Mazzetti Marino di Raffaele e Mattei Ermenegilda, nato il 30 giugno 1909 a Casalecchio di Reno (Bologna). Pasticciere, comunista. Frequenta la scuola fino alla terza elementare. A 11 anni fa il fattorino tappezziere, dal 1921 ai primi del 1927 fa il pasticciere e poi il pastaio. Aderisce alla Gioventù Comunista nel giugno del 1924, divenendo parte della Segreteria Nazionale. Viene arrestato il 24 gennaio 1927 con un folto gruppo di altri militanti, a seguito di una vasta azione propagandistica svolta nel Bolognese per ricordare la fondazione del PCI, e rinchiuso nelle carceri di S. Giovanni in Monte (Bologna) e Santa Maria Maggiore di Venezia. Prosciolto dopo 18 mesi di carcere per non luogo a procedere è scarcerato nel luglio del 1928 unitamente al fratello maggiore Ettore. Di nuovo arrestato il primo maggio 1929 è scarcerato alcuni giorni dopo. Individuato nuovamente dalla polizia fascista quando ormai è responsabile della Gioventù comunista bolognese, a seguito di arresti a Bazzano girovaga per 7 mesi nelle diverse località della regione emiliana fino al gennaio 1930, dividendo il poco cibo ed i molti rischi con un altro casalecchiese, Ettore Cristoni. Finalmente con l’aiuto del Partito espatria clandestinamente in Francia, dove per vivere, lavora come imbianchino. Nel novembre dello stesso anno viene inviato dal PCd’I in Unione Sovietica per frequentare un corso accelerato di qualificazione politica presso Scuola di Scienze Politiche “Zapada” di Mosca. Dopo la 3. classe elementare Marino ha un brutale impatto con 18 materie di studio, fra le quali la lingua russa, ma si getta a capofitto nello studio. Riesce in qualche modo a cavarsela, ma viene richiamato in Francia nel febbraio 1931 prima della fine dei corsi, essendovi stati arresti all’interno della FGCI. Inserito nella Direzione Nazionale della FGCI, è impegnato dal giugno 1931 a metà del 1932 dal suo Partito nella redazione di un giornale destinato ai giovani italiani immigrati. Nello stesso tempo gli assegnano compiti di collegamento con l’Italia compiendo tre viaggi clandestini in Italia, nel corso dei quali si ferma in Piemonte, Liguria, Lazio e Campania, per promuovere attività antifascista. Nel luglio 1932, è arrestato per una delazione alla frontiera di Bardonecchia (Torino) mentre si accinge a rientrare per la quarta volta in Italia, portando stampati di informazione, di propaganda. Il Tribunale Speciale lo proscioglie per avvenuta amnistia, ma è deferito al Tribunale Militare di Bologna per diserzione, poiché all'atto della chiamata alla leva era latitante, che conferma la condanna ad un anno di reclusione che gli era stata già comminata in contumacia, per cui viene rinchiuso nel Carcere Militare di Gaeta. Al termine della pena, è trasferito a Bologna e deferito alla Commissione Provinciale che lo assegna a 5 anni di confino nell'isola di Ponza (Latina). Dal dicembre 1933 al febbraio 1935 è quindi relegato sull’isola dove già si trova il fratello Ettore. Qui partecipa attivamente alla vita politica e di studio, finché nel 1935 viene condannato a dieci mesi di reclusione da scontare nel carcere di Napoli per aver preso parte ad una protesta collettiva dei confinati che rivendicavano migliori condizioni di alloggio, di vitto e di studio. Mentre è rinchiuso nel carcere di Poggioreale viene promulgata una legge che istituisce la formazione di reparti militari speciali (una sorta di compagnie di disciplina) riservati essenzialmente ai confinati politici e comuni che non avessero risposto alla chiamata di leva. Invece di tornare all’isola di Ponza, Marino Mazzetti al termine della pena, raggiunge uno di questi reparti a Pizzighettone in provincia di Cremona. Riprende l’attività politica organizzando una cellula comunista. Allo scoppio della guerra civile in Spagna, insieme a Giuseppe Boretti e a Giuseppe Sassi, tenta un espatrio clandestino, ma vengono arrestati alla frontiera svizzera, Grazie al padre di Boretti, facoltoso industriale milanese, i tre vengono assolti per insufficienza di prove