Olivelli o Ulivelli Francesco, nato il primo ottobre 1883 a Livorno o secondo altra fonte a Castagneto Carducci (Livorno). Rappresentante di commercio, socialista. Arrestato nell’ottobre 1905 per propaganda antimilitarista. Denunciato il primo maggio 1906 per incitamento all’odio di classe e violazione della legge sulla stampa e condannato ad ammenda di 100 lire. Il 2 giugno 1906 riceve una nuova multa di 83 lire dalla Pretura di Genova per conferenza non autorizzata e non potendo pagarla sconta 9 giorni di carcere. Schedato è condannato il 5 novembre 1910 a 20 giorni di carcere dal Tribunale di Volterra per aver gridato “Abbasso lo zar” in un teatro. Fondatore della Federazione provinciale giovanile socialista di Livorno, si esprime contro l’intervento italiano alla guerra mondiale. Chiamato alle armi sul finire del conflitto mondiale diventa segretario della Federazione lavoranti del legno nel 1919 a Livorno, e successivamente nel 1921 dirige la Camera del Lavoro di Magenta (Milano),) ed è condannato ad una ammenda per comizio non autorizzato a Bernate Ticino (Milano). E’ segretario della Camera del lavoro di Abbiategrasso (Milano) fino al 1922, quando lascia l’incarico dopo essere stato bastonato dai fascisti. Il 13 dicembre 1925 gli vengono sequestrati a Seregno (Milano) materiali di propaganda massimalista e vengono scoperte nella sua casa di Milano sette casse di libri della casa editrice “Avanti!” che gli erano stati affidati. Denunciato alla Procura di Milano per aver collaborato alla stesura di una circolare del Comitato di difesa socialista, il 23 novembre 1926 la Commissione Provinciale di Milano lo assegna al confino per tre anni. Il primo dicembre si appella contro la condanna e ottiene una riduzione del provvedimento a due anni. Ulivelli è deportato a Favignana, dove resta fino al 19 marzo 1927, quando viene tradotto a Lipari. Liberato per buona condotta il 24 dicembre dello stesso anno, torna a Milano, dove rimane fino al 12 ottobre 1936 quando emigra clandestinamente in Svizzera passando da Domodossola (Novara) e si stabilisce a Ginevra dove incontra i dirigenti socialisti massimalisti in esilio. Viene iscritto per il provvedimento di arresto sul Bollettino delle ricerche del 31 gennaio 1937. Si porta poi in Franci a Parigi sotto il falso nome di “Ormanirie” dove entra in contato con elementi di “Giustizia e Libertà”. Tiene una conferenza al caffè “Due Emisferi” indetta dal partito massimalista sul tema “La mia fuga dall’Italia e ciò che si passa in Italia”. In seguito passa la Partito socialista riformista. Collaboratore del “Nuovo Avanti”, nel marzo 1937 parte per la Spagna e si stabilisce a Barcellona dove lavora come operaio negli stabilimenti di motori d’aviazione Hispano-Suiza. A Barcellona tiene numerose conferenze di cui una il 23 aprile nella ex Casa degli italiani a Barcellona sul tema “Il problema italiano comparato a quello spagnolo”, sulle ripercussioni in Italia degli avvenimenti spagnoli, in cui cita la frase di Durruti “Il fascismo non si discute, lo si distrugge”. Dopo i disordini di Barcellona che dal 3 al 7 maggio 1937 contrappongono il governo autonomo catalano (Generalitat) agli anarchici spalleggiato dal POUM (Partido Obrero de Unificaciòn Marxista), partito comunista antistalinista, Ulivelli chiede di poter commemorare Camillo Berneri assassinato negli scontri, ma non riceve l’autorizzazione dei dirigenti italiani del Partito Socialista. Nel dicembre 1937 torna in Francia a Clichy ospite presso Amos Salvadori, combattente del POUM in Aragona. Dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale Olivelli va incontro ad una netta crisi delle proprie convinzioni politiche e nel dicembre 1939 si presenta al Consolato italiano a Parigi, dichiarandosi pentito del proprio passato e disponibile a collaborare con i servizi segreti italiani. Afferma infatti di pentirsi del suo passato e di voler tornare liberamente in patria. Fornisce notizie su alcuni nominativi in contatto con Mosca e termina affermando che: ”…mentre centinaia di poveri illusi come me, reduci dalla Spagna rossa, stroncati e traditi, patiscono fame e freddo…coloro che li spinsero nelle fila repubblicane fanno qui vita dispendiosa, e cercano di nuocere ai destini dell’Italia fascista.” Nel gennaio del 1940 non rinnova l’iscrizione al PSI. Nell'ottobre del 1940 viene arrestato mentre tenta di passare il confine italiano a Bardonecchia e internato perché “ritenuto pericoloso nelle contingenze belliche”, nonostante nell’interrogatorio del 18 novembre l’Ulivelli continui a ribadire la propria disponibilità a collaborare con il regime e l’allontanamento dai socialisti. L’8 dicembre 1941 scrive a Mussolini per ottenere la grazia ripetendo di essere pronto a servire il fascismo. Nel novembre 1942 è prosciolto con la condizionale e liberato. Muore a Garbagnate Milanese (Milano) il 30 novembre 1963.