Carboni Gilberto di Antonio e Aldrovandi Arpalice, nato il 17 settembre 1898 a Villarotta di Luzzara (Reggio Emilia) a 8 chilometri da Luzzara in Via Argine 35. Bracciante e autista, comunista. Il padre era un bracciante che milita sin da giovane nel Partito Socialista, ha un fratello Giuffrida ed una sorella Artura. Frequenta le scuole elementari dai 7 agli 11 anni, fino a giugno 1910 quando inizia a lavorare come garzone di un cascinaio della zona, accudendo ai maiali. In quel periodo si avvicina agli ideali socialisti del padre, partecipando alle riunioni soprattutto nei mesi invernali quando diminuisce il lavoro in cascina. Chiamato alle armi il 6 gennaio 1917 a 18 anni, è assegnato il 17 marzo al 34. Reggimento Fanteria ed inviato al fronte. Non avendo dato più sue notizie dall’estate del 1917, la famiglia dopo lunghe ricerche viene informata che Gilberto Carboni è prigioniero degli austriaci dal 21 agosto 1917 e che essendo malato è ricoverato nell’ospedale del campo di prigionia di Sigmundsherberg. Rientra in Italia dopo la fine del conflitto e trattenuto sotto le armi fino al 26 ottobre 1920, quando può finalmente rientrare a casa. Inizia a lavorare come bracciante e aderisce al Partito Comunista sin dalla sua formazione nel gennaio 1921, costituendo il primo nucleo comunista a Luzzara insieme ai fratelli Erio e Adolfo Moretti, Lorenzo Sacchi “Luran”, Cornelio e Mentore Terzi “Bigol” e Pietro Andreoli. Con la crescita del fascismo, Luzzara subisce diverse incursioni di squadristi provenienti dal circondario. Nell’aprile del 1921 il sindaco socialista è costretto a dimettersi e molti militanti socialisti devono a lasciare il paese. Carboni è più volte assalito dai fascisti per la sua attività di politica. Nonostante il continuo incremento della violenza fascista, il Partito Socialista riesce ancora ad ottenere la maggioranza alle elezioni del 15 maggio 1921. Il nucleo dei comunisti di Luzzara, malgrado si siano procurati delle pistole, non riescono formare un gruppo di resistenza sulla falsariga degli Arditi del Popolo e decidono di seppellire le pistole in un campo. Durante il carnevale del 1922, i fascisti invadono il paese e rastrellano gli oppositori. Carboni è sequestrato e portato a Reggiolo dove dopo bastonature viene liberato per l’intervento dello zio Artemio che conosce alcuni fascisti importanti. Rientrato a casa Carboni comunica la notte stessa la volontà di abbandonare il paese dove la vita è diventata impossibile e ottenuto un prestito di 350 lire dal banconiere della cooperativa, si fa portare in bicicletta dal fratello alla stazione di Guastalla. Giunge a Milano dove è ospite alcuni giorni del compagno Oreste Bertini, poi si trasferisce come dozzinante dalla famiglia Bezzecca che gestisce una trattoria in via Caminadella 3. Trova impiego come operaio in una fabbrica di stoviglie e prende contatto con i comunisti milanesi, proseguendo a scontrarsi in strada con i fascisti. Come probabile conseguenza delle bastonature ricevute, si ammala di pleurite, per cui è ricoverato in ospedale. Rimessosi dalla malattia, il 10 marzo 1928 ottiene la patente di guida per il servizio pubblico, iniziando il mestiere del tassista. Denunciato da alcuni compaesani come pericoloso comunista, Carboni è tratto in arresto e trasferito in carcere a Brescia. In attesa di processo, viene liberato dopo 45 giorni per l’amnistia per le nozze del principe Umberto di Savoia l’8 gennaio 1930. Rientrato a Milano tenta di reinserirsi nel lavoro, ma ormai è schedato come sovversivo. Decide quindi di espatriare e nel settembre 1931 entra clandestinamente in Svizzera, Arrestato a Locarno rimane in carcere otto giorni e poi viene espulso. Viene allora aiutato dal Partito a raggiungere Parigi in Francia, anche se privo di passaporto. Lavora saltuariamente come manovale grazie a permessi di soggiorno provvisori. Trasferitosi a Saint Etienne (Loira), viene definitivamente espulso dalla Francia, ma vi rimane clandestinamente lavorando sotto il falso nome di Augusto Marchiani ed occupando posti di responsabilità nei gruppi di lingua italiana