Damonti Angelo di Aristide e Cecilia Stoppini, nasce a Brescia il 27 luglio del 1886. È segnalato come anarchico. Frequenta le scuole elementari. Chiamato alla leva, presta servizio militare nel 6. Reggimento artiglieria di campagna. Falegname, sin dal 1905 sottoposto a sorveglianza per la sua frequentazione degli ambienti libertari, subendo le prime condanne per moti vo politici. Il 5 agosto di quello stesso anno è arrestato a causa di una sua partecipazione alla protesta organizzata dalla Camera del lavoro e dalla federazione socialista di Milano per l’eccidio di Grammichele (Catania). Nel biennio 1919-20, aderisce alla sezione locale dell'USI, trasferendosi definitivamente nel capoluogo lombardo. dove stringe rapporti con vari esponenti locali del movimento libertario. Come denuncia una nota informativa, egli "frequenta compagnie di anarchici e sovversivi in generale”, iscrivendosi al partito anarchico" (l'UAI) senza però ricoprirvi incarichi particolari. Nel frattempo, avvia un'officina in Corso Venezia. nella quale impiega dei compagni rimasti disoccupati a causa della loro fede politica. Intanto, stringe rapporti con Malatesta e Temistocle Monticelli, partecipando alla fondazione del quotidiano «Umanità Nova». Dal 1920. con Fioravante Meniconi e Mario Mantovani, dirige il Comitato nazionale pro-vittime politiche fino al suo scioglimento. che avverrà nel 1926. Tale incarico lo porta ad assistere coloro che sono fatti segno della reazione fascista. Per questa ragione, è "oggetto di speciale vigilanza e di frequenti fermi per misure di PS, ed ordine pubblico e perquisizioni domiciliari. Nella prima metà del decennio, segue nelle diverse città i processi che hanno come imputati i suoi correligionari, fa loro visita nelle diverse prigioni. dovendosi molto spesso confrontare duramente coi direttori delle stesse e con la polizia che vorrebbero impedirgli di dare aiuto ai reclusi. Infatti, il Comitato è stato costituito per sostenere economicamente i detenuti politici in generale, anche se si dedica con particolare tenacia ad assistere quelli incarcerati per l’attentato al teatro Diana, avvenuto il 23 marzo 1921 7 Il Nostro, raggiungendo a tale scopo anche altri Paesi. cerca di mantenere stretti rapporti tra gli inquisiti, il movimento ed i loro familiari. Distribuisce il denaro ed i pacchi raccolti fra compagni e detenuti, oltre a garantire loro i migliori avvocati: cosi sarà per gli imputati della strage milanese, per i fratelli Amati" o per i membri della «banda dello zoppo» dei fratelli Scarselli. Nello svolgere tale attività, molto spesso deve subire la violenza fascista, Nel febbraio del 1923, è arrestato con altri in occasione della soppressione della rivista di Carlo Molaschi «Pagine libertarie». Tre anni dopo, all’indomani dell'attentato al duce compiuto a Bologna da Anteo Zamboni. un gruppo di camicie nere organizza una spedizione punitiva contro il ristorante gestito dal Nostro. Mentre lui riesce a fuggire. gli squadristi si vendicano sulla figlia, arrestandola. La situazione si è fatta insostenibile: dopo “essere Stato percosso dai fascisti e minacciato di morte", decide di espatriare clandestinamente. Così il 12 luglio del 1927 attraversa il confine con la Francia. Iscritto nella rubrica di frontiera. dopo qualche tempo sarà raggiunto a Parigi dalla sua compagna di Vita. Adele Bernazzoli e dalle figlie Vaifra e Anita. Sono anni difficili per il movimento anarchico in esilio, indebolito sia dalla repressione esercitata contro i suoi militanti dalle autorità, che dalle lotte intestine". Vittima di questo Stato di cose sarà anche il CAPVPI di cui Damonti ne è Stato prima l'amministratore e, dopo l'arresto di Pietro Bruzzi, nel marzo del 1928, il responsabile. Nello stesso anno. è segnalato a Courbevoie (Seine), quindi a Rivery (Somme), mentre nel febbraio del 1930 vive a Puteaux, dove esercita il mestiere di venditore ambulante. Qui. tra gli altri, frequenta Edoardo Angeli, Bianconi e Giuseppe Bonora. Inoltre, condivide l’abitazione con Giancarlo Rognoni. condannato dal Tribunale speciale a due anni di carcere. ln marzo è a Fontenay-sous-Bois, piccolo centro della regione parigina, dove ha avviato alcune attività: una tintoria di cui è proprietario e che fa gestire dalla figlia Anita, mentre con Tosca e Fantozzi conduce un'impresa cooperativa "abbastanza prospera” e nella quale impiega alcuni correligionari privi di documenti. Tra questi la polizia segnala Gozzoli, uscito da poco di prigione, e che sarà nuovamente arrestato proprio in casa del Nostro per non aver ottemperato al decreto di espulsione. Nel frattempo continua ad assistere i compagni di fede perseguitati dal fascismo. animando con Antonio Scotto il Comitato pro-vittime politiche di Parigi. Sempre a Fontenay, dove ha sede uno dei maggiori gruppi anarchici della regione, si incontra con Michele Schirru, senza che questo però lo metta al corrente del suo progetto di attentare alla vita di Mussolini, ed anche con Ersilio Belloni, prima che rientri in Italia con lo stesso obiettivo. Gli organi di pubblica sicurezza sono a tal punto ossessionati da tali minacce, che finiscono per denunciare la partecipazione anche del Nostro ad un ennesimo complotto. Si