dopo 5 mesi di detenzione. Il reparto militare è trasferito a Portoferraio nell’isola d’Elba, dove si vuole indurre i deportati ad offrirsi volontari per il CTV di Mussolini in Spagna. Avendo ottenuto l’appoggio finanziario del padre di Boretti per l’acquisto di un motore fuoribordo da applicare ad una vecchia barca da pesca, corrompendo un pescatore del posto e sfruttando l’involontaria complicità del cuoco (di cui utilizzavano le chiavi rimettendole poi al loro posto) e dell’ufficiale di guardia (che avevano abituato a tollerare le luci accese di notte nella camerata), Marino Mazzetti, Giuseppe Boretti ed Eugenio Giovanardi tentano la fuga, intento che si realizza nell'aprile 1937. Una sera, dopo aver segato le sbarre della finestrella della cucina, i tre raggiungono la spiaggia, salgono sulla barca da pesca, remano per un po’ in silenzio fino ad allontanarsi dalle rive dell’Elba, e quindi, ormai al largo, mettono in funzione il motore fuoribordo. Giunti ad oltre la metà del tratto di mare che li separava dalla Corsica, si accorgono però d’aver esaurito tutta la scorta di benzina contenuta in una damigiana da 52 litri. Ricorrono allora all’aiuto della vela. Alle prime luci dell’alba vedono volare in lontananza sull’orizzonte dei piccoli aerei e scorsero i fasci luminosi dei proiettori di alcune motovedette. Li stanno cercando, ma tutto va bene. Con l’aiuto delle correnti marine la barca entra nella mattinata inoltrata nel porto di Bastia. Mazzetti cade sfinito sul molo e gli altri fanno altrettanto. Arrestati dalla polizia francese, i tre, nel tentativo di scagionare il pescatore che gliel’aveva ceduta, dichiarano di aver rubato la barca all’isola d’Elba. Poi chiedono asilo politico in Francia e raggiungono Parigi, mettendosi in contatto con le organizzazioni del Partito comunista italiano all’estero. Dall'aprile 1937 al luglio 1938 Mazzetti dirige, con l'ausilio di altri, i giovani aderenti all'Unione Popolare Italiana e per mantenersi lavora presso l’Esposizione Universale. Nel giugno 1938 accorre volontario in Spagna, e dopo una decina di giorni di addestramento militare, è assegnato alla 2. compagnia del 4. battaglione della Brigata Garibaldi, con la quale partecipa alla battaglia dell'Ebro. Ferito su questo fronte al polpaccio ed alla coscia della gamba destra, Mezzetti si strappa la camicia e ne fa una benda per tamponare il sangue che esce copiosamente. Dal ciglio del sentiero dov’è disteso scorge una pattuglia di falangisti. Raccoglie tutte le bombe a mano e le lancia contro i nemici che se la danno a gambe. Rimane ricoverato per cinque mesi all'ospedale di Moya. Dopo il ritiro dei volontari internazionali, deciso dal governo repubblicano nel settembre 1938, rientra in Francia con i resti delle Brigate Internazionali il 7 febbraio 1939 ed è internato ad Argelès-sur-Mer e Gurs fino al 1941, svolgendo il compito di dirigere i gruppi comunisti. Alla fine del febbraio dello stesso anno infatti, su indicazioni del partito, fugge dal campo nel febbraio 1941 e prende contatto con i comunisti di Marsiglia. Contribuisce alla riorganizzazione dei gruppi comunisti italiani della Francia del Sud, operando, oltre che a Marsiglia, a Tolosa, a Lione, a Nizza e a Grenoble. Successivamente, dal febbraio 1942 all'agosto 1944, quando avviene la liberazione di Parigi, è responsabile della lotta armata dei comunisti italiani residenti nella Francia del Nord contro l'occupante tedesco nell’FTP-MOI. Opera nel maquis con lo pseudonimo di “Fernand”. Riconosciuto partigiano con il grado di capitano delle Forces Francaises de l’Interieur dal 9 settembre 1943 al primo settembre 1944. Rientrato in Italia dopo la Liberazione, è designato membro del Comitato Centrale del PCI. Negli anni del dopoguerra ricopre varie cariche nelle segreterie regionali del Partito Comunista in Sicilia a Palermo ed in Emilia. Per tre anni è segretario della Federazione di Pavia. Cessa l’attività politica nel 1975 per motivi di salute. Muore il 4 febbraio 1986 a Casalecchio sul Reno (Bologna).