Parteli Guido di Giuseppe e Ossana Giustina, nato il 28 settembre 1895 a Sfruz in Val di Non (Trento) ai piedi del Monte Roèn, un paesino di 600 abitanti, famoso per la fabbricazione di stufe a olle. Cameriere e macellaio, comunista. Terzo di otto figli, cresce nel paese apprendendo il mestiere del tessitore. Arruolato nel marzo 1915 nell’esercito austroungarico nel 2. Reggimento Kaiserjaeger, viene catturato ad Oderad in Galizia dai russi. Assieme a migliaia di altri soldati austro-ungarici, è portato nel campo di Darnitza (nel distretto di Kiev), conosciuto e temuto dagli internati come “campo della fame”; raggiunge poi Kirsanov, dove vengono raccolti i prigionieri di lingua italiana provenienti dalle zone “irredente, Viene arruolato nel 1917 nel Battaglione Savoia, una formazione irregolare di italiani che si sono uniti ai russi. Fra il dicembre 1917 ed il febbraio 1918, giunge con altri 2600 uomini a Vladivostok. Vista l’impossibilità di alloggiarli, vengono trasferito nella delegazione italiana di Tientsin in Cina, dove veste la divisa del Corpo di spedizione italiano in Estremo oriente, diventando soldato del re d’Italia. Parteli, con quella nuova divisa addosso, è fiducioso di poter far finalmente ritorno alla sua valle, ma il 12 giugno 1918 si trova coinvolto in un episodio di insubordinazione nei confronti delle autorità militari italiane, dalle quali, due giorni dopo, viene consegnato, assieme ad altri 86 (o 106) “austriacanti”, alla polizia cinese per essere rinchiuso nel campo di internamento di Si-Jucan presso Pechino. Ritornerà libero nell’agosto 1919 accettando di arruolarsi nella “Legione Redenta” che affianca le truppe alleate nel servizio di guardi a Vladivostok. Il 21 febbraio 1920 può imbarcarsi sulla Texas Maru, una delle navi giapponesi noleggiate dalla Marina italiana per riportare a casa gli ultimi ex sudditi dell’impero diventati in prigionia sudditi del regno. Il 2o aprile arriva al porto di Trieste, rientrando a Coredo dopo sei anni. Emigra nel febbraio 1922 in Francia e Lussemburgo, ad Algrange (nella regione della Mosella) ha un contratto di lavoro da minatore, poi si sposta a Nancy, in una società ferroviaria. Nel febbraio 1923 si sposta a Chevillon (Meurthe-et-Moselle) e nel febbraio successivo è in Lussemburgo, dove fa il minatore, il cementista, il contadino, l’apprendista macellaio. E’ lì che entra a far parte del Partito Comunista del Lussemburgo. Nel 1936, disoccupato, Parteli è espulso dal Lussemburgo, rientra in Francia e vaga alla ricerca di un lavoro. Dopo un mese di “peregrinazioni a casaccio”, come detta egli stesso in un verbale d’interrogatorio, è di nuovo nella Mosella, a Audun-le-Tiche. Nell'ottobre del 1936, si imbarca per la Spagna insieme al modenese Romeo Brevini ed è arruolato nel battaglione Garibaldi, nel gruppo Arditi. Combatte nella difesa di Madrid al Cerro de los Angeles ed a Casa de Campo. Ferito o forse sofferente di cuore, è ricoverato nell’ospedale militare n. 1 di Madrid allestito nel Palace Hotel; passa la convalescenza negli ospedali di Huete e Valencia. Ristabilitosi riprende il suo posto nel battaglione, combattendo a Majadahonda, nella battaglia del Jarama, ad Arganda e Morata de Tajuña ed a marzo nella battaglia di Guadalajara. Nel maggio 1937, esonerato dal servizio militare attivo, lavora come cameriere al circolo mercantile di Albacete, poi al circolo ufficiali di Badalona, sfruttando le conoscenze linguistiche di italiano, francese, russo, tedesco, spagnolo. Dopo il ritiro dei volontari internazionali, deciso dal governo repubblicano nel settembre 1938, viene smobilitato ed avviato al campo di Torellò (Gerona). Al crollo del fronte catalano passa in Francia nei primi mesi del 1939. Viene internato nei campi di Saint-Cyprièn fino al marzo 1941, poi a Mount-Louis e Vernet-d’Ariège. Il 2 gennaio 1942 è ricoverato nel campo di Noe (Haute-Garonne) da dove, espulso dalla Francia, e consegnato alla frontiera alla polizia italiana, con un foglio di via. Portato a Trento è arrestato e interrogato. Parteli dichiara a verbale di essere andato in Spagna “spinto solo dalla fame e non sapendo come altrimenti campare la vita”, e di essere “di idee italianissime e favorevoli al regime fascista”. Deferito comunque alla Commissione Provinciale, che lo assegna il primo aprile 1942, malgrado le sue pessime condizioni di salute, a 3 anni di confino a Ventotene, dove giunge ai primi di giugno del 1942. Nell’isola laziale ritrova altri trentini reduci dalla Spagna e lo stesso Giorgio Braccialarghe. Rilasciato il 21 agosto 1943, prosciolto "per atto di clemenza del Governo", a fine agosto è a casa a Sfruz, in libertà vigilata. Dopo l'8 settembre entra nella Resistenza. Catturato dai tedeschi nel settembre 1943 a Sfruz (Trento), e detenuto nel campo di Bolzano. Il 5 ottobre 1944 è deportato in Germania giungendo il 9 ottobre a Dachau, dove è registrato con la matricola 113477. Il 22 ottobre è trasferito a Natzweiler, in Francia, il 26 gennaio 1945 ritorna a Dachau: viene poi destinato al sottocampo di Leonberg, e a quello di Augsburg-Pfersee, dove i prigionieri lavorano per la Messerschmitt, infine ancora a Dachau come “prigioniero inadatto al lavoro”. Muore a Dachau il 18 aprile 1945 11 giorni prima della liberazione del campo da parte delle truppe americane.