sa invece, con certezza, che all'inizio degli anni Trenta, egli e Pietro Pirola svolgono un'intensa attività di propaganda sia a Parigi che in altre città della Francia sempre per conto del Comitato. Intanto gli informatori continuano a tenerlo sotto stretta sorveglianza: nel luglio del 1933 è dato come residente a Vincennes (Seine) dove partecipa alle riunioni del suo gruppo svolgendo "notevole attività politica", tanto che il 24 dicembre del 1934, le autorità decretano la sua espulsione dal Paese. Trasferitosi per qualche giorno con la figlia Anita a Bruxelles ospite di Mantovani. ritorna a Fontenay dove clandestinamente frequenta gli ambienti libertari della zona per organizzare una agitazione contro le autorità francesi che non vogliono riconoscere il diritto di asilo agli esuli antifascisti. Infatti. nell'aprile del 1935. partecipa ad una riunione presso la CGT parigina dove incontra Marzocchi che sta sostenendo la lotta per la sospensione dei decreti di espulsione emessi contro molti libertari, tra i quali Bonomini, La situazione del Nostro non è certo migliore. in quanto può usufruire di permessi di soggiorno rinnovabili trimestralmente (sursis). Nel marzo del 1936 incontra Berneri, mentre il 9 maggio, a causa di una mancata proroga del permesso. deve lasciare Parigi e raggiungere nuovamente Bruxelles, accompagnato da tutta la famiglia, Qui riprende l'attività politica a fianco di Mantovani, frequenta la Maison huit heures, "noto ritrovo di anarchici", e partecipa alle riunioni di un gruppo di ex combattenti antifascisti. ln Belgio può contare sull ' amicizia e l'appoggio di Lèon Jouhaux. segretario generale della CGT francese. E dell’Association belgo-italienne des anciens combattants di Bruxelles, Affittato un piccolo locale nella centralissima rue des Halles (Palais d'Etè). inizia la produzione ed il commercio di pasta alimentare, anche se "non trascura l'idea": appena può, "va in cerca dei compagni anarchici e non lascia passare nessuna occasione per riaffermare la sua fede e a fare propaganda contro il fascismo"". La polizia gli da tregua; non avendo ottenuto il permesso di soggiorno. gli viene ingiunto di lasciare la città fiamminga entro agosto. Ma per l'intercessione senatore socialista Volckaert e del Fondo Matteotti". riesce a ottenere una proroga. Infatti, alla fine di novembre del 1936. è visto partecipare ad una riunione del Comitato anarchico pro-Spagna che assiste economicamente i familiari dei lavoratori andati a combattere. Però. alla fine di gennaio del 1937, deve lasciare Bruxelles perché non gli è stato più rinnovato il permesso, nonostante il ripetuto intervento sia del Fondo Matteotti che della sezione belga della LIDU. organismo creato proteggere gli italiani dalle espulsioni arbitrarie. Cosi rientra a Parigi, ma per trasferirsi subito dopo in territorio iberico svolge incarichi politici per il movimento libertario italiano. Si fermerà solo per alcuni mesi; nell'ottobre del 1937 è condannalo a trenta giorni di reclusione per non aver ottemperato al solito decreto di espulsione dall’ Esagono. Non è un caso allora. che il suo nome compaia in elenco di esuli politici che in Francia "hanno svolto notevole attività sovversiva"_ Non si avranno più sue notizie sino al 1939, quando ricompare a Clichy. nella periferia parigina, dove fa il portinaio, Condannato per aver contravvenuto ad un nuovo decreto di espulsione, non demorde: a parere del Ministero degli interni, continua a svolgere ancora una notevole attività politica. Iniziata la seconda guerra mondiale. partecipa alla Resistenza francese nei Francs-Tireurs et Partisans. Sara attivo fino al 20 agosto del 1944. giorno della liberazione di Parigi. Durante la lotta diviene l'uomo di fiducia del sindacalo delle industrie elettriche aderente alla CGT clandestina, incaricato di effettuare lavori di manutenzione sulla rete ferroviaria. Ciò gli permette di continuare la sua militanza. nascondendo in un treno-parco destinalo alla manutenzione. nutrendo e avviando verso le formazioni partigiane, decine di lavoratori altrimenti destinati alla deportazione in Germania. Terminata la guerra. nel 1948 rientra in Italia. a Milano. dove aderisce alla Federazione anarchica italiana, ricoprendo anche l’incarico di vicepresidente e consigliere nazionale dell’associazione perseguitati politici italiani antifascisti (ANPPIA). È presente ad ogni congresso del movimento e si dimostra un prezioso aiuto per quei giovani che nei primi anni Sessanta rapiranno nel capoluogo lombardo il viceconsole della Spagna franchista, Isu Elias, come protesta contro la repressione in atto in quel Paese, fornendo loro assistenza morale e materiale. Nel 1960, a soli 48 anni, scompare la figlia Anita, ricordata dalle colonne di «Umanità Nova.» come '"esule libertaria, al fianco del padre. partigiana, e deportata nel lager nazista di Auschwitz. Damonti muore il 15 novembre 1966.
Annotazioni: Scheda biografica redatta da Roberto Cucchini per il volume I soldati della buona ventura: militanti antifascisti bresciani nella guerra civile spagnola (1936-1939) 2. ed. riveduta e aggiornata. - Rudiano (Bs): GAM, 2011 [ISBN] 978-88-89044-56-8
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