Emilio Lionello di Francesco e Baldin Ermenegilda, nato il 28 aprile 1909 a Venezia. Carpentiere in ferro, comunista. All’entrata in guerra dell’Italia nella I guerra mondiale il 24 maggio 1915 viene ferito da una bomba d’aereo austro-ungarica che cade sulla sua casa a Venezia, sestiere di Castello civico 985, sfondando il tetto ma fortunatamente senza esplodere. Frequenta la scuola “Gaspare Sozzi” fino alla terza elementare. Lasciata la scuola lavora come garzone ed anche in una fornace di una vetreria a Murano. A 15 anni nel 1924, è assunto come carpentiere in ferro nei cantieri navali nell’isola di Sant’Elena, dove lavora il fratello maggiore Vittorio (condannato nel 1926 a cinque mesi di carcere). Su invito del fratello aderisce al sindacato e inizia a far proseliti tra gli operai. Nel 1926 si iscrive al Partito Comunista d’Italia clandestino, riceve l’incarico di seguire i simpatizzanti ed i giovani comunisti del sestiere di Castello ed in breve tempo la sezione comunista mostra segni di risveglio fra gli operai e disoccupati. Viene più volte diffidato dalle autorità e violentemente aggredito dai fascisti. Arrestato il 28 novembre 1927 per ricostituzione del Partito Comunista viene processato dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato e condannato con sentenza del Tribunale Speciale n. 7 del 5 febbraio 1929, a 4 anni e 2 mesi di carcere e tre anni di vigilanza speciale. In carcere a Finalborgo (Savona) dall’11 marzo 1929, vi rimane fino al 22 ottobre 1931. Trasferito a Padova è rimesso finalmente in libertà il 26 gennaio 1932. Dopo pochi mesi il 21 agosto 1932 espatria clandestinamente, partendo da Chioggia (Venezia) a bordo di un peschereccio con altri due compagni, Edoardo Rigato ed Enrico Baldisseri, sbarcando in Croazia. Arrestato con i compagni viene incarcerato a Zagabria. Rimesso in libertà passa il confine austriaco, ma arrestato dai gendarmi viene condotto nel carcere di Graz (Austria). Liberato con foglio di via arriva a Vienna, dove incontra il compagno Lerda che lo aiuta ad attraversare la Svizzera con l’aiuto di anarchici e comunisti per arrivare in Francia, prima a Mentone poi a Marsiglia e successivamente a Tolosa da dove invia una lettera al padre con un falso indirizzo Rue Riquet 92 Tolosa, per depistare la Polizia segreta fascista alla sua ricerca. Rimane a Tolosa per poco tempo ospite del compagno Giovanni Faraboli ed in treno giunge a Parigi. Nel settembre 1932 viene iscritto nel Bollettino delle Ricerche supplemento dei sovversivi per il provvedimento di arresto. E’ In quel periodo che prende il nome di “Emilio Giacchetta”. A Parigi prosegue l’attività politica aderendo alla corrente di Amadeo Bordiga, per cui nel 1934 viene espulso. Nell’aprile 1933 è arrestato con Duilio Romanelli per aggressione ad Giovanni Battista Arcidiacono, un fascista spia dell’OVRA, e poi rimesso in libertà. Il 13 luglio è espulso dal territorio francese, ma il provvedimento non gli viene recapitato in mancanza di un domicilio. Lionello continua quindi risiedere a Parigi conducendo una vita durissima di fame e stenti. Allo scoppio della Guerra civile in Spagna è fra i primi a partire da Parigi dalla stazione ferroviaria di Gare d’Austerlitz con i compagni Enrico Russo, Mario Bramati “Monza”, Giuseppe Morini, Bruno Zecchini, Renato Pace Gildo Belfiore “Padovano”. Il viaggio viene finanziato da Carlo Rosselli capo di “Giustizia e Libertà”. In Spagna a Barcellona si arruola con gli altri bordighisti nelle milizie del POUM (Partido Obrero de Unificaciòn Marxista), formazione comunista antistalinista. Partecipa a numerosi eventi bellici sul fronte aragonese nella Colonna Internazionale “Lenin”, guidata da Enrico Russo. Al fronte conosce Eric Arthur Blair più conosciuto come George Orwell anch’egli combattente con le milizie del POUM, che verrà ferito al fronte. Rifiutata la militarizzazione delle milizie di porta a Barcellona, dove