Pellizzari Ardito di Pietro e Candotti Carolina, nato il 18 ottobre 1912 a Preone (Udine) in Carnia. Meccanico, comunista. Di famiglia antifascista, frequenta le scuole elementari per poi passare alle scuole d'Arti e Mestieri di Tolmezzo, ma riesce a frequentare solo il primo anno perché il padre già emigrato in Francia muore in seguito ad un incidente sul lavoro. Essendo la famiglia in gravi difficoltà economiche, Ardito è costretto a lasciare gli studi ed trovare lavoro come apprendista fabbro. A fronte dei magri guadagni, nel 1929 a 17 anni decide di emigrare con l’aiuto del maestro di scuola che riesce a fargli aver il passaporto grazie ad un contratto di lavoro falso in Svizzera, intestato ad un parente nato lo stesso anno e con il medesimo cognome. Partito con un amico attraversa la frontiera di Tarvisio, che era meno controllata, raggiungendo l’Austria e poi la Svizzera. Dopo una notte a Zurigo riesce con l’aiuto di amici a raggiungere Basilea, da cui parte in treno per la Francia, lavorando dapprima a Choisy-le-Roi (Valle della Marna), ad una decina di chilometri da Parigi, presso una ditta di conoscenti. Poi nel 1932 si trasferisce nella capitale, stabilendosi nel quartiere di Avròn. In contatto con esponenti della emigrazione comunista e nel 1933 si iscrive alla Gioventù Comunista, partecipando a tutte le manifestazioni di quegli anni, comprese quelle del febbraio parigino del 1934. E’ incaricato dal Partito di organizzare la gioventù Comunista-Gruppi di Lingua Italiana, del quartiere di Avròn, divenendo segretario della sezione comunista del quartiere. Si mantiene lavorando all’istallazione di cancelli. Da luglio ad ottobre del '36 è clandestino in Italia, in Friuli, in missione per conto del Partito. Dopo lo scoppio della guerra civile in Spagna, nel gennaio del 1937 si porta in Spagna assieme ad un folto gruppo di giovani del suo quartiere. È assegnato alla compagnia italiana del Battaglione «Dimitrov», nella XV Brigata Internazionale, dove è nominato Commissario di sezione. II 12 febbraio entra in battaglia a Morata de Tajuña, sul fronte della Jarama, durante la più sanguinosa delle battaglie in difesa di Madrid, restando lo stesso giorno ferito al braccio destro. Ricoverato in ospedale dopo la guarigione, si ferma nelle posizioni tenute dal Battaglione, attorno a Morata fino al mese di aprile. E’ nominato commissario di compagnia. ln maggio si reca a Madrid dove è assegnato al settore delle radio-trasmissioni in lingua italiana. E’ lui a leggere in trasmissione la notizia della morte di Antonio Gramsci sulle note dell’Internazionale e Longo colpito lo vuole incontrare il giorno successivo. In giugno 1937 è fatto rientrare in Francia dove chiede di raggiungere la scuola quadri del Partito in Unione Sovietica. Essendo però nel frattempo stata chiusa la scuola di Mosca, si ferma a Parigi e continua a lavorare nell'organizzazione degli invii di volontari verso la Spagna. Allo scoppio della guerra mondiale la Francia è occupata dai nazisti, ma Pellizzari rimane in clandestinità a Parigi a disposizione del Partito Comunista. In questo periodo assume la falsa identità di Jean Baptiste Spangaro, nato in Svizzera, oppure quella di Jean Pierre Gomez, francese di origine portoghese. Nel dicembre del 1940 viene avvicinato da Cesare Marcucci che gli prospetta su incarico della direzione del partito di recarsi a Berlino per una delicata missione. Ha il compito di contattare i lavoratori italiani presenti in Germania nelle industrie di guerra, per sondare la loro disponibilità a rientrare in Italia nella prospettiva che la Germania scateni un attacco contro l’Unione Sovietica. Lascia in Francia la moglie Wilma Diodati, sposata l’8 marzo 1941, che sarà attiva nella Resistenza, e la figlia Denise. Durante la missione in Germania, lavora nell’aeroporto di Tempelhof a Berlino. Dopo un anno recatosi al consolato italiano perché ha il passaporto scaduto scopre da un funzionario di essere stato sorvegliato e sul punto di essere arrestato. Il funzionario però gli spiega il modo di abbandonare la Germania evitando i confini più sorvegliati. Nuovamente a Parigi riprende l’attività tra le file del Partito Comunista - ha l’incarico del reclutamento dei nuovi iscritti - e nella Resistenza con i F.T.P. (Francs-Tireurs et Partisans) col nome di battaglia di “Felix”. Per mettere in salvo la figlia Denise, nel 1943 alla caduta del fascismo la fa portare in Italia dal nonno Dino Diodati per affidarla alla nonna in Friuli. La bambina incontrerà di nuovo i genitori solo nel 1945. Dopo la cattura e la morte di Riccardo Rohregger, Pellizzari ne prende il posto, poi è nel gruppo di fuoco di Pietro Pajetta (Nedo), partecipa a numerosi sabotaggi, all’attacco del comando tedesco di Parigi ed a quello alla caserma Principe Eugenio sempre a Parigi. Arrestato in casa Diodati un mese prima della Liberazione di Parigi, è detenuto nella prigione della Santè. I pesanti bombardamenti che anticipano l’imminente Liberazione convincono le autorità ad una maggiore cautela nella gestione dei prigionieri e Pellizzari dopo qualche giorno è liberato. Dal 1944 al 1945 è ispettore del CILN (Comitato Italiano di Liberazione Nazionale, in Francia), lavora nell’assistenza ai militari italiani prigionieri degli Alleati ed anche ai rifornimenti, mediante invio di volontari e viveri, alle formazioni partigiane operanti nel Nord Italia. Nel dopoguerra rientra in Friuli, riprendendo l’attività nel Partito Comunista, ma dopo quattro mesi si sposta a La Spezia dove dirige la Camera del Lavoro di Sarzana. Nel 1951 è inviato da Partito in Alto Adige prima con incarichi sindacali, poi quale vice segretario e responsabile organizzativo della Federazione provinciale di Bolzano. Nel 1966 chiede di essere sostituito ed è assegnato ad un incarico internazionale nel Comitato Italiano del Consiglio Mondiale per la Pace. Vive a Vienna poi ad Helsinki, viaggiando per il mondo incontrando personalità politiche di primo piano come Indira Ghandi. Dopo il pensionamento si stabilisce definitivamente ad Arcola (La Spezia), nel frattempo è nominato membro del Comitato Nazionale dell’ANPPIA e presidente dell’ANPPIA provinciale di La Spezia. Muore ad Arcola il 24 maggio 2003.