Lugli Bruno di Luigi, nato il 21 luglio 1901 a Urbino (Pesaro-Urbino). Elettricista, repubblicano. Nato da famiglia di tradizioni mazziniane, fin da giovane milita nella gioventù repubblicana (segretario del Circolo giovanile repubblicano di Pesaro). È uno dagli animatori dei moti del giugno 1920, durante i quali con altri dimostranti. assale e occupa il corpo di guardia della polveriera di Angherà. Processato il 20 gennaio 1921 viene assolto il 12 febbraio. in quanto la giuria fa ricadere la colpa sui soldati di guardia che avrebbero spontaneamente consegnato le armi. Nel 1922 per sfuggire alle persecuzioni fasciste si trasferisce a Roma. Qui lavora in proprio come elettricista ma dedica molto del suo tempo all' attività politica sempre nelle file del Partito repubblicano. Collabora al giornale '"Alba Repubblicana", stringe amicizia con Randolfo Pacciardi. Dopo il delitto Matteotti progetta un attentato contro Mussolini. Sul finire degli anni venti aderisce al movimento Giustizia e Libertà, fondato da Carlo Rosselli. Nel 1931 al rientro da un viaggio all'estero viene tratto in arresto, ma la polizia non riesce a reperire nessuna prova della sua attività cospiratoria. Ciò nonostante il clima di persecuzioni e di pesanti sospetti dell'OVRA nei suoi confronti lo inducono nel 1932 ad espatriare clandestinamente in Svizzera, a Lugano, già ritrovo di un gruppo di giellisti in esilio. Si stabilisce presso l'abitazione del socialista Canevascini. ln Svizzera si dedica con appassionato impegno all' attività politica, entra a far parte di un gruppo di giovani giellisti e tiene corrispondenza con Emilio Lussu che da Parigi dirige il movimento. Nel febbraio 1934 è a Ginevra. quindi in Francia ad Annemasse (Alta Savoia), per prendere parte alle manifestazioni per commemorare il centenario della spedizione mazziniana in Savoia. Nel marzo successivo partecipa al congresso del Partito repubblicano che si svolge a Lione il 24 e 25 marzo. Il 2 agosto 1935 è arrestato dalla polizia elvetica mentre con altri compagni (Garosci, Piatti) sta cercando. con dei palloncini, di inviare in Italia manifestini di propaganda antifascista. Dopo qualche mese viene espulso dalla Confederazione elvetic. Ripara in Francia a Parigi il 10 novembre e si stabilisce presso il suo amico l 'avvocato Mario Angeloni. Continua la sua attività politica a favore del movimento Giustizia e Libertà a fianco di Angeloni e Cianca. Allo scoppio della guerra civile, parte da Parigi il 18 agosto 1936 per raggiungere la Spagna e il 20 è a Barcellona alla caserma Pedralbes per l’addestramento. E’ subito impegnato con la Sezione Italiana di Carlo Rosselli e Camillo Berneri della Colonna Ascaso della CNT-FAI, nel combattimento sul Monte Pelato dove cade il suo compagno Angeloni. A fine anno passa al Battaglione Garibaldi meglio organizzato e al comando del suo amico Pacciardi. Nei primi del dicembre 1936 ritorna in Francia per qualche giorno, II 10 raggiunge di nuovo il Battaglione Garibaldi assieme con trecento volontari partiti da Albacete al comando di Guido Picelli. Viene assegnato al reparto radio-telefonisti con il grado di sergente, partecipa alle battaglie di Boadilla del Monte, Jarama. Guadalajara, Sciolto il Battaglione Garibaldi entra nella Brigata Garibaldi, con il grado di vice-comandante del reparto radiofonisti. Continua anche durante la guerra la sua propaganda politica. Muore il 16 luglio 1937 durante la difesa di Villanueva del Pardillo, colpito da una scheggia di granata. Sepolto nel cimitero di Fuencarral, tomba numero 326. Il “Nuovo Avanti” di Parigi il 25 settembre 1937 pubblica il suo necrologio scritto ad un suo anonimo commilitone: “Sono le prime parole che scrivo sulla guerra di Spagna e voglio scriverle per te. Parlando di te con la semplicità che ti era compagna anche nelle espressioni più belle della tua bella anima. Potrei tessere una ghirlanda di superlativi e magnificare il tuo nome. Potrei chiamarti “eroe” ma perché? Se tu potessi ancora parlarmi e sorridermi come allora, mi rimprovereresti. E poi gli eroi divenuti tali dopo morti costituiscono nel novantanove per cento una bandiera sventolata da coloro che sono destinati a rimanere sempre senza bandiera. No, Bruno. Di te dirò solamente, era