alloggia all’Hotel Parisien. Il 3 maggio del 1937 è sorpreso dagli scontri che contrappongono il governo catalano (Generalitat) ed i comunisti, agli anarchici appoggiati dal POUM. Lionello partecipa agli scontri, che al termine di una settimana si concludono con la vittoria del governo al prezzo di alcune centinaia di morti. La repressione governativa si abbatte allora sul POUM che viene sciolto, i suoi dirigenti arrestati ed il segretario Andreu Nin arrestato ed in seguito assassinato. Lionello viene arrestato e trascorre 4 mesi al carcere “Modelo” di Barcellona, e poi torna a lavorare in fabbrica. Nel giugno 1937 è nuovamente arrestato durante una retata in un’osteria di Barcellona perché trovato con una tessera del POUM in tasca e riportato al carcere Modelo. Lionello partecipa alle proteste dei detenuti antifascisti alla fine del 1937. Poi con altri prigionieri è trasferito nel campo di lavoro di Onells de Na Gaia (Lèrida). Dopo la fucilazione nel campo di dodici detenuti come rappresaglia all’evasione di due prigionieri, Lionello firma con altri una denuncia, protestando contro le esecuzioni e le condizioni del campo, dove sono costretti a lavorare 11 ore al giorno senza ricevere alcun trattamento medico se malati alla mercè delle brutalità dei guardiani. Riportato a Barcellona, nel gennaio del 1939 con l’avvicinarsi delle truppe di Franco per la rottura del fronte catalano, nella confusione generale le guardie fuggono. I prigionieri politici vengono allora liberati per iniziativa di un giovane anarchico che apre tutte le celle e permette ai detenuti politici di fuggire salvandoli da morte certa. Lionello si dirige allora alla frontiera francese e riesce ad abbandonare la Spagna attraversando i Pirenei a piedi dal piccolo paese catalano di La Vajol. Dopo qualche giorno in Francia viene fermato dalla gendarmeria francese e nel febbraio del 1939 viene internato ne campo di concentramento francese di Saint Cyprien e successivamente in quello di Gurs, da dove fugge raggiungendo Parigi e poi Bruxelles. A fine maggio del 1940 chiede al consolato italiano di essere rimpatriato. Viene arrestato al confine italiano del Brennero poiché su di lui pende una condanna di un anno di carcere per essere fuggito durante il periodo della sorveglianza speciale. E’ condotto presso la Casa di Lavoro di Imperia da dove viene liberato a fine giugno del 1941. Rientra a Venezia, ma viene ancora arrestato e condotto nel campo di concentramento di Castello di Montalbano a Rovezzano (Firenze), in quanto ritenuto pericoloso durante le contingenze belliche. Liberato il 6 settembre del 1943, rientra a casa a Venezia. Prende allora la decisione di unirsi alle bande partigiane che si stanno costituendo in Veneto. Per riuscire a lasciare Venezia, si presenta al comando tedesco offrendosi come lavoratore volontario per l’organizzazione Todt. Salito sul treno ha intenzione di fuggire appena possibile per unirsi ai partigiani. Il piano fallisce per la stretta vigilanza al treno e si trova in Germania e poi in Polonia, dove viene internato nel campo di Katowice (Polonia), uno dei 45 sottocampi di Auschwitz. Viene liberato dall’Armata Rossa il 27 gennaio 1945 e supera la diffidenza dei sovietici nei confronti di un italiano, intonando “L’Internazionale”, venendo finalmente assistito e sfamato. Rimessosi in sesto parte da Katowice con un treno lo porta in Bielorussia dove rimarrà bloccato per diversi mesi. Finalmente alla fine del 1945 Emilio Lionello giunge a Venezia dopo un lunghissimo viaggio in treno durato 44 giorni attraversando mezza Europa fra mille difficoltà. Nel dopoguerra non si occupa più di politica e, pur mantenendo la sua fede comunista, non riallaccia rapporti con il PCI. Muore a Venezia il 9 maggio 1996. Nel 2024 il figlio Francesco Lionello pubblica una biografia del padre dal titolo “Sovversivo. Un veneziano alla guerra di Spagna, una vita alla ricerca dell’utopia”.