Chiesa Mazzini (Mazzino) di Garibaldo e Cini Ada, nato l’11 novembre 1908 a Livorno. Marittimo, comunista. Il nonno paterno ha partecipato a tutte le guerre del Risorgimento con Garibaldi e il padre, fervente mazziniano, chiama la figlia Mazzina e un fratello Oberdan (anche lui volontario in Spagna). Garzone in una pasticceria, nel gennaio 1921 va a curiosare al Teatro Goldoni, dove si svolge il Congresso Nazionale socialista e dove viene fondato il Partito Comunista d’Italia. Tre anni dopo nel 1924 si iscrive alla Gioventù Comunista ed inizia l’attività di propaganda, sfuggendo alle squadre fasciste. E’ nominato dal Partito Comunista d’Italia responsabile del settore di Via Garibaldi, del Pontino e della Fiorentina. Nella seconda metà del 1926 cura i rapporti fra il Sindacato Comunista di Livorno e quello centrale di Milano. Arrestato dalla polizia è imprigionato nel carcere minorile napoletano di San Pietro e schedato. Arruolato come cannoniere nel gennaio 1928, è imbarcato sulla nave Cavour, poi sulla Missori e infine sulla Indomito. Sempre sorvegliato dai comandi militari, in quanto diffonde il giornale "Il marinaio Rosso". Congedato nell'aprile 1930, è arrestato perché sospettato di voler celebrare il XIII anniversario della Rivoluzione d’Ottobre. Il 17 maggio 1931 temendo un nuovo arresto si reca clandestinamente in Francia su un rimorchiatore diretto in Corsica, insieme a Lanciotto Corsi. La traversata dura ben 42 ore per le avverse condizioni atmosferiche, ma all’arrivo a Macinaggio incontra Ilio Barontini appena fuggito anche lui da Livorno. Per l’emigrazione clandestina viene condannato in contumacia a due anni di galera e a 20.000 lire di multa. Prosegue la sua attività antifascista a Bastia dove viene condannato dal Tribunale penale locale a un mese di reclusione e all’espulsione da quel dipartimento per aggressione nei confronti di Sebastiano Patania, squadrista livornese, sospettato di essere una spia dell’OVRA, infiltrata nell’ambiente dei fuoriusciti antifascisti. Da Bastia si trasferisce poi a Parigi dove, sotto lo pseudonimo di Ernesto Boschi, svolge attività organizzativa per il PCd’I. In seguito Si trasferisce a Tolosa e poi a Marsiglia, dove diventa responsabile della Federazione Lavoratori del Mare. In patria è iscritto con scheda n.01354 a p.51 del Bollettino delle Ricerche del 1932 e nella Rubrica di Frontiera. Si trasferisce allora in Algeria, a Orano, per costituire cellule comuniste tra i marinai italiani e poi a Bona nel 1934, rientrando in Francia solo alla fine del 1935, diventando amico di Giuseppe Di Vittorio. Arrestato sotto falso nome è espulso in Belgio, poi in Lussemburgo, Germania per poi tornare in Francia. A Parigi è in contatto con Alfredo Boschi e considerato in Italia molto pericoloso è iscritto nelle liste degli attentatori. Nell’ottobre del 1935 Chiesa partecipa la Congresso antifascista di Bruxelles, e poi viene arrestato e tenuti in carcere a Montauban vicino Tolosa, per aver protestato davanti al Consolato fascista. Nell'agosto 1936, lasciata la carica di fiduciario della Federazione lavoratori del mare, e anche membro del Comitato pro Spagna repubblicana, si arruola in Spagna nella Sezione italiana di Carlo Rosselli e Camillo Berneri, aggregata alla della Colonna Ascaso della CNT-FAI, come delegato politico del gruppo comunista, e combatte il 28 agosto a Monte Pelato. Su l’Unità n. 11 del 1936 presumibilmente apparso nell’autunno e diffusa clandestinamente in Italia dai militanti del PCd’I , in seconda pagina compare un articolo – firmato con lo pseudonimo A. Masaniello – attribuito a Mazzino Chiesa. Nella corrispondenza dal fronte aragonese, l’autore descrive lo scontro di Monte Pelato del 28 agosto 1936. Sulla collina, non lontano da Huesca, la formazione dei volontari italiani respinge, a prezzo di gravi perdite, l’attacco di un migliaio di nazionalisti bene armati e appoggiati almeno da “un’autoblindata”, come riporta lo stesso Chiesa. Tra fine ottobre ed inizio novembre Chiesa lascia la colonna con il professor Piero Jacchia recandosi ad Albacete dove si arruola nel Battaglione Garibaldi col grado di sergente. Dalla primavera 1937 è anche nella Marina da guerra repubblicana addetto alla protezione della navigazione tra Alicante, Valencia, Cartagena e l'URSS. A lungo svolge il compito di corriere fra la Spagna e la Francia per l'arruolamento di volontari, poi nell'aprile 1938 viene assegnato a una flottiglia di motoscafi veloci addetta al trasferimento notturno dei guerriglieri destinati a sabotaggi sulle linee nemiche nelle prossimità di Terragona. Al ritiro dei volontari internazionali deciso dal governo repubblicano nel settembre 1938 Chiesa è portato nel campo di smobilitazione di Torellò, dove rivede il fratello Oberdan. Dopo la caduta di Barcellona il 26 gennaio 1939 è costretto ad avviarsi alla frontiera con gli altri volontari e le colonne di profughi in fuga. Lascia la Spagna il 7 febbraio 1939 e in Francia, è internato ad Argelès insieme al fratello Oberdan. Evaso dopo 6 giorni, rientra a piedi a Marsiglia percorrendo a piedi 400 chilometri e da lì dopo aver incontrato Giuliano Pajetta, si imbarca clandestinamente per Tunisi in aprile. Qui prende contato con Giorgio Amendola e Velio Spano redattori del giornale antifascista “Il giornale”. Sospettato di partecipazione nell'attentato al Dopolavoro fascista di Bab El Khada, dopo una perquisizione domiciliare, viene trovato in possesso di una bomba e tre pistole e viene pertanto espulso il 3 agosto del 1939. Di nuovo a Marsiglia, è arrestato per violazione del decreto di espulsione e sconta sei mesi di carcere. Rilasciato nel febbraio 1940, si imbarca come carbonaio su un vapore per Atene. Dopo l’aggressione di Mussolini alla Grecia è imprigionato in un campo e risulta fino al 1942 attivo nella propaganda comunista fra le truppe italiane e nella Resistenza comunista dell'ELAS. Dopo la sconfitta dell’ELAS da parte delle truppe inglesi, Chiesa è costretto a lasciare la Grecia. Raggiunge Bari il 1° maggio 1945 e da lì si sposta a Roma, dove incontra Barontini che lo riaccompagna in macchina a Livorno e gli comunica la morte del fratello Oberdan. Dopo la Liberazione apre una pompa di benzina e riprende la militanza nel PCI. E’ critico nei confronti dei comunisti, soprattutto dopo i fatti di Ungheria, ma molto attivo nelle organizzazioni democratiche e di solidarietà col popolo spagnolo, membro del consiglio direttivo dell'ANPPIA e consigliere nazionale dell'AICVAS. E’ lui che ottiene dall’amministrazione di Livorno la posa di una lapide nel municipio a ricordo dei volontari livornesi in Spagna. Muore a Livorno il 3 marzo 1975.