Napione Emilia Giovanni Battista e di Margherita Ardy Lazagna, nata a Carrouge (Genève, Svizzera) il 23 gennaio del 1901, anarchica. Di famiglia torinese, rientra dalla Svizzera il 18 maggio del 1906. Vive a Torino al n. 32 di Via Lagrange. Sarta per breve tempo in gioventù, sposa l’anarchico braidese Domenico Rosso, nato nel 1890. A sua volta militante anarchica individualista e politicamente attiva fin dai mesi successivi alla fine della prima guerra mondiale, è ripetutamente fermata dalla Regia Questura torinese e dalle Guardie Regie e talvolta trattenuta in stato d’arresto. Espatriata clandestinamente in Francia nel 1923 dall’Alta Valle di Viù (Valli di Lanzo) attraverso il Col de l’Autaret, è in compagnia di due connazionali, entrambi anarchici, Giovanni Fenati ed Enzo Martucci (noto anche come Enzo da Villafiore). L’espatrio clandestino le vale la iscrizione in Rubrica di frontiera per l’arresto. Un anno dopo viene segnalata a Ventimiglia, ma ritorna con certezza nel Regno soltanto nell’agosto del 1926 con il falso nome di Louise Lahaye. Fermata tempo dopo mentre distribuisce volantini di propaganda anarchica nella stazione ferroviaria di Porta Nuova, la Napione è riconosciuta e denunciata per l’utilizzo di false generalità. Ritornata in libertà dopo breve detenzione non tarda ad espatriare clandestinamente in Francia. Le carte poliziesche dicono poco o nulla sul biennio 1927-28, ma dall’anno nell’agosto 1929 Emilia si reca a Modane (Savoia) per incontrare Giovanni Fenati con cui insieme ad Enzo Martucci aveva attraversato clandestinamente la frontiera nel 1923. Espulsa dalla Francia per il consueto utilizzo di false generalità, viene però condannata a 15 giorni di carcere (con la condizionale) da scontare nella prigione di Annecy (Haute – Savoie). Appena torna in libertà passa in Svizzera, ma una quindicina di giorni dopo ritorna clandestinamente in Francia poiché vi aveva abbandonato un amico, certo Pierre Laurut cameriere. A cavallo tra il 1929 e il 1930 lascia Francia ed Europa per il Nord Africa. Dapprima in Algeria, poi in Tunisia e Marocco, gira per i paesi del Maghreb presentandosi come la ballerina e impartendo lezioni di ballo, si suppone alle figliuole delle famiglie della borghesia coloniale. Si presenta come studentessa giramondo, esibendo eleganti cartoncini in stile Liberty, contenenti alcuni suggestivi cenni biografici. Nell’ultima parte dell’anno 1930 decide di lasciare il Nord Oudjia-Melilla e dalla Tunisia raggiunge Jena, in Germania, per sottoporsi ad un non meglio definito ciclo di cure in una clinica tedesca. Passano due o tre mesi ed eccola nuovamente in Marocco. All’inizio del mese di giugno del 1932 si sposta da Tetouan a Casablanca, a luglio é a Tangeri dove viene raggiunta dall’ennesimo decreto di espulsione. Si rifugia in Spagna, passa per Barcellona, ma decide di proseguire per Parigi. In agosto é nuovamente nella capitale catalana, ma a settembre la segnalano ancora a Tangeri con un nuovo compagno, l’anarchico portoghese Emanuel Fran Rodrigues. Il 1932 é un anno decisamente movimentato: ad ottobre viene arrestata dalla Guardia Civil ad Algeciras (Andalusia). Tradotta a Madrid viene successivamente espulsa verso il Portogallo. Nella circostanza fruisce della protezione di una autorevole rifugiata, la illustre pedagogista italiana Maria Montessori, che all’epoca viveva stabilmente a Barcellona. La prof. Montessori, che è in piena rotta di collisione con il fascismo, intercede a suo favore e riesce ad evitarle l’espulsione. Nell’ aprile di quello stesso anno, quasi un decennio dopo la prima segnala- zione, il regime fascista si ricorda finalmente d’iscrivere Emilia nel Bollettino delle ricerche, Supplemento dei sovversivi, Schedina n. 0544 del 12 aprile 1932. Tra la fine del 1932 e l’inizio del 1933 é arrestata a Lisbona dalla polizia politica portoghese che la trova in possesso di rilevanti somme di denaro e di libri sovversivi. Nel 1933 è segnalata in Austria, in Cecoslovacchia e in Grecia (sempre in compagnia di Rodrigues, e tra un fermo di polizia e una espulsione è segnalata anche in Germania, Svezia, Norvegia, Olanda, Belgio e Danimarca. Infine riesce a ritornare ancora in Marocco. 