del Partito Comunista. In Italia il suo nome viene inserito nel Bollettino delle Ricerche e nella Rubrica di Frontiera per il provvedimento di arresto. Allo scoppio della guerra civile in Spagna, Carboni entra in Spagna già nell'agosto 1936 e il primo settembre dello stesso anno si arruola nella centuria “”Gastone Sozzi” inquadrata nella Colonna “Libertad”, combattendo dopo un breve addestramento a Madrid, a partire dal 13 settembre a Pelahustàn sul fronte di Talavera nel 5. gruppo della Centuria. I veterani della Centuria convergono in ottobre nel battaglione Garibaldi e Carboni ottiene il grado di sergente, inquadrato nel 2. Battaglione della Brigata omonima. Nel numero 12 del giornale della Brigata Garibaldi del 18 settembre 1937 Giacomo Calandrone pubblica un suo ritratto umoristico: “Un emiliano. Nell’immigrazione era conosciuto come l’erba betónica, sotto i nomi di Marchiani e di Magnagnocca. Lo pseudónimo di Marchiani l’aveva scelto lui, Magnagnocca lo chiamavano gli intimi, perché era la sua esclamazione preferita. Uno dei primi udarnici della stampa. Uno dei primi italiani che vennero in Ispagna. E’ intendente del secondo Battaglione, ma lo conoscono tutti, italiani e spagnoli. E ’ ”débrouillard” , come dicono i francesi. E’ espansivo. Dopo pochi giorni che era in Ispagna, conosceva già i componenti di mezza dozzina di fronti popolari. A Saint Etienne, era un po’ il protettore di tutti gli italiani senza carta d’identità. Era lui che si presentava, con una faccia tosta fenomenale, presso tutte le autorità civili o presso g li imprenditori privati, per farli assumere, per farli lavorare. E insisteva, insisteva, insisteva. Un emiliano. Nell’immigrazione era conosciuto Poi, una stretta di mano e l ’affare era concluso. Diamine chi poteva negare qualcosa a Carboni, alias Magnagnocca...”. Nel settembre 1937 passa all’Intendenza come autista, guidando gli autocarri che riforniscono i combattenti al fronte. In ottobre torna nei reparti combattenti ed il giorno 12 ottobre è ferito ad un braccio a Fuentes del Ebro. Terminata la convalescenza frequenta un breve corso ufficiali ed è promosso tenente il 5 novembre 1937. Partecipa all’offensiva in Estremadura ed è nuovamente ferito il 16 febbraio 1938. Trascorsa la convalescenza a Barcellona, partecipa all’ultima grande offensiva della repubblica sul fiume Ebro. Cade il 20 settembre 1938 sulla Sierra de Caballs alla quota 271, colpito alla fronte da una raffica di mitragliatrice mentre guida i suoi in un assalto all'arma bianca. Viene sepolto con gli altri caduti tra gli ulivi lungo la strada verso Gandesa. Pochi mesi dopo la Liberazione Umberto Terracini consegnò personalmente alla famiglia Carboni, una cassettina contenente fotografie, documenti e qualche oggetto personale di Gilberto Carboni. L’oggetto più prezioso è un anello d’argento ricavato da una moneta da cinque pesetas. Sullo scudo rettangolare dell’anello è incisa una stella a cinque punte smaltata di rosso e recante al centro una falce e martello incrociati; attorno alla stella le lettre iniziali di Partito Comunista. E’ l’anello che i compagni sfilarono dal dito di Gilberto prima di seppellirlo il 20 settembre 1938 in un uliveto non lontano dall’Ebro, in direzione di Gandesa. Gli verrà dedicata a Villarotta di Suzzara la Via Argine dove era nato. Il 24 settembre 1978 il Municipio di Suzzara inaugura una targa sulla facciata dedicata al volontario con in seguente testo:” Tra questa pianura di Po che lo vide nascere in Villarotta il 17-9-1898 e le colline dell’Ebro bagnate dal suo sangue, il 20-9-1938 si compì l’arco della vita di Gilberto Carboni bracciante comunista. Volontario della Libertà in terra di Spagna, tenente del II Battaglione della XII Brigata “Garibaldi”, il suo corpo si è dissolto tra gli ulivi di Catalogna. Il suo spirito vive in ogni lotta per la Libertà e la Giustizia.

Annotazioni: Scheda biografica integrata da informazioni tratte dalla pubblicazione di Antonio Zambonelli. Gilberto Carboni una vita per la libertà, Amministrazione comunale, Comitato Unitario antifascista di Luzzara, 1978