Lampredi Aldo di Lampredi Guglielma, nato il 13 marzo 1899 a Firenze. Falegname, comunista. Di famiglia modestissima, frequenta le scuole tecniche a prezzo di grandi sacrifici. Nel 1918 lavora per una ditta di ombrelli, dalla quale viene licenziato l'anno seguente in seguito agli scioperi di categoria. Lavora quindi come falegname ebanista in una bottega artigiana. Nel 1919 è fermato dalla polizia nel corso di una protesta contro il caro viveri. L’anno successivo entra nella Federazione italiana giovanile socialista (FIGS) e poi nel Partito Socialista. Dopo la scissione di Livorno, il 29-31 gennaio 1921 partecipa al congresso della FIGS in cui si decide l'adesione al Partito Comunista d’Italia, assumendo il nome di FGCI. Membro del gruppo dirigente della Federazione giovanile, in seguito è anche membro del Comitato federale del partito e la sua falegnameria diviene punto d'incontro dell'organizzazione clandestina. Trasferitosi a Roma in seguito ai numerosi arresti di dirigenti comunisti fiorentini, il 18 febbraio 1926 è anch'egli arrestato per organizzazione comunista e con sentenza n. 7 del 12 marzo 1927 (Reg. Gen. n. 37) e condannato dal Tribunale speciale a dieci anni e sei mesi di carcere e a lire 2000 di multa, con applicazione retroattiva delle leggi eccezionali. Per giustificare l’illegale retroattività della condanna che colpiva azioni commesse prima dell’entrata in vigore delle leggi eccezionali, il Tribunale Speciale dichiarò nella sentenza il proprio diritto a giudicare anche fatti anteriori “quando si tratti come il caso presente , di organizzazione che non si limita ad opporsi idealmente al fascismo, ma si ripromette di abbatterlo anche con al violenza”. Recluso a Pesaro e poi a Civitavecchia fino al 13 novembre 1932, è liberato in seguito a provvedimento di amnistia e indulto (R.D. 5 novembre 1932 n. 1403). Insieme con R. Bitossi, R. Baracchi e G. Tagliaferri, si impegna nella diffusione della stampa comunista e nella riorganizzazione del partito non solo nel capoluogo, ma anche in diversi centri delle province di Firenze e di Siena. Dopo aver ricostruito il comitato federale e ripreso i contatti con il centro estero del partito a Parigi, Lampredi e i suoi compagni si concentrano sul lavoro di penetrazione in alcune fabbriche fiorentine. La loro attività viene presto scoperta e nel marzo 1934 ha luogo una nuova ondata di arresti, alla quale Lampredi riesce a sottrarsi riparando in Francia, dove svolge intensa attività fra gli immigrati italiani. In Italia è iscritto nel Bollettino delle Ricerche e nella Rubrica di Frontiera per il provvedimento di arresto. Il Centro estero del Partito Comunista d’Italia da Parigi lo invia alla Scuola leninista a Mosca, dove rimane dall'ottobre 1934 fino al luglio 1936, quando si reca come volontario in Spagna. Qui opera al Commissariato delle Brigate Internazionali come inviato del Comintern stringendo rapporti con Luigi Longo e svolgendo il compito di istruttore. Richiamato in Francia dall'Ufficio estero nel 1937, partecipa al lavoro clandestino delle organizzazioni comuniste ed è dirigente del Comitato aiuto alla Spagna, dapprima a Parigi e dal 1941 a Marsiglia. Nell'autunno 1941 si trasferisce nella regione delle Alpi Marittime, dove insieme con E. Bonviso, e più tardi con Giuliano Pajetta, S. Schiapparelli, Italo Nicoletto ed Emilio Sereni, riattiva il centro estero e prende parte nell'organizzazione della Resistenza. Rientrato in Italia nel novembre 1943, con il nome di battaglia “Guido” partecipa con funzioni direttive alla Resistenza: è ispettore del Comando