1934: tra marzo e aprile soggiorna al Grand Hotel di Fez sotto il nome Alphonsine Barette, cittadina francese. Finito il denaro Emilia si trova in difficoltà e deve cercar di arrangiarsi, ma la cosa non la spaventa affatto. Dopo un fallito tentativo di farsi assumere in una casa di tolleranza della città, viene nuovamente espulsa dal Marocco e deve riprender la sua vita precaria e complessa. Entra in Algeria dal valico di Oudja – Melilla con passaporto rilasciato poco tempo prima alla Regia ambasciata d’Italia a Tunisi, non si sa a nome di chi. Segnalata un’altra volta in Spagna, poi ancora in Portogallo, ne viene nuovamente espulsa ma riesce in qualche modo a raggiungere Barcellona ed a ripartire per Marsiglia dove vorrebbe ricongiungersi con Luigi Campolonghi. Entro la fine dell’anno la giramondo torinese riuscirà infine di arrivare in Olanda. Nel 1935 proseguono i suoi spostamenti prevalentemente nell’Europa settentrionale, in Svezia, Danimarca e Belgio. Non è con lei Campolonghi ma la troviamo di nuovo in compagnia del libertario lusitano Rodrigues “Manuel”. Nel 1936 lascia il Belgio ed Anversa, dove aveva riallacciato la relazione con Campolonghi e ad agosto la si ritrova volontaria nella Spagna repubblicana, dov’era nel frattempo iniziata la guerra civile. Napione si arruola come infermiera volontaria nella Colonna Ortiz, un’unità anarco-sindacalista schierata lungo un fronte di Aragona. Tempo dopo è infermiera in un ospedale di Madrid, probabilmente al seguito della Colonna Durruti. In una lettera alla madre scrive: “Carissima Mamma, sono tornata in Spagna a causa della rivoluzione. La ragione è che sempre sono soddisfatta quando posso essere utile e qui è il caso che si tratti di fratelli, esseri che lottano per il mio stesso ideale di giustizia. In Cataluña i comunisti libertari vale a dire quelli del FAI [Federaciòn Anarquista Iberica] sono i più forti speriamo che continuino ad esserlo sarà il più gran bene dell’umanità. Intanto vi sono grandi cambiamenti si va a comprare con vale e guadagna tanto un medico quanto qualsiasi manovale e è giusto che sia così. Preti non se ne vedono più e non esistono più chiese. Si lo so che il mondo intero guarda la Spagna e la sua futura economia il nuovo ordine e dal trionfo di questa rivoluzione dipende l’avvenire delle nazioni vicine. Salud. Ti abbraccio. “Nel clima di diffidenza e sospetto diffuso nella capitale per l’operare della “quinta colonna”, Emilia non tarda ad essere sospettata di spionaggio, a causa di alcune domande considerate incaute, rivolte ai feriti sull’andamento della guerra. Deve così lasciare Madrid nel corso del 1937 e rifugiarsi a Valencia, dov’è comunque arrestata con l’accusa di ostilità verso il governo della Repubblica. Rinchiusa per quasi sei mesi nelle prigioni di Alaues e Mislada (dove rischia di esser fucilata), viene infine riconosciuta non colpevole. Siamo alla difficile primavera del 1938 quando viene rilasciata alla frontiera con la Francia munita soltanto della certificazione per il servizio prestato in Aragona ed a Madrid. Raggiunge Parigi in autostop e chiede e chissà come ottiene dal Regio consolato d’Italia un sussidio, grazie al quale può trasferirsi nel Midi. É fermata per un controllo e trovata in possesso di documenti falsi intestati ad Anne Félicie Jeunehomme. Dopo una ennesima, breve detenzione questa volta alla Maison d’Arret di Tolone, una volta liberata riesce ad ottenere il permesso di soggiorno ed inizia a lavorare in una piccola località agricola di Belgentier, nel Dipartimento del Var. Per la prima volta nella sua vita fa la contadina e collabora con Marius Meney, agricoltore di 71 anni, nella conduzione del suo podere. Vi rimane per circa tre anni, fino a quando nell’estate 1940 non viene fermata come staniera non gradita. Internata per oltre 10 mesi nel Campo di Rieucros (Mende, Dipartimento della Lozère), nel maggio del 1941 riesce ad uscirne ma solo per essere rimpatriata contro la sua volontà. Tradotta in detenzione a Torino, é sottoposta ad un pesante interrogatorio, poi giudicata dalla Commissione Provinciale per il Confino di Polizia che le infligge 5 anni di confino, che sconterà tra Ventotene, Ustica e Fraschette di Alatri. Ritorna in libertà nel settembre inoltrato del 1943. E’ questa è l’ultima notizia sull’anarchica torinese. Malgrado ricerche condotte in diversi archivi non è stato possibile riacchiappare il filo di una esistenza avventurosa e per molti versi affascinante.

Annotazioni: Biografia di Gianpaolo Giordana aggiornata a giugno 2017, realizzata sulle seguenti fonti consultate: Archivio INSMLI – Milano (Fondo Archivio Aicvas), Archivio di Stato Civile del Comune di Torino, Archivio privato Tobia Imperato – Torino, Archivio del Centro Ligure di Storia Sociale – Genova, Archivio Centrale dello Stato – Roma (Casellario Politico Centrale, busta 3484, fascicolo 34600), Archivio Centrale dello Stato – Roma (Confinati Politici, busta 703), Archivio Centrale dello Stato – Roma (Polizia Politica, busta 887), Cantiere biografico degli Anarchici in Svizzera – Lugano