Novaretti Giovanni Battista Odino di Giuseppe e Maglione Caterina, nato il 3 giugno del 1900 a Collegno (Torino), in Frazione Leumann, comunista. Di professione manovale e operaio e nell’emigrazione farà anche il gommista. Antifascista convinto e attivo nel febbraio del 1923, qualche mese dopo la fine del servizio militare di leva espatria clandestinamente in Francia. Vive per qualche tempo a Grenoble (Isère), poi a Chambéry (Savoie), ma finisce per stabilirsi definitivamente ad Aix-les-Bains, stesso dipartimento. Sposato con Georgette Gillet, cittadina francese, è padre di un bambino ed è sempre piuttosto attivo politicamente, sorvegliato tanto dalla polizia transalpina che dagli informatori annidati nei Regi consolati d’Italia all’estero. A seguito del pregresso espatrio clandestino viene iscritto nella Rubrica di frontiera per l’arresto. Parte volontario per la Spagna repubblicana (in data non nota, probabilmente nel tardo autunno del 1936) e dopo un brevissimo periodo di addestramento militare nelle campagne della Murcia intorno ad Albacete, città sede dei Comandi e del Commissariato Generale, ma anche base logistica e organizzativa delle neonate Brigate Internazionali, Novaretti è arruolato nel Battaglione italiano Garibaldi con cui prende parte a quasi tutto il ciclo di combattimenti in difesa di Madrid sotto assedio. Partecipa al primo fatto d’arme del battaglione, lo sfortunato attacco al monastero fortificato in cima al Cerro de los Angéles (Cerro Rojo), poi ai duri scontri a Casa de Campo e alla Ciudad Universitaria. Combatte ancora a Pozuelo de Alarcon, a Boadilla del Monte, a Majadahonda e a Mirabueno (inizio di gennaio del 1937), fino alla battaglia del Jarama (7-22 febbraio 1937) ed alla vittoriosa battaglia di Guadalajara, condotta con alcuni reparti spagnoli ed internazionali contro le divisioni di Camicie Nere italiane del Ctv (Corpo truppe volontarie) e combattuta dall’8 al 23 marzo del 1937 sull’altipiano poco a nord di Madrid. Dal maggio del 1937 fa parte del Reparto d’Assalto della 12. Brigata Internazionale Garibaldi, al comando del volontario casalese Cesare Ravera. Impegnato il mese successivo nella azzardata offensiva di metà giugno in Aragona (mal condotta e pagata a carissimo prezzo), il 16 giugno del 1937 cade combattendo insieme ad Antonio Tappeiner davanti alla munita piazzaforte nazionalista di Huesca. La morte del volontario di Collegno alla testa del Reparto d’ Assalto della Brigata é ricordata in un breve trafiletto a firma “Canapino” (Pseudonimo di Giacomo Calandrone), comparso su un numero del 1937 del quotidiano “La Voce degli Italiani”, di solito ricco di necrologi e talvolta di preziose fotografie di caduti. Il 28 agosto 1937 viene pubblicato sul numero 11 del giornale "Il Garibaldino" della Brigata Garibaldi un suo necrologio: “Cadde eroicamente a Huesca, il 16 giugno, alla testa del Reparto d’Assalto, pattuglia di punta avanzata, nel tentativo di conquistare la citta aragonese. Nel torrido clima dell’Est della Spagna, su terre infuocate, sotto raffiche e raffiche di mitragliatrici nemiche che cantavano la loro canzone di morte guidate de mani mercenarie, avanzavano i garibaldini. Avanzavano incuranti del pericolo, della morte, per strappare alle orde di Franco delle posizioni munitissime. Il combattimento era duro, aspro, terribile, disuguale. I nemici avevano avuto il tempo di fortificarsi, di prepararsi, nei lunghi mesi di inazione, di quella specie, di quella forma di armistizio sul fronte aragonese. Era il primo, serio tentativo di avanzata. Era finalmente la guerra: non la guerriglia: non il tiroteo. Un urgano di fuoco, una pioggia di proiettili, un vulcano di fiamme. una tempesta di colpi d’artiglieria, di bombe di grosso calibro di aviazione. La guerra, la guerra vera, la guerra totalitaria. La guerra in terra e in cielo. Ovunque si affrontavano gli uomini, che chiedevano agli ordigni che il genio umano ha saputo inventare per la distruzione, la distruzione dei battaglioni, delle brigate, delle divisioni nemiche. Con i primi del Reparto d ’Assalto, avanzava Novaretti. Un piemontese, testardo come un mulo e coraggioso come...un garibaldino. Bisognava avanzare, malgrado tutto. Malgrado la resistenza nemica, le posizioni fortificatissime e il diluvio di proiettili. Bisognava avanzare. La Brigada Garibaldi doveva ancora una volta vincere. Gli uomini e gli elementi. Vincere, trionfare. Non vi è resistenza umana, non vi è macchina micidiale che possa arrestare l’impeto di assaltanti che vogliono avanzare, vincere, trionfare. Solo la morte può arrestare il loro impeto. La morte! La morte! Cadde da eroe, fulminato da una palla nemica, con il corpo ancora proteso in avanti, verso le trincee nemiche. Così sanno morire gli antifascisti italiani. “Nel 1937, probabilmente ben dopo la sua morte, la Polizia del regime evidentemente ignara dell’accaduto lo iscrive anche nel Bollettino dei sovversivi ricercati dell’Ovra.

Annotazioni: Basato sulla biografia di Gianpaolo Giordana aggiornata a giugno 2017, realizzata sulle seguenti fonti consultate: Archivio AICVAS – Milano , Archivio INSMLI – Milano, Fondo Aicvas (Busta 41, fascicolo 161), ACS – CPC, Roma (Busta 3564, fascicolo 88015), Archivio di Stato Civile del Comune di Collegno