un uomo. Di te dirò soltanto, era buono. Quante volte ti ho sorpreso a parlare ai compagni come un fratello maggiore che abbia una serena visione della vita. E che sappia comprender le mille, piccole contrarietà, che sorgono senza un perché o, tutto al più, per un motivo insignificante. Nuvole. Nuvole che hanno la pretesa di umiliare l’azzurro dell’anima e che il vento del buon senso disperde perché possa tornare a brillare il sole. V’era tanto sole nel tuo cuore. E tu ce lo distribuivi sorridendo continuamente. Mi mare di vederti con la cassetta del telefono sulle spalle. Così piccino, si diceva che tu riuscissi a passare tra una pallottola e l’altra. E quasi quasi ci credevamo. Anche perché sembrava che tu volessi dimostrarcelo, in tutte le azioni, esponendoti al pericolo più che ognuno di noi. Ma per te – e noi lo avevamo compreso benissimo – l’unico pericolo era che la linea non funzionasse. E poi quando uno ha il senso del dovere così sviluppato come tu lo avevi, la morte non può essere che un semplice insignificante incidente. Ti si chiamava anche: il cospiratore. Perché tu la rivoluzione l’avevi nel sangue. Non potevi pensare che vi fosse un sentimento al di sopra del tuo sentimento politico. Non potevi pensare che vi fossero problemi che potessero distoglierti, sia pure per un momento, da problemi del tuo Partito. E passavi le notti curvo sui taccuini pieni d’appunti o a scartabellare gli innumerevoli foglie e foglietti che ti riempivano le tasche. Credo che tu solo sapessi l’importanza storica di quello che portavi nel tuo tascapane. Povero Bruno! Ti rivedo ancora girare e girare lungamente intorno al Comando e guardare come chi aspetti un’occhiata o un gesto incoraggiante. Avevi sempre il timore di molestare. Avevi sempre il timore che Pacciardi, il tuo Pacciardi, non fosse contento di vederti. E passavi al largo. E bisognava chiamarti se si voleva avere un po’ di quel tuo sorriso tanto buono. Al Jarama l- e cannonate piovevano che si era tentati di osservare: “Beh ora esagerate!” – mi arrivasti così tranquillo che non sapevo se ammirati o rimproverarti. E cercai d’inchiodarti, dietro il riparo di un argine con un ordine che, in qual momento, ognuno avrebbe raccolto con entusiasmo. Tu sorridesti. Come sempre. Disteso al mio fianco m’informasti della situazione delle altre compagnie. Poi: “Bisogna andare” mi dicesti e ti vidi – ancora una volta – passare tra un inferno di mitraglia. Così a Morata de Tajuña. E in tutte le altre azioni: “Bisogna andare”. Era la tua parola d’ordine. La morte ti ha sorpreso al tuo posto. Avesti ancora la forza di scrivere poche parole per raccomandare a Pacciardi il tuo tascapane dove conservavi l’archivio del tuo Partito. Poi, poi - ne sono sicuro – la coscienza di aver compiuto nella vita tutti i doveri che la vita impone, ti fu conforto. E ci sorridesti. Con l’ultimo sorriso racchiudente in sé la soddisfazione del sacrificio compiuto. “

Annotazioni: Alcuni documenti ufficiali riportano il 17 come data di morte. Scheda biografica redatta da Roberto Lucioli per il volume Gli antifascisti marchigiani nella guerra di Spagna (1936-1939) [Ancona]: ANPI Marche/Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nelle Marche, stampa 1992 sulla base delle seguenti fonti: Comune di Urbino; A. Lopez. Antifascisti italiani caduti nella guerra di Spagna 1936-39 Aicvas, Roma 1982.p.14; A. Lopez, La colonna italiana Aicvas, Roma 1985, p.27; A. Lopez, Il Battaglione Garibaldi Aicvas. Roma 1990, p.33; S, Attanasio, Gli Italiani e la guerra di Spagna, Mursia, Milano, 1974, p.65; M. Cerutti, Fra Roma e Berna, Angeli, Milano 19986, pp. 181,363, AAVV., Enciclopedia dell’Antifascismo e della Resistenza, La Pietra, Milano, Vol III, 1976, p.429: P. Fiori, Bruno Lugli garibaldino di Spagna, Comune di Pesaro, 1977; P. Giannotti. (a Cura di) La provincia d/ Pesaro e Urbino nel regime fascista, Il lavoro editoriale, Ancona 1986, p.266; L. Magagnato, Profilo di Bruno Lugni in Voce Repubblicana del 5 luglio 1967; G. Mari, La resistenza nel pesarese e la partecipazione degli jugoslavi, Pesaro 1964, p.24; P. Pergoli, Bruno Lugli in Marche repubblicane, 26-3-1950. Si ringrazia Fabrizio Mancini per aver fornito copia del necrologio sul Nuovo Avanti.