poter arruolarsi nel corpo di spedizione italiano per riscattare il proprio turbolento passato, ma la guerra termina il 5 maggio del 1936, senza che Penchienati abbia ricevuto risposta. Il 18 luglio del 1936 scoppia la guerra civile in Spagna e nel gennaio 1937 Penchienati, pur non appartenendo ad alcun partito politico giunge in Spagna per combattere con i repubblicani. Porta con sé la raccomandazione dei socialisti Rugginenti, Buozzi e Zavaroni. Gebbri, anche lui socialista, lo presenta ad Albacete al comando delle Brigate Internazionali dove viene arruolato col grado di tenente ottenendo il comando della compagnia italiana del Battaglione Dimitrov, facente parte della 15. Brigata, formato in maggioranza da balcanici, polacchi e cechi. Dopo la battaglia del Jarama viene promosso capitano e nominato comandante del Battaglione Dimitrov in sostituzione del bulgaro Grebenarov caduto in azione. Dopo un mese diventa Capo Ufficio Operazioni allo Stato Maggiore di Brigata e nell’aprile si trasferisce nella Brigata Garibaldi, costituita ufficialmente il primo maggio 1937, dove assume il comando del 3. battaglione. La brigata è comandata dal repubblicano Randolfo Pacciardi, mentre gli altri due comandanti di battaglione sono Libero Battistelli repubblicano e Albino Marvin, comunista. Il 9 luglio nel corso della battaglia di Brunete il battaglione di Penchienati riceve l’ordine di avanzare lungo il Guadarrama per tagliare la strada fra Villanueva del Pardillo e Majadahonda/Las Rozas. Il battaglione, marcia per un errore di valutazione ben oltre i limiti fissati dalle istruzioni venendo a trovarsi, oltre le linee franchiste. Penchienati, accortosi della situazione favorevole, accerchia una posizione nemica catturando l’intero battaglione San Quintìn forte di 600 uomini, che si arrende senza sparare un colpo. Per questa azione riceve la promozione a maggiore. A questo punto Pacciardi, propone lo scioglimento della Brigata Garibaldi e mentre si trova in Francia per curarsi, Penchienati viene nominato comandante della Brigata Garibaldi nel periodo dal 5 agosto al 9 settembre 1937, malgrado la contrarietà di Pacciardi che accetta un però nuovo incarico. Penchienati è affiancato dal capo di Stato Maggiore Felice Platone. La Brigata trasferita sul fronte di Saragozza subisce pesanti rovesci a causa dei comandi inefficienti. Penchienati viene rimosso, non si sa se per sue dimissioni o d’autorità, e nominato Direttore della scuola allievi ufficiali della 45. Divisione a Tamarite di Litera. A gennaio 1938 scioltasi la scuola passa a comandare il Campo di Istruzione di Quintanar de la Republica. Nell’aprile del 1938 dopo le ritirate in Aragona si trasferisce a Olot in Catalogna come Capo di Stato Maggiore della Brigata di Istruzione internazionale. Si tratta di un campo che raccoglie sbandati e disertori che vengono riorganizzati per essere rimandati al fronte. Da maggio del 1938, passa a disposizione del Ministero della Guerra con incarichi speciali, non ben specificati, nel Servizio Informazioni dello Stato Maggiore. E’ in questa fase che i dissensi tra Penchienati ed i comunisti diventano esplosivi, come descriverà successivamente nelle memorie. L’operato di Penchienati diviene però in questo periodo poco trasparente. Il Consolato italiano di Marsiglia informa che 25 novembre 1938 Penchienati si è presentato col passaporto spagnolo dichiarando di essere un ufficiale di Stato Maggiore dell’Esercito repubblicano e di essere stanco di combattere contro i suoi connazionali volendo riprendere la nazionalità italiana. Rientrato in Spagna il 25 gennaio Penchienati fugge da Barcellona il giorno prima della sua occupazione da parte dei franchisti. Grazie al passaporto diplomatico spagnolo riesce ad evitare di essere internato nei campi profughi francesi allestiti per i rifugiati dalla Spagna. A Parigi viene arrestato il 25 aprile 1939 dal Deuxieme Bureau con l’accusa di spionaggio a favore dell’Italia, ma viene rilasciato dopo due mesi con un permesso di soggiorno. Privo di mezzi di sostentamento, con a carico la moglie e la figlia appena nata, si adatta per otto mesi a fare i lavori più umili. Dopo circa un anno a Parigi il 6 agosto 1941 Penchienati, la moglie e la figlia Dolores si presentano con foglio di via consolare al valico di Bardonecchia, dove gli vengono sequestrati numerosi scritti relativi alla guerra di Spagna tra cui documenti originali con elenchi di volontari italiani del battaglione Dimitrov. Tra i documenti sequestrati vi è un testo “I delitti dei caporioni comunisti delle Brigate Internazionali in Spagna” che riassume le presunte malefatte di cui sarebbe stato testimone in Spagna. Questo documento di 43 pagine è attualmente conservato nell’Archivio Centrale di Stato (rif. ACS, Roma, CPC, b.3838, fasc.) e non vedrà la luce negli anni della guerra mondiale. La famiglia Penchienati prende residenza in via Principe Tommaso 10 bis a Torino. Nel 1950 pubblica finalmente in piena guerra fredda il suo libro di memorie intitolato" Brigate Internazionali in Spagna, delitti della Ceka comunista", depurato però dei riferimenti inneggianti al fascismo contenuti nel primo dattiloscritto. Assunto dal giornale romano di destra “Il Tempo”, dal 1956 al 1964 pubblica articoli anticomunisti sulla guerra di Spagna. Il 17 aprile del 1956 il giornale pubblica in prima pagina l’esposto di Penchienati alla Procura della Repubblica di Roma, dove chiede l’incriminazione di Luigi Longo e degli altri dirigenti comunisti sopravvissuti alla guerra di Spagna (ed alla Resistenza). La notizia viene abbondantemente ripresa sulla stampa franchista dell’epoca in chiave anticomunista.I magistrati però non se la sentono di aprire un procedimento per cui l’esposto viene archiviato. Nel 1965 Penchienati ripubblica le sue memorie in versione aumentata col titolo “I giustiziati accusano, Brigate Internazionali in Spagna”, ma l’interesse nei suoi confronti è ormai scemato e Penchienati muore nell’anonimato il 1° gennaio del 1969.