Demi Aldo di Pietro e Ventavoli Adelaide, nato il 3 febbraio 1918 a Piombino (Livorno). Meccanico, anarchico poi comunista. Di famiglia operaia, si trasferisce a Torino a 8 anni il 2 ottobre 1926 con i genitori e la sorella Tina. A Torino frequenta le scuole elementari fino alla quinta classe. Successivamente inizia a lavorare come meccanico in una piccola officina di Borgo San Paolo avvicinandosi ai circoli sovversivo e in particolare alla folta comunità toscana e, ancor più in particolare, ha modo di conoscere gli anarchici d’origine pisana e grossetana Cornelio Giacomelli, Dario Franci, Muzio Tosi e Tillo Ticciani. Nel 1930, a 12 anni, compie il suo primo atto di ribellione politica quando si rifiuta di far parte degli “avanguardisti” in camicia nera. A 16 anni, nel 1934, alla morte del padre occupato alla FIAT Ferriere è assunto nel reparto laminatoi con maestranze prevalentemente antifasciste. Vive in Barriera di Milano, ed è collegato con il locale gruppo anarchico. Durante la settimana di ferie del 1936, insieme al cognato Ilio Baroni, tenta di espatriare clandestinamente dal Passo del Moncenisio per poi andare a combattere in Spagna: passaggio che non riesce, in quanto i due vengono intercettati dalla Gendarmerie, che vorrebbe convincerli ad arruolarsi nella Legione Straniera ma, davanti al rifiuto, li riaccompagna liberi al versante italiano anziché consegnarli alla “milizia” fascista. E’ comunque sottoposto a Torino a stretta sorveglianza e nel gennaio 1937 organizza lo “sciopero dei giovani” all’impianto di laminazione: invitato a sospendere l’agitazione rifiuta e viene licenziato e denunciato al Tribunale Militare, poiché la FIAT era “azienda militarizzata” a seguito della guerra di aggressione all’ Etiopia. E’ condannato ad 1 mese e mezzo di prigione, 150 lire di multa ed è senza lavoro. Il 15 agosto 1937 riesce finalmente a emigrare clandestinamente in Svizzera con la sorella Tina ed altri antifascisti entrando da Luino (Varese) con l’aiuto della guida Mario Semolini. Dalla Svizzera passa poi in Francia ed il 17 agosto viene accolto con il cognato a Drancy nei dintorni di Parigi dall’elbano Cafiero Meucci. Qualche giorno dopo consegna ad un compagno una piccola somma da portare in Italia al celebre anarchico/bandito Sante Pollastro condannato all’ergastolo. In Italia è iscritto in Rubrica di Frontiera e nel Bollettino delle Ricerche per il provvedimento di arresto. Entra in Spagna nell'ottobre 1937 e passa dal centro di reclutamento di Albacete e dalla base di istruzione di Quintanar, venendo poi incorporato nella 1. Compagnia del 4. Battaglione della 12. Brigata Garibaldi. Combatte in Estremadura, a Caspe e all’ultima grande offensiva repubblicana sull’Ebro nell’estate 1938, rimanendo ferito alla gamba destra sulla Sierra de Caballs. Aldo viene portato a dorso di mulo all’ambulanza, poi in ospedale da campo .e la notte stessa raggiunge in treno la Clinica Militar de las Brigadas Internacionales di Vich nel retroterra catalano. A seguito della decisione del governo repubblicano di ritirare i volontari stranieri nel settembre 1938, è trasferito a Torellò (Catalogna). Dopo la caduta di Barcellona il 26 gennaio 1939 è costretto a mettersi in marcia verso la frontiera con gli altri volontari smobilitati e con le colonne di profughi in fuga. Esce dalla Spagna il febbraio 1939 e Francia viene internato ad Argelès, dove aderisce al gruppo anarchico "Libertà o Morte", poi a St. Cyprien e Gurs. Accetta di lavorare in una Compagnia di Lavoro per Stranieri (CTE) al fronte nel maggio 1940 lavorando per l’esercito francese. Alla resa della Francia viene catturato dai nazisti a Dunkerque e avviato a piedi in Germania. Riesce a fuggire e passa in Belgio il 13 giugno 1940, raggiungendo Bruxelles dove si mette in contatto con altri connazionali Armanetti Dante, Vannucci Ateo e Bientinesi Armando. Nel 1941 scrive alla madre che fa il meccanico. Dopo un breve passaggio in Germania rientra in Francia e partecipa alla Resistenza. Alla fine della guerra, nel 1945 rientra in Italia e apprende che suo cognato, Ilio Baroni, è caduto in combattimento proprio il 25 aprile, negli scontri per la difesa delle fabbriche e la liberazione di Torino. Riprenderà a lavorare alle Ferriere FIAT: in ottobre viene eletto nella Commissione Interna, in rappresentanza dei libertari torinesi e, nel ‘47, entra a far parte dell’esecutivo della Camera del Lavoro. Collabora con i periodici anarchici “Era nuova” e “Il Libertario”; militante impegnato in conferenze e congressi, nel 1950 aderisce ai GAAP (Gruppi Anarchici di Azione Proletaria), una sigla della organizzazione anarchica, che si autodefinisce “filo leninista” e che si autoscioglierà nel 1957. Tra la fine del 1951 e l’inizio del 1952 entra in una crisi politica che gli fa completamente riconsiderare le sue scelte e decide di abbandonare l’anarchismo, non ritenendolo più adeguato dal punto di vista teorico e organizzativo ad affrontare e a risolvere l’attuale situazione politica e i problemi sociali e con una scelta che fa un certo clamore, aderisce al PCI. Viene nuovamente licenziato dalla FIAT dopo gli scioperi contro la “legge truffa” del 1953 e, da allora, entra a far parte dell’apparato della Camera del Lavoro di Torino: funzionario FIOM, poi Segretario della categoria dei lavoratori tessili (FILT-CGIL). Dal 1960 al 1972 è membro del Comitato federale del PCI torinese e poi della Commissione federale di controllo. Nel 1979 viene eletto nella Segreteria dello SPI-CGIL. Infine, dal 1983 al 1990, svolge il ruolo di segretario dell’ANPPIA di Torino, città in cui muore il 28 agosto 2000.