Lario Plinio di ignoti, nato il 5 settembre 1894 a Biella. Tessitore, meccanico, commerciante, comunista. Iscritto al Partito Come molti orfani, a Lario viene dato un nome preso in prestito dalla letteratura classica. Sposato con Maria Bondà, originaria di un paese vicino, Gattinara, e di tre anni più giovane di lui in una data imprecisata, meccanico dell'industria laniera locale è coinvolto nel movimento socialista che, nel novembre 1919, si solleva contro l'alto costo della vita e porta al Biennio rosso. Comunista dalla sua fondazione nel 1921. Segretario di cellula e poi segretario del Comitato regionale è responsabile degli Arditi del Popolo. Arrestato più volte subisce una condanna a 5 anni di confino. Trasferitosi nel 1925 ad Altamura (Bari), dove per tre anni esercita la professione di commerciante. Nel 1928 emigra clandestinamente in Ungheria Jugoslavia e Austria ed infine in Francia, stabilendosi a Castelnau Durban (Ariège). In Italia viene iscritto nel Bollettino delle Ricerche e nella Rubrica di frontiera per il fermo. Militante molto attivo, usa vari nomi di copertura, tra cui Raimondo Falco e Luigi Cansian. La moglie si separa da lui, sostenendo che è aggressivo e irascibile. Tornato a Milano, aderisce al Comitato Proletari Antifascisti e poi, nell'estate del 1929, al movimento socialista Giustizia e Libertà (GL) di Carlo Rosselli. Lavora con Umberto Ceva, che gli insegna a maneggiare gli esplosivi. Il 31 maggio 1930, con il suo vero nome, Lario accetta un lavoro come meccanico presso l'azienda di motori di Maurice Chaise a Parigi. Sotto il nome di Cansian alloggia in una discreta garitta di Villejuif. Il 22 settembre lascia questi due indirizzi per recarsi in Austria, ma torna tre giorni dopo. In realtà, si reca a Milano per raccogliere denaro e materiali (800 grammi di dinamite, capsule fulminanti e una corda detonante) per assemblare un ordigno esplosivo. Tornato nel suo rifugio, assume un lavoro, sotto il nome di Mario Pino, presso l'officina Depienne di Ivry, fino all'incidente sul lavoro del 22 ottobre successivo. Il 28 ottobre 1930 viene arrestato perché trovato in possesso di una bomba che intendeva collocare nella sede del Fascio di Parigi. Dopo aver scontato una condanna a tre anni di reclusione (in seguito alla quale viene schedato nel Casellario politico centrale), è espulso e si rende irreperibile. Quando è rilasciato il 1° gennaio 1934, dapprima scompare per evitare la deportazione in Italia. Rifugiatosi nella regione di Tolosa, si fa conoscere con un nome poco visibile, Ilario Plinio, che gli permette di mantenere la data di nascita. Riprende il suo lavoro di meccanico, ma è più attivo nei comitati antifascisti che nel Partito comunista italiano (PCI), come dichiara il 29 settembre 1936, quando si arruola per andare in Spagna il 28 luglio 1936. Opera con un gruppo di italiani nella regione basca, combattendo a Irún e in altre località. In seguito all'avanzata dei fascisti nel Nord, ripara temporaneamente in Francia, arruolandosi successivamente nella squadriglia España come tecnico, con la quale combatte sul front di Madrid; viene quindi trasferito alla brigata "treni blindati" col grado di tenente. Partecipando alla battaglia di Brunete nel luglio 1937, si fa notare dal colonnello Vicente Rojo Lluch, capo di Stato Maggiore dell'Esercito del Centro. Quell'estate Plinio entra nel Servicio de Informaciòn Militar (SIM), con il grado di capitano. Lavora dapprima al fronte e poi, in seguito a un'operazione di appendicite, è trasferito al reparto di ispezione della posta (censura) per la Marina e l'Aeronautica repubblicana. Nel marzo 1939, mentre il fronte di Madrid stava per cedere, tenta di imbarcarsi ad Alicante su una delle ultime navi in partenza per la Francia. Fatto prigioniero dalle truppe nazionaliste, riesce a fuggire e unendosi ai civili in fuga verso la Francia, raggiunge Perpignan. Alla Camera del Lavoro gli viene consegnata una somma di denaro che gli consente di tornare a Tolosa, evitando l'internamento in un campo previsto dalle autorità francesi. Scoppiata la II guerra mondiale cambia il nome in Raymond Falco. Torna al suo lavoro di meccanico presso una fabbrica di cartucce. Entra presto in contatto con Marcel Langer, che stava iniziando a organizzare la resistenza tra i lavoratori stranieri di Tolosa (FTP-MOI). Le competenze dell'italiano come artificiere e agente dei servizi segreti sono destinate a rivelarsi utili nella lotta contro il nemico tedesco. Plinio (Falco) crea gruppi di sabotaggio. Entra in azione il 3 aprile 1941, prendendo di mira le officine dei produttori locali di aerei Latécoère, Bréguet e Dewoitine. Il 28 giugno 1942 è arrestato per falsa identità durante un controllo di routine del suo permesso di lavoro per la fabbrica di cartucce. Il 2 settembre viene condannato a tre mesi di reclusione, inizialmente nella prigione di Saint-Michel fino al 28, prima di essere assegnato al 561° gruppo di lavoratori stranieri (GTE) a Clairfont. Meno di un mese dopo, evade, si reca a Corrèze, poi torna a Tolosa dove viene denunciato il 22 dicembre. Internato a Saint-Michel, il 20 gennaio 1943 viene condannato a sei mesi di detenzione per falsa identità e violazione del decreto di espulsione. Il 15 giugno viene trasferito nel campo di Vernet (Ariège). Otto giorni dopo, chiede al prefetto dell'Alta Garonna, al console generale italiano a Tolosa e alla Commissione italiana d'armistizio con la Francia a Lione di rimpatriarlo in Italia. Mentre veniva tradotto in Italia, riesce a fuggire dal forte di Modane (Savoia) e ritorna a Tolosa. Arrestato a Caraman (Alta Garonna), viene nuovamente internato. Prelevato dai tedeschi e condotto nella prigione di Cherbourg, riesce ancora ad evadere e ad entrare nella Resistenza francese nel gruppo di Francs-Tireurs et Partisans (FTP) di Charles Duquesnoy (Freddy), combattendo con il grado di capitano. Arrestato è Internato nel campo di Noé. Prelevato nelle prime settimane del 1944 da una requisizione tedesca per le Bauleitungen dell'Organizzazione Todt a Cherbourg, fugge ancora una volta. Riunitosi alle forze della resistenza col nome di Falcon, è promosso comandante. Nel dopoguerra lavora per il Partito e per le associazioni di ex garibaldini. Colpito da una malattia degenerativa, muore il 26 marzo 1989 à La Bastide-de-Sérou (Ariège).