Nesi Rodomonte di Fortunato (o Andrea) e Viola Eva (o Marina), nato 29 settembre 1888, a Livorno. Pescatore, anarchico. Chiamato alle armi nel 1915 è condannato il 17 luglio 1916 a 4 anni di carcere dal Tribunale Militare di Firenze, per ribellione agli ufficiali. Liberato per amnistia di Nitti il 2 novembre 1919. Attivo dall'immediato dopoguerra, due volte ferito in scontri armati coi fascisti ed è più volte fermato e ricercato. Nel 1926 fa parte del gruppo anarchico "Fiorentina" e insieme a Gino Magnozzi e Pietro Signorini, è segnalato come “tenace assertore delle sue idee”. Il 29 novembre 1932 tenta di espatriare nascondendosi nella stiva del piroscafo spagnolo “Luchana” insieme a all’operaio Gino Silvino e al vetraio Manrico Ciorini, ma viene scoperto ed arrestato. Espatriato via mare il 13 ottobre 1933 con Arrigo Catani, Narciso Menicagli e Virgilio Fabbrucci, al comunista Marcello Berni e agli antifascisti Egidio Gioli, Gino Martelloni, Oreste Umberto Pratesi, Federico Turiddu Scarpellini e Dino Turini, approda in Corsica il 14 a Bastia. Iscritto nel «Bollettino delle ricerche» (schedina 01773) come “anarchico espatriato clandestinamente con propositi criminosi, da arrestare”. Poi si trasferisce a Marsiglia dove partecipa, il 20 maggio del ’34, a una riunione libertaria, insieme ai compagni di fede Giulio Bacconi, Luca Bregliano, Marcello Cicero, Lanciotto Persico, Senofonte Pisani e Angelo Girelli e ad altri esuli. Fa propaganda fra i marittimi con il dirigente comunista Cesare Massini “Silverio” e all’inizio del 1935 è espulso per la sua attività politica, ma rimane illegalmente in Francia. Arrestato per non aver ottemperato al decreto di espulsione è arrestato il 15 maggio 1935 e sconta 15 giorni di carcere. Rimasto illegalmente in Francia, allo scoppio delle guerra civile parte per la Spagna e nell'ottobre del 1936 col soprannome di “Lillo il Ceo” si arruola nella 2. Batteria Picelli e nel reparto d'assalto del Battaglione Garibaldi (Battaglione 9) comandato da Guido Picelli, di cui fanno parte anche Ilio Barontini e Felice Platone, con il quale combatte con grado sergente a Cerro de los Angeles, Casa De Campo, Pozuelo, Boadilla, Mirabueno, Majadahonda, Arganda, Guadalajara, Morata de Tajuña. In quest'ultima località cade in combattimento il 13 aprile 1937 insieme all’antifascista abissino Joseph Ahmed Din, colpiti dallo stesso proiettile di artiglieria. Il primo maggio 1937 il giornale della Brigata Garibaldi "Il Garibaldino", pubblica nel numero 1 del periodico un necrologio di Nesi con fotografia. “ Un proiettile – racconta Giacomo Calandrone – ferisce due garibaldini ed uccide il sergente Nesi Radamonte (Lillo), un anarchico livornese che combatteva nel battaglione sin dalla sua formazione ”. Un volontario, che si firma “Libertario”, scrive su «Noi passeremo”, quotidiano del Battaglione Garibaldi: “ Lillo! Così tutti lo chiamavano. Il suo nome era Nesi Rodomonte. Venne anche lui con lo scaglione “Picelli” a far parte del Battaglione “Garibaldi”. Pochi giorni bastarono perché si fosse conquistata la simpatia di noi tutti…Fu con noi al fronte del Pardo, di Mirabueno, di Majahonda. Il 12 aprile fummo in trincea, il 13 nel pomeriggio un proiettile d’artiglieria doveva ferirlo mortalmente in più parti del corpo. La sua ultima parola che distintamente udii fu: "Compagni!! Compagni! Qualche rantolo, poi più nulla. "L’avevo inteso qualche ora prima, mentre parlava con un compagno, dire: ‘Io non morirò mai’. Avevi ragione, Lillo. Tu come tutti i nostri caduti non morirai mai…”. Qualche mese dopo Nesi viene incluso dalla polizia italiana nella lista degli attentatori livornesi residenti all’estero, perché – precisa la Prefettura di Livorno il 7 ottobre del ’37 – non si è sicuri della sua morte in Spagna, né si è potuto accertare se i suoi parenti ricevano aiuti dal Soccorso Rosso.