generale delle Brigate Garibaldi, responsabile politico e militare in Friuli-Venezia Giulia - dove partecipa come delegato del PCI alle trattative del 4 aprile 1944 con i rappresentanti del Partito Comunista sloveno per la delimitazione delle reciproche sfere territoriali di operazione e la definizione dei futuri confini italo-jugoslavi. Gli accordi inizialmente raggiunti accoglievano le posizioni italiane per una collaborazione nella lotta armata e per il rinvio del problema dei confini al momento della pace ma, a seguito di ulteriori incomprensioni, nell'ottobre 1944, Lampredi accorda agli jugoslavi il distacco della divisione Garibaldi-Natisone dal Comitato di Liberazione Nazionale, e la sua assegnazione al comando del IX korpus sloveno. E’ inoltre responsabile del Triumvirato insurrezionale in Veneto. All'inizio del 1945 Luigi Longo lo chiama a Milano in qualità di suo aiutante al Comando generale del Corpo volontari della Libertà. In tale veste gli viene affidata dal CLNAI, insieme a Walter Audisio “Colonnello Valerio” la missione di eseguire la condanna a morte di Mussolini, catturato a Dongo il 27 aprile 1945. Ottenuto il salvacondotto, Lampredi e il colonnello Valerio, alle 7 del mattino del 28 aprile, partono da Milano, con il supporto di una dozzina di partigiani, comandati da Alfredo Mordini "Riccardo", ispettore della 3ª Divisione Garibaldi-Lombardia "Aliotta". Giunti a Dongo nel primo pomeriggio, Audisio e Lampredi ottengono dal comandante della 52. Brigata Garibaldi, Pier Luigi Bellini delle Stelle, il consenso a prendere in consegna Mussolini e la sua amante Claretta Petacci, per l'esecuzione della sentenza del CLNAI. Lampredi è armato di pistola Beretta modello 1934, calibro 9 mm. Secondo le testimonianze di Walter Audisio, Lampredi è presente all’esecuzione di Mussolini e della Petacci a Giulino di Mezzegra il 28 aprile 1945, ma non vi partecipa in prima persona. Lampredi si libera quasi subito dell'arma - che si era portato appresso da Milano - consegnandola al partigiano Alfredo Mordini “Riccardo”. Rispettando l'impegno preso con Lampredi, Mordini conserverà la pistola sino alla morte e, nel 1983, la sua vedova la donerà al Museo storico di Voghera, dove è attualmente conservata. Alcuni storici hanno ipotizzato per Lampredi un ruolo diretto nella morte di Mussolini, ipotizzando che il Partito Comunista avrebbe deciso di indicare Audisio come diretto responsabile per sviare l’attenzione da Lampredi, funzionario del Comintern. Nel 1946 Lampredi è segretario della Federazione comunista di Padova, nel 1947 lavora presso la Direzione del PCI a Roma, dal 1947 al 1956 è membro della Sezione centrale quadri, dal 1951 è membro del Comitato Centrale, dal 1956 è segretario della Commissione centrale di controllo. Mentre si trova in Jugoslavia per un periodo di riposo nell’estate del 1973 è colto da un collasso cardiaco ed il 21 luglio 1973 muore in ospedale a Jesenice, in Slovenia, lasciando la moglie Renata Grion - combattente partigiana della Brigata Garibaldi-Picelli con il nome di battaglia “Lina” - ed i figli Amelia, nata a Firenze il 14 febbraio 1921, e Roberto, nato a Milano il 23 aprile 1945.

Esecuzione di Benito Mussolini (dal 28 aprile 1945 fino al 28 aprile 1945)
Annotazioni: Secondo Il movimento operaio italiano : dizionario biografico, 1853-1943 / [a cura di] Franco Andreucci, Tommaso Detti. V. 3: [K-N] in Spagna svolge compiti di istruttore con il grado di capitano dell\\\'esercito repubblicano spagnolo.

Revisore: Elena Scarfi

Revisore: Elena Scarfi

Revisore: Elena Scarfi

Revisore: Elena Scarfi