Salvadori Amos di Eletto e Romei Luigia, nato il 26 gennaio 1888 a Castelfiorentino (Firenze). Commerciante e autista, socialista. Attivo nel primo dopoguerra nel Partito Socialista è segretario, nel ’19, della Camera del lavoro confederale di Livorno, si trasferisce a Trieste nello stesso anno, dopo essere stato nominato segretario della Camera del lavoro della città di San Giusto, in sostituzione di Giuseppe Passigli rimanendovi fino al marzo 1922.Chiamato dalla Workers Union i ad organizzare i lavoratori alberghieri in Inghilterra, emigra con regolare passaporto dopo essere passato da Castelfiorentino per salutare la famiglia ed aver subito minacce dai fascisti. A Londra svolge attività sindacale e dirige il giornale antifascista “Il commento”, lavorando sino al 1924, presso la ditta di tale Biagio Morighetta. Rientra in Italia all’inizio del 1925 e gli viene sequestrato, nel corso di una perquisizione domiciliare, il materiale ritenuto sovversivo, libri, almanacchi e giornali socialisti, lettere e foto di sovversivi, comprese le foto della Camera del Lavoro di Trieste dopo l’incendio appiccato dai fascisti. Sposato con Comunarda Fraschi, l'anno successivo, a causa delle persecuzioni fasciste, emigra in Corsica, stabilendosi a Bastia, dove fa il commerciante di pesce ad attività antifascista, organizzando varie proteste. Il 4 novembre del 1928 scrive, insieme a Subissi, un articolo contro il fascismo, che appare su «Le petit bastiais». Viene poi raggiunto a Bastia dalla moglie e dalla figlia Cosetta che rientreranno presto in Italia, dopo avergli chiesto senza successo di sottomettersi a Mussolini. Il 25 e il 26 marzo del 1929 indirizza alla moglie, che è rientrata in Italia, e al fratello Euro due lettere, in cui li rimprovera di avergli suggerito di sottomettersi all’uomo di Predappio, di cui condanna inappellabilmente “ l’iniquità, il furto, l’assassinio eretti in Uffici governativi ”. Le missive vengono sequestrate, nel porto di Livorno, al marittimo còrso Antonio Olmeta, al quale Salvadori le aveva affidate perché le recapitasse ai familiari. Nel 1929 Salvadori si sposta a Parigi con la nuova compagna Marcelle Bonin e lavora per il distributore di latte Maggi. Milita nel partito Socialista Unitario e collabora al settimanale della Concentrazione Antifascista “La Libertà”. Nel ’30 cerca di favorire l’espatrio clandestino del fratello Euro, ma la Questura di Livorno dispone il fermo dell’uomo e chiede alla Commissione provinciale per le misure di polizia di assegnarlo al confino. Le carte di polizia segnalano che Salvadori è soprannominato “ il trentino ” e che abita nella capitale francese, in Boulevard Magenta, insieme a Giordano Viezzoli, e che è legato alla Concentrazione antifascista. Accusato falsamente dall’O.V.R.A. di aver liquidato a rivoltellate un fuoruscito, “ responsabile di vari arresti avvenuti in Italia ”, Salvadori viene incluso, nel primo semestre del ’33, tra i “fuorusciti” livornesi “ capaci di atti terroristici ”, insieme a Natale Vasco Iacoponi, Ilio Barontini, Angelo Ancillotti, Giulio Bacconi e altri nemici dichiarati della dittatura. Iscritto nella «Rubrica di frontiera» per l’arresto, Salvadori frequenta il redattore de «La libertà», Alberto Cianca, e milita (ma la cosa non è sicura) nel Partito socialista massimalista di Angelica Balabanova e di “Mariani” (Elmo Simoncini), esplicando un’intensa attività rivoluzionaria fino al novembre del ’36, quando giunge in Spagna nel novembre 1936 e fa parte come commissario politico della Colonna Lenin organizzata dal POUM (Partido Obrero de Unificaciòn Marxista), piccolo partito comunista antistalinista, combattendo sul fronte aragonese e dall'aprile 1937, dopo la militarizzazione delle milizie, nella 29. Divisione dell'Esercito Repubblicano, come commissario politico. Secondo altre fonti si arruola invece nella Sezione Italiana di Carlo Rosselli e Camillo Berneri aggregata alla Colonna Ascaso della CNT-FAI. Lasciata la Spagna forse per sfuggire alle repressioni contro gli aderenti al POUM, dopo i moti di Barcellona del maggio 1937, nell'aprile 1938 è segnalato di ritorno in Francia a Clichy dove abita in Rue Morel e ospita, per qualche tempo, il socialista riformista di Castagneto Marittimo, Francesco Ulivelli, anch’egli reduce dalla Spagna. Il 2 giugno del ’40 spedisce, da Parigi, una cartolina allo zio paterno Umberto Salvadori, che abita a Livorno e poi dimora a Castres (Tarn) con la compagna sino alla fine del 1940. Dopo il 1945 rientra in Italia e il 14 maggio 1966 partecipa al convegno di Castelfiorentino sulla Resistenza e l'antifascismo in Valdelsa. Muore a Siena il 20 settembre 1968.

Annotazioni: Amos Salvadori secondo fonti sovietiche (Rgaspi, F 545, op 6, D 528, cit) assume lo pseudonimo di Enrico Borgo. Sotto questo pseudonimo viene spesso confuso con Borgo Giuseppe (1910), anarchico e commissario politico della 29. Divisione Lenin (vedi la scheda redatta da Pietro Pavanin in Rgaspi, F 545 op 6 D 490, legata nel database alla biografia di Borgo Giuseppe). Allo stesso modo il Borgo Enrico, la cui presenza viene segnalata in data 11 dicembre 1938 al centro di smobilitazione di Torello, con ogni probabilità si tratta di Borgo